La Corte di Cassazione penale sull'esistenza della neoformazione mafiosa
Nota a sentenza: Corte di Cassazione, Sezione seconda Penale, Sentenza 15 luglio 2020 n. 20926 -CERVADORO Pres.-ARIOLLI Rel.-CENICCOLA P.M.-PERNA (Avv. Aricò); MILITE (Avv. Vianello Accorretti); PINTO (Avv. Baribieri).
Massima : "In tema di associazione a delinquere, la Seconda Sezione Penale ha stabilito che è configurabile il reato di cui all'art. 416 -bis c.p. con riferimento alla sussistenza della neoformazione mafiosa radicata nell'area tradizionale di competenza della c.d. "casa madre", qualora la nuova associazione criminale ancora "in nuce" collegata ma autonoma e alternativa rispetto a quella originaria anche operando attraverso un proprio "nomen" associativo, compia gli stessi reati fine ed abbia il medesimo modello organizzativo ed i tratti distintivi dell'originario sodalizio, lasciando così in concreto inalterata l'attuale pericolosità per l'ordine pubblico".
IL FATTO
La sentenza della Corte Suprema di Cassazione Penale, Sezione seconda, n.20926 del 2020 in esame ha origine dal ricorso per cassazione di sei soggetti che chiedevano l'annullamento della condanna della Corte di Appello di Napoli, che confermava la pronuncia del Tribunale di primo grado, per associazione a delinquere ex art 416 bis c.p. di stampo camorristico operante nel territorio di Torre Annunziata, e per i delitti fine del sodalizio.
Nello specifico, le doglianze dei ricorrenti avevano ad oggetto l'erronea applicazione degli artt. 416- bis e 62-bis c.p. in quanto si affermava che venivano a mancare i requisiti della stabilità e della forza intimidatrice, essendo l'organizzazione ancorata ad una primitiva fase embrionale intesa quale costola del già esistente e conosciuto clan "Gionta", e pronta a rivendicare solo in futuro la propria egemonia nel territorio. Si lamentava dunque che il sodalizio non aveva ancora una autonoma capacità di intimidazione riconoscibile all'esterno, limitandosi i sodali solamente a programmare le future attività illecite e non assumendo rilievo decisivo ai fini della necessaria componente della "fama criminale" e del conseguente assoggettamento omertoso che altrimenti ne sarebbe derivato.
LA PROBLEMATICA
La problematica concerne dunque la possibilità di considerare la sussistenza del reato di associazione mafiosa ex art. 416-bis c.p. anche nel caso in cui il gruppo "avrebbe costituito un "progetto" associativo ancora "in nuce" ovvero non dotato di quelle connotazioni "tipizzanti" una vera e propria organizzazione mafiosa, mancando ancora quel tanto di "appariscenza" per aver creato un clima diffuso di assoggettamento omertoso, correlato e consequenziale ad una metodologia criminale improntata -e finalizzata- alla "presa in carico" di quel determinato ambito territoriale".
Parallelamente si lamentava che l'esistenza di una nuova associazione criminosa avrebbe comportato problematiche evidenti fra i clan esistenti, causate da una organizzazione "concorrente" non approvata dai clan camorristici dominanti nella medesima realtà.
LA DECISIONE
La Corte di legittimità in esame rigetta le doglianze suesposte evidenziando innanzitutto che "il reato di cui all'art. 416-bis c.p., è configurabile-con riferimento ad una nuova articolazione periferica (c.d. "locale") di un sodalizio mafioso radicato nell'area tradizionale di competenza-anche in difetto della commissione di reati-fine e della esteriorizzazione della forza intimidatrice, qualora emerga il collegamento della nuova struttura territoriale con quella "madre" del sodalizio di riferimento, ed il modulo organizzativo (distinzione di ruoli, rituali di affiliazione, imposizione di rigide regole interne, sostegno ai sodali in carcere, ecc.) presenti i tratti distintivi del predetto sodalizio, lasciando concretamente presagire una già attuale pericolosità per l'ordine pubblico"(nello stesso senso anche Cass. Pen. Sez. 6, n.44667 del 12/05/2016; Cass. Pen, Sez. 2, n.24850 del 28/03/2017; Cass. Pen. Sez. 5., n. 47535 dell'11/07/2018).
La pronuncia inoltre a sostegno di tale assunto richiama altresì le c.d. "locali" di "ndrangheta" create in Svizzera che hanno "esportato" il medesimo modello mafioso tradizionale anche in territori molto diversi da quelli calabresi, considerati fino a non molti anni fa non contaminabili dal condizionamento mafioso. Non è dunque necessaria la prova della capacità intimidatrice e della condizione di assoggettamento o di omertà, in quanto è sufficiente la fama criminale acquisita nel tempo dalla "casa madre (nello stesso senso anche Cass. Pen. Sez. 5, n. 28722 del 24/05/2018).
Inoltre la Corte in oggetto sottolinea che la sussistenza della neoformazione criminale "può essere desunta da plurimi indicatori fattuali quali le modalità con cui sono commessi i delitti-scopo, la disponibilità di armi, l'esercizio di una forza intimidatoria derivante dal vincolo associativo, nonché dal riconoscimento, da parte dell'associazione storicamente egemone, di una particolarità capacità criminosa" (nello stesso senso Cass. Pen. Sez. 6, n. 42369 del 17/07/2019).
Per concludere, riguardo al secondo profilo relativo alla eventuale concorrenza territoriale che avrebbe potuto causare l'esistenza di un nuovo sodalizio criminoso, la pronuncia statuisce che proprio il fatto che la nuova realtà mafiosa non sia stata ostacolata nel suo inziale proposito di creare una autonoma e alternativa associazione con un "nomen" diverso dai clan camorristici, evidenzia maggiormente la "continuità" ed il carattere mafioso della neoformazione perfettamente integrata con il gruppo criminale di provenienza.
Concorso in partecipazione ad associazione a delinquere di stampo mafioso - Rito abbreviato - Esclusione dal giudizio di bilanciamento delle circostanze del reato di cui all'art. 7 l. n. 203/91 relativa ai delitti fine - Reiterazione di censure già scrutinate nel giudizio di merito - Attendibilità e credibilità intrinseca delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia - Rigetto
Sezione 2