Penale

La colica renale dell'imputato non lo costringe a comparire in giudizio

Si trattava di un malore invalidante che costituiva impedimento assoluto a comparire

immagine non disponibile

di Giampaolo Piagnerelli

Il riposo assoluto prescritto all'imputato per una grave colica renale rappresenta un motivo per non comparire in giudizio. E' quanto precisa la Cassazione con la sentenza n. 34500/22.

La vicenda
In presenza di una certificazione medica, rilasciata lo stesso giorno dell'udienza attestante una colica renale acuta associata a febbre, la Corte d'appello ha ritenuto che il certificato dava atto di un riposo per due giorni, senza però giungere all'impossibilità a comparire. La Cassazione, però, ha bocciato la tesi della Corte di appello in quanto non ha approfondito come doveva la situazione. I Supremi giudici, infatti, ricordano che, mentre è compito del medico rappresentare la specifica condizione patologica del paziente, individuandone la natura, le cause, i sintomi, i rimedi e le cure, rimane affidata al giudice la sintetica valutazione della sussistenza nella situazione clinica di una condizione tale da rendere assolutamente impossibile la comparizione in udienza. I giudici di seconde cure a tal proposito hanno sbagliato in quanto - prescindendo dalla natura della patologia certificata - non hanno neppure preso in considerazione l'opzione di affidarsi alla verifica fiscale, limitandosi ad affermare che il riposo assoluto non equivalesse all'impedimento assoluto. L'errore commesso dalla Corte di appello è consistito nel non aver dato giusta importanza alla patologia certificata- oggettivamente allarmante e insorta proprio il giorno dell'udienza. Quindi nel caso de quo il riposo assoluto doveva dare luogo necessariamente a un impedimento assoluto a muoversi. Gli Ermellini in definitiva hanno accolto il ricorso dell'imputato e hanno annullato la sentenza d'appello.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©