L'intermediario tra ladro e vittima del furto non commette estorsione
Non risponde del reato di estorsione colui che per incarico della vittima di un furto, nell'interesse esclusivo di quest'ultima, si mette in contatto con gli autori del reato per ottenere la restituzione della cosa sottratta, senza conseguire alcuna parte del prezzo. Questo principio è stato ribadito ed applicato dalla Corte d'appello di Palermo nella sentenza 2570/2015.
I fatti - La vicenda trae origine dal furto di un ciclomotore, avvenuto in un comune siciliano, subito da un adolescente, il quale due giorni dopo l'accaduto, aveva contattato alcuni giovani che frequentavano la zona dove era avvenuto il furto, chiedendo se potessero aiutarlo a recuperare il suo motorino. Uno di loro si era mostrato disponibile ad attivarsi per rintracciare il motociclo rubato e poco tempo dopo aveva contattato il ragazzo dandogli appuntamento per quella stessa sera e chiedendogli la somma di 550 euro, volta a «compensare la persona che aveva il possesso del mezzo».
Il padre della vittima del furto, però, informato dell'accaduto aveva deciso di sporgere denunzia ai Carabinieri, i quali si appostavano nel luogo dell'incontro per catturare il presunto autore della richiesta estorsiva. Questi accortosi della presenza delle Forze dell'Ordine non si presentava all'incontro, ma veniva ugualmente tratto a giudizio dopo la sua identificazione tramite riconoscimento fotografico e condannato per il reato di cui all'articolo 629 del Cp.
In appello la difesa dell'imputato chiede ai giudici di riconsiderare l'accaduto, in quanto dall'istruttoria dibattimentale non erano emersi gli elementi costitutivi del reato, la violenza e minaccia. Anzi, era la stessa vittima del furto che aveva cercato l'aiuto dell'imputato e le conversazioni tra i due erano avvenute in maniera tranquilla e pacata. In sostanza, il ragazzo «si era semplicemente limitato a svolgere la funzione di intermediario tra chi possedeva il veicolo e la vittima, non chiedendo denaro per la sua attività ma solo ed esclusivamente per compensare l'autore del furto».
Le motivazioni - La Corte d'appello accoglie l'impugnazione e ribalta il verdetto. Per i giudici, infatti, il ragazzo va assolto per non aver commesso il reato. Nella specie, potrebbe configurarsi la cosiddetta minaccia implicita, contestuale alla stessa richiesta di pagamento, essendo la vittima del furto consapevole che il versamento della somma richiesta è l'unico modo per non perdere definitivamente il bene sottrattogli. Tuttavia, i giudici ritengono che l'imputato non possa rispondere del delitto di estorsione proprio perché costui si è messo in contatto con gli autori del furto solo per incarico della vittima e nel suo esclusivo interesse, senza conseguire alcuna parte del prezzo. Difatti, il ragazzo è stato sollecitato ad intervenire su richiesta della stessa persona offesa, non ha posto in essere una trattativa sul prezzo ed è parso essere un «mero nuncius di chi aveva la disponibilità della refurtiva».
Pare insostenibile poi - aggiunge la Corte bacchettando il giudice di primo grado –fondare una condanna sulla mera circostanza che la vittima del furto e l'imputato non si conoscevano, non essendo stato nemmeno dimostrato che questi avesse la materiale disponibilità del veicolo rubato.
Corte d'Appello di Palermo - Sezione IV penale - Sentenza 19 giugno 2015 n. 2570