Lavoro

L'uso dei dati biometrici sul luogo di lavoro

Il totem per la misurazione della temperatura corporea, ma anche la registrazione delle presenze dei dipendenti tramite la lettura dell'impronta digitale: sono strumenti utili, ma non sempre adeguati a ciò che dice del Regolamento per la protezione dei dati personali. La vera domanda: è lecito?

di Riccardo Ajassa*

Cosa sono i dati biometrici?

I dati biometrici sono tutti quei dati riguardanti le caratteristiche fisiche, fisiologiche o comportamentali di un individuo grazie ai quali è possibile l'identificazione univoca. Si tratta, quindi, delle impronte digitali e/o di tratti fisionomici caratteristici (si pensi al riconoscimento facciale utilizzato da alcuni smartphone).

Stando a quanto si legge sul Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR), i dati cosiddetti biometrici quei dati personali ottenuti da un trattamento tecnico specifico relativi alle caratteristiche fisiche, fisiologiche o comportamentali di una persona fisica che ne consentono o confermano l'identificazione univoca, quali l'immagine facciale o i dati dattiloscopici (art. 4 GDPR)-

Il GDPR, nel dettaglio, considera i dati biometrici all'interno della categoria dei dati particolari (art 9 GDPR), ossia quei dati che, data la loro caratteristica fortemente intima, possono essere causa di gravi violazioni dei diritti e delle libertà degli interessati.

Per questi motivi il Regolamento ne vieta il trattamento, salvo il caso in cui questo sia fatto sulla base dei casi previsti dall'articolo stesso.

Trattamento dei dati biometrici sul luogo di lavoro

Attualmente stiamo attraversando un momento molto particolare: l'emergenza sanitaria legata alla diffusione del COVID19 ha costretto praticamente tutte le realtà a dotarsi di termometri atti a misurare la temperatura corporea di chi entra nei locali, una necessità che ha fatto si che in molti cogliessero l'opportunità di utilizzare l'obbligo di misurazione della temperatura per incrementare il loro business. In particolare si è avuto un enorme utilizzo di totem per il rilevamento automatico della temperatura e per il riconoscimento della mascherina. Ma questi totem, a ben guardare, hanno anche altre funzioni, quali la possibilità di riconoscimento biometrico per permettere l'ingresso in azienda.

Il motivo del loro utilizzo (in buona parte dei casi) era quello di evitare che ci fosse fisicamente una persona a effettuare il controllo e permettere in automatico l'accesso solo a coloro che avessero una temperatura inferiore ai 37.5°.

In altri casi, però, il riconoscimento facciale o di impronta digitale viene utilizzato per consentire l'accesso ad aree nelle quali vengono lavorate materie pericolose o che comunque richiedono di essere maneggiate da personale altamente specializzato (esempi possono essereaziende chimiche o, in senso opposto, luoghi in cui vengono restaurate opere antiche) oppure per accedere a informazioni preziose.

Dati biometrici: è lecito?

Una premessa fondamentale: l'utilizzo di apparecchiature che permettono un riconoscimento biometrico (e anche la conservazione delle informazioni) delle persone nei luoghi di lavoro risulta essere molto complicato.

Il Garante per la protezione dei dati personali nell'ordinanza di ingiunzione del 14 gennaio 2021 ha avviato un'istruttoria nei confronti di un'azienda che aveva attivato un sistema di riconoscimento biometrico per l'accesso e per il controllo delle presenze.

Il Garante, del documento, afferma che il trattamento di dati particolari (biometrici) sul luogo di lavoro è lecito nel momento in cui tale trattamento risulta essere necessario per assolvere obblighi ed esercitare diritti specifici del titolare o dell'interessato in materia di diritto del lavoro, sicurezza sociale o protezione sociale (art. 9.2 lett. b) o quando ciò sia necessario per l'esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso a pubblici poteri.

Dati biometrici: che cosa ci dice il garante [Privacy]

Già nel 2006 il Garante, nelle Linee guida in materia di trattamento di dati personali di lavoratori per finalità di gestione del rapporto di lavoro alle dipendenze di datori di lavoro privati, aveva affermato che il trattamento di tali dati imponeva una preventiva considerazione di sistemi, dispositivi e misure di sicurezza meno invasivi che potessero assicurare (nel caso di specie) la verifica delle presenze, senza far ricorso al trattamento di dati biometrici.

Tale documento è stato superato con l'introduzione del Regolamento EU 679/2016. Allo stato attuale il trattamento di dati biometrici nel contesto lavorativo può essere effettuato qualora sia necessario per assolvere obblighi ed esercitare diritti specifici del titolare o dell'interessato in materia di diritto del lavoro, sicurezza sociale o protezione sociale o quando questo sia necessario per motivi di interesse pubblico rilevante sulla base del diritto dell'Unione Europea o degli Stati membri.

Con riguardo al primo caso (relativo all'adempimento di obblighi e diritti specifici del titolare o dell'interessato in materia di diritto del lavoro), sarà, quindi, necessario che una legge o un regolamento UE individuino le categorie di titolari o di lavoratori o, ancora, di lavori per il quali l'applicazione di un trattamento di dati biometrici possa essere necessario, un esempio può essere il laboratorio di analisi che, avendo al suo interno campioni di virus letali, permetta l'ingresso esclusivamente a personale altamente specializzato.

L'utilizzo dei dati biometrici da parte del datore di lavoro

Il trattamento di dati biometrici sul luogo di lavoro non può essere fatto indiscriminatamente, ma deve essere frutto di un'attenta analisi delle effettive necessità di tali dati, di conseguenza, nel caso in cui fosse stato installato un totem per il riconoscimento facciale al fine di permettere l'ingresso in azienda dei lavoratori difficilmente sarà idoneo dal punto di vista della tutela dei dati personali, in quanto il loro trattamento risponde a specifiche richieste.

*a cura di Riccardo Ajassa, Consulente privacy e antiriciclaggio presso Nimble Srl

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