Civile

La Corte dei conti chiarisce se l’incarico dell'avvocato è consulenza o appalto di servizi

immagine non disponibile

di Amedeo Di Filippo

Comprendere se l'incarico all'avvocato sia da qualificare come consulenza o appalto di servizi, quali siano i limiti di spesa da rispettare e se sia possibile per il sindaco pagare il conto di tasca propria. Sono i quesiti a cui tenta di dare risposta la sezione regionale di controllo per la Lombardia della Corte dei conti con la deliberazione n. 162/2016.

La questione - L'occasione è fornita dalla richiesta di parere sui limiti finanziari agli incarichi affidati ad alcuni avvocati per la predisposizione delle norme della variante del piano di governo del territorio. Si chiede alla sezione:
• se detti incarichi siano qualificabili come consulenze o appalti di servizi;
• quali siano le spese soggette a limite da prendere in esame e se vanno inserite anche quelle per collaborazioni continuative;
• quali siano i limiti finanziari da rispettare;
• se sia possibile per il sindaco, previo conferimento in base alle procedure di legge, pagare i professionisti incaricati direttamente di tasca propria ovvero rimborsare al comune le spese sostenute, al fine di non incorrere in danni erariali.

Distinzione fra contratti d'opera e contratti di appalto di servizi - Stante la perdurante confusione in materia, secondo i magistrati contabili lombardi il nuovo codice dei contratti (Dlgs 50/2016) ha attratto alcuni rapporti negoziali qualificabili come contratti d'opera o di opera intellettuale, nel punto in cui contiene una definizione di «contratto di appalto di servizi» (articolo 3, comma 1, lettere dd), ii) e ss) molto più ampia di quella del codice civile. Nel sistema proprio di quest'ultimo, l'appalto di servizi si differenzia dal contratto d'opera in ordine al profilo dell'organizzazione, atteso che l'appaltatore esegue la prestazione con mezzi e personale che fanno ritenere sussistente, assieme al requisito della gestione a proprio rischio, la qualità di imprenditore commerciale. Il prestatore d'opera, pur avendo anch'egli l'obbligo di compiere un servizio a favore del committente, senza vincolo di subordinazione e con assunzione del relativo rischio, si obbliga ad eseguirlo con lavoro prevalentemente proprio, senza una necessaria organizzazione.

Questa differenza però sfuma, secondo la sezione, nel contesto del nuovo codice, che impone di considerare appaltatore non solo chi è tale in base alla nozione civilistica, ma anche il professionista che partecipa ad una gara pubblica per l'affidamento di un servizio di natura intellettuale.

Con riferimento al quesito, la sezione non prende posizione, rinviando al comune l'onere di valutare se ricorrano i presupposti per qualificare gli incarichi tecnico-professionali in termini di contratto d'opera intellettuale o di appalto di servizi. Osserva solo che la prestazione sembra necessitare di competenze tecniche ma non pare ravvisarsi la necessità di un'organizzazione aggiuntiva (tipica dell'appalto). La necessità di utilizzare, da parte di un professionista, mezzi compresi fra gli ordinari strumenti cognitivi ed operativi a disposizione di qualunque lavoratore del settore non è sufficiente a ritenere che, per il diritto civile, il contratto debba essere inquadrato nell'appalto di servizi.

I limiti di spesa - La sezione ricorda che i contratti di co.co.co. sono soggetti ai limiti di cui all'articolo 9, comma 28, del Dl 78/2010, mentre i contratti d'opera intellettuale hanno a riferimento l'articolo 6, comma 7, del Dl 78/2010, secondo cui la spesa annua non può essere superiore al 20% di quella sostenuta nel 2009, e l'articolo 14, comma 1, del Dl 66/2014, che ha introdotto limiti percentuali rispetto alla spesa di personale.
Per quanto riguarda il caso di assenza di spesa nell'anno base di riferimento preso in considerazione dalla norma (il 2009), la sezione ribadisce che va individuato un diverso, ma congruo e razionale, parametro di riferimento quale la «spesa strettamente necessaria» che l'ente locale deve sostenere per conferire un incarico di consulenza o di studio. Interpretazione che però non può essere seguita nel caso in cui l'ente abbia sostenuto una spesa, anche minima, nell'anno base.

La possibilità di pagare con fondi privati - Sulla possibilità di pagare i professionisti direttamente di tasca propria o rimborsare al Comune le spese sostenute, la sezione rileva che qualora la spesa non incida o sia neutralizzata da una fonte esterna, la norma limitativa di spesa non trova applicazione. Ricorda i principi di unità e universalità, secondo cui tutte le entrate e le spese devono transitare per il bilancio e l'eventuale contributo finanziario di un terzo deve essere accertato e incassato dal comune e successivamente finalizzato all'assunzione dell'impegno di spesa per il pagamento del professionista incaricato.

Corte dei conti -Sezione regionale di controllo per la Lombardia -Delibera 162/2016

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©