Civile

L’intimazione di pagamento del Fisco è sbagliata ma le spese per l’opposizione vengono compensate

Per la Corte di appello di Napoli il contribuente non avrebbe dovuto proporre opposizione dal momento che la semplice notificazione dell’intimazione di pagamento non integra un atto di impulso della procedura esecutiva

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di Francesco Machina Grifeo

Il contribuente solerte che a fronte di una intimazione di pagamento ricevuta dall’Agenzia delle entrate si affretti a proporre opposizione, dopo aver scoperto di avere ragione, può trovarsi nella spiacevole situazione di dover pagare le spese legali di tasca propria nonostante il manifesto errore del Fisco. Accade a Napoli dove la locale Corte di appello (sentenza 5/6/2024) ha rigettato il ricorso del lavoratore compensando integralmente le spese e affermando che non avrebbe dovuto proporre opposizione dal momento che la semplice intimazione di pagamento non integra un atto di impulso della procedura esecutiva. E che dunque l’opposizione proposta in primo grado andava dichiarata inammissibile per difetto di interesse ad agire, ai sensi dell’art. 12 comma 4 bis Dpr 602/1973.

Il ricorrente aveva ricevuto un’intimazione di pagamento per una vecchia cartella di debiti Inps di cui affermava di non ricordare il contenuto. Proponeva opposizione all’esecuzione ed eccepiva la mancata notifica della cartella, richiedendo di dichiararsi la prescrizione della pretesa. L’Ader costituendosi in giudizio depositava la cartella deducendo la regolare notifica e la richiesta di rateizzazione. A questo punto il contribuente confermava quanto riferito dal Fisco e comunicava di aver integralmente pagato il proprio debito, consegnando le ricevute di pagamento, e chiedendo la dichiarazione della cessata materia del contendere con vittoria di spese. Il Giudice accoglie il ricorso in opposizione dichiarando però la prescrizione e in virtù di “giurisprudenza contrastante” sul punto compensa le spese di lite. Il ricorrente non si ritiene soddisfatto e propone appello chiedendo, tra l’altro, la riforma del capo sulle spese.

Il giudice di secondo grado rigetta il ricorso affermando che l’appellante non ha interesse a impugnare, in quanto essendo già “totalmente vittorioso, non ricaverebbe alcuna utilità, sul piano sostanziale, dall’accertamento dell’estinzione del credito per una causa diversa dalla prescrizione”.

L’appellante deduce che l’accertamento di una diversa causa estintiva avrebbe influito sulla pronuncia sulle spese. La Corte di appello risponde che, l’estinzione del credito è riferita a un momento antecedente l’intimazione di pagamento impugnata. E che vi era una ragione di inammissibilità preliminare, che il Tribunale avrebbe dovuto rilevare, e che appare ora “dirimente” per la compensazione delle spese, ovvero il “difetto di interesse ad agire nei confronti dell’intimazione di pagamento, in mancanza di qualsiasi atto di impulso della procedura esecutiva da parte di ADER”.

Nelle more del giudizio di primo grado, si legge infatti nella decisione, il legislatore è intervenuto con l’art. 3 bis del Dl n. 146/2021 (convertito con modifiche dalla L. n. 215 del 2021) che, novellando l’art. 12 del Dpr n. 602/1973, ha aggiunto il comma 4 bis, secondo cui il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore dimostri che possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto, oppure per la riscossione di somme o infine per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione. Se ne trae, prosegue la Corte, il corollario per cui “nemmeno può ritenersi sussistente l’interesse ad agire a fronte della mera notifica di un’intimazione di pagamento, che non è un atto della procedura esecutiva, ma produce soltanto l’effetto di messa in mora del debitore e interruzione della prescrizione”.

In definitiva, per il Collegio la verifica giudiziale, tanto del dedotto pagamento che della eccepita prescrizione, è divenuta irrilevante, a fronte dello ius superveniens (applicabile al caso secondo la previsione delle S.U. 26283/202) che esclude senza riserve ogni forma di impugnazione “anche nel caso in cui la cartella esattoriale non sia stata validamente notificata, a meno che non ricorra il peculiare pregiudizio indicato nella norma stessa”. “Pregiudizio – conclude - che nel caso di specie non sussiste, irrilevante essendo la mera notificazione dell’intimazione di pagamento, che non integra un atto di impulso della procedura esecutiva”.

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