La chance del rinvio pregiudiziale alla Cassazione per dare certezza alle decisioni di merito
Previsto dalla riforma civile, il nuovo istituto è anche suggerito dalla commissione di studio per la riforma della giustizia tributaria
Tra le ipotesi prospettate dalla Commissione di riforma della giustizia tributaria, presieduta da Giacinto della Cananea, vi è quella del rinvio pregiudiziale. La proposta, parallela a quella definitivamente approvata dalla Camera il 25 novembre per la giustizia civile, tende a rafforzare la fondamentale funzione nomofilattica della Cassazione, dando al giudice di merito la possibilità di chiedere alla Suprema corte in anticipo la pronuncia su questioni di diritto.
Si legge nella relazione illustrativa della commissione che la funzione nomofilattica, oltre a essere presidio della realizzazione del principio di uguaglianza di cui all’articolo 3 Costituzione, favorisce anche il sorgere di indirizzi giurisprudenziali coerenti e univoci, permettendo così di soddisfare l’esigenza della prevedibilità della decisione. L’incertezza nell’interpretazione della legge, infatti, è un ulteriore motivo di incremento del contenzioso e, soprattutto, dei ricorsi in Cassazione. Nel sistema attuale la Corte di legittimità interviene al termine del giudizio e quindi, specialmente nella materia tributaria devoluta alla quinta sezione civile, a distanza di molti anni dal sorgere del contenzioso. Questo rilevante intervallo di tempo si riverbera anche sul giudizio di merito, in quanto il definitivo affermarsi di una certa interpretazione avviene quando oramai sono sorte centinaia o migliaia di cause che potevano non nascere o essere celermente decise. Al contrario, un’interpretazione autorevole e sistematica del giudice di legittimità, se resa con tempestività e in concomitanza con le prime applicazioni nel merito, può svolgere un ruolo deflattivo significativo, prevenendo la moltiplicazione dei conflitti e la formazione di contrastanti orientamenti territoriali, rendendo più prevedibili le decisioni.
Autorevoli studiosi sostengono che nella materia del diritto tributario lo strumento del rinvio pregiudiziale non sia utile perché le norme tributarie trovano un’applicazione diversificata in relazione alle diverse fattispecie concrete. Inoltre, si sostiene che l’interpretazione delle norme tributarie sia attività particolarmente complessa, perché occorre far riferimento anche alle fonti sovranazionali, oltre che a criteri di rilevanza costituzionale.
In realtà queste considerazioni, delle quali pur si deve tenere conto, non riguardano solo la materia tributaria ma sono il “pane quotidiano” di ogni operatore del diritto che si trova a dovere applicare una norma a un caso concreto. Al contrario, nella giurisdizione tributaria la serialità del contenzioso è di gran lunga più frequente che in altri settori dell’ordinamento: basti pensare alla quantità di decisioni delle Ctp fondate sulla medesima interpretazione di una determinata norma o, ancor prima, al numero estremamente rilevante di accertamenti fiscali nei confronti di una pluralità indistinta di contribuenti determinati da una certa interpretazione di una norma tributaria formalizzata in circolari dell’agenzia delle Entrate. Ovviamente anche in questi casi le controversie non sono tutte identiche, ma resta l’esigenza di interpretare la norma in modo uniforme.
Nella materia tributaria, oltre alla serialità del contenzioso, si sperimenta anche il continuo succedersi di nuove norme, rispetto alle quali manca un indirizzo interpretativo di legittimità cui fare riferimento, il che rafforza l’esigenza sottesa al rinvio pregiudiziale.
In conclusione, la misura proposta non ha la pretesa di essere una soluzione immediata ai problemi dell’arretrato della Cassazione, in relazione ai quali si rende sempre più urgente una riflessione complessiva sulla funzione del giudizio di legittimità, alla ricerca di un equilibrio migliore tra tutela dei diritti e nomofilachia.
Il rinvio pregiudiziale ha, invece, una funzione deflattiva quale ausilio ai giudici nel loro lavoro quotidiano e ai contribuenti e professionisti nel decidere se sia il caso di ricorrere al giudice o di proseguire negli ulteriori gradi di giudizio.
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di Marco Fabri - Dirigente di ricerca presso il Consiglio nazionale delle ricerche