Civile

La comunione alla prova della variazione dei comproprietari

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di Angelo Busani

Vi è lo scioglimento di una sola comunione, e non lo scioglimento di una pluralità di masse comuni (con relative conseguenze di maggior tassazione), se la situazione di comproprietà oggetto di divisione deriva da una variazione soggettiva dei comproprietari originari: lo ha deciso la Cassazione, con la sentenza n. 27075 del 19 dicembre 2014.
Questa sentenza è importante perché per la prima volta la Cassazione affronta il tema della variazione dei comproprietari e dell'incidenza di tale variazione sulla situazione di comunione, e cioè se la variazione in questione comporti che, in caso di divisione, invece di dividere un'unica massa, si abbia una pluralità di masse comuni da sottoporre a divisione.
Il classico caso delle “masse plurime” (o “plurimasse”) è quello di Tizio e Caio che, in quote eguali, comprano da Sempronio due appartamenti (X e Y, ciascuno di valore 50) e poi comprano da Augusto altri due appartamenti (W e K, ciascuno di valore 50); quando Tizio e Caio procedono alla divisione dei quattro appartamenti (del complessivo valore di 200) assegnandosi due appartamenti per ciascuno, essi in effetti suddividono due distinte masse comuni, perché ognuna di esse origina in un diverso titolo d'acquisto. Occorre però operare una distinzione a seconda delle assegnazioni che Tizio e Caio convengono. Perché:
a) se a Tizio vengono assegnati l'appartamento X e l'appartamento W (e a Caio, correlativamente, l'appartamento Y e l'appartamento K), ognuno dei condividenti “preleva” esattamente ciò che gli spetta su ogni massa cui egli partecipa, con la conseguenza che queste sono due “normali” divisioni di due “uniche masse”;
b) se invece a Tizio vengono assegnati gli appartamenti venduti da Sempronio (X e Y) e a Caio quelli venduti da Augusto (W e K), i condividenti in effetti suddividono due distinte masse comuni, ognuna delle quali origina in un diverso titolo.
Se dunque Tizio esce dalla comunione con l'assegnazione degli appartamenti X e Y e a Caio siano assegnati gli appartamenti W e K, ognuno dei condividenti, rispetto alla sua “quota di diritto” su ciascuna massa, preleva tutto il suo assegno a valere su una sola massa mentre non preleva nulla sull'altra massa, con l'effetto che, in questo caso, non si può parlare solo di “divisione” (concetto che, in caso di pluralità di masse, presuppone l'assegnazione a ciascun condividente di parte dei beni già comuni e provenienti da ognuna delle masse sottoposte a divisione), ma si deve parlare, con riguardo a ciascun condividente (con relative conseguenze in tema di tassazione applicabile):
• in parte di “divisione” (e ciò con riferimento all'assegnazione a ciascun condividente dei beni di una data massa di valore corrispondente alla sua “quota di diritto” su tale massa); e:
• in parte di “permuta” (e ciò con riferimento all'assegnazione dei beni di valore eccedente detta “quota di diritto”).
Non si ha invece una situazione di “plurimasse” quando Tizio e Caio comprano da Sempronio due appartamenti e poi procedono alla divisione, assegnandosi un appartamento per ciascuno; in questo caso si ha, evidentemente, una comunione che discende da un unico titolo.
Alla stessa conclusione si giunge se Tizio e Caio comprano da Sempronio due appartamenti e poi Tizio muore lasciando come eredi Mevio e Calpurnia; quando Caio, Mevio e Calpurnia dividono i due appartamenti, la loro comunione anche qui origina da un unico titolo (e cioè l'acquisto di Tizio e Caio da Sempronio).
Si giunge dunque a ritenere l'assenza di plurimasse anche nel caso venuto all'esame della Cassazione: Tizio e Caio comprano da Sempronio due appartamenti; poi Tizio muore e lascia come eredi Mevio e Calpurnia; Mevio vende per intero la sua quota a Cesare e Gracco; Calpurnia vende parte della sua quota a Metello e Gaia; quando, infine, Caio, Cesare, Gracco, Calpurnia, Metello e Gaia dividono i due appartamenti, la loro comunione pur sempre origina da un unico titolo (e cioè l'acquisto di Tizio e Caio da Sempronio) e questa unicità del titolo originario non viene pertanto compromessa dal fatto che, nel frattempo, siano intervenute cessioni delle quote di partecipazione alla comunione, in quanto si tratta di redistribuzioni all'interno di una massa originante comunque da un unico titolo (pure indifferente è che cessionari siano soggetti già titolari di quote della comunione originaria oppure soggetti che divengono comunisti proprio per effetto di queste cessioni).

Corte di cassazione - Sentenza 19 dicembre 2014 n. 27075

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