Il CommentoSocietà

La Crisi esiste? La "calma apparente" e il futuro degli strumenti di risoluzione della crisi

di Marco Greggio*

Much ado about nothing?

Vedendo l'esiguo numero delle procedure - fallimentari e di concordato preventivo - oggi presenti nei tribunali italiani, verrebbe da pensare che la crisi non esiste.

Numeri invero esigui: per chi frequenta quotidianamente le aule delle Sezioni fallimentari, noterà che spesso i corridoi sono vuoti.

Anche per i percorsi di composizione della crisi d'impresa - istituto introdotto con il d.l. 118/21 (convertito in legge n. 147) e in vigore dal 15 novembre 2021 - che si svolgono al di fuori delle aule dei tribunali, i numeri sono risibili.

Leggendo i dati aggiornati a meta marzo di Unioncamere, risulta evidente come l'istituto non abbia finora incontrato il "successo", se così si può dire, auspicato dal Legislatore: alle Idi di marzo risultavano avviate soltanto 128 composizione negoziate (per es. 23 in Lombardia, 16 in Lazio, 13 in Toscana; nessuna in Trentino Alto Adige, Valle d'Aosta e Molise).

A fronte del numero molto basso di composizioni avviate, gli esperti già iscritti agli albi sono 1421 con una marcata prevalenza di dottori commercialisti (1247, ossia quasi l'88% degli iscritti) rispetto agli avvocati (155, circa l'11% degli iscritti).

Anche in tal caso, il primato spetta alla Lombardia, con quasi un terzo di esperti accreditati sul totale complessivo degli iscritti (24,14%). Segue la Toscana (162), il Lazio (159) e il Veneto, laddove a fronte di 155 esperti iscritti sono state avviate soltanto 4 composizioni negoziate.

Poco più della metà dei debitori che hanno avviato il percorso hanno richiesto misure protettive ex art. 6 l. 147 : 74 su 128.
Probabilmente per motivi di immagine commerciale, per non rendere noto al mercato il proprio stato di crisi.

Numeri risibili ancor più ricordando che all'indomani dell'introduzione del nuovo istituto si era previsto un utilizzo massiccio della composizione negoziata ; d'altronde l'istituto era stato pensato dal Legislatore proprio per arginare la prevista (e prevedibile) marea montante delle crisi d'impresa a seguito della pandemia da Covid-19, lasciando il più possibile al di fuori delle aule del tribunale i procedimenti di ristrutturazione aziendale.

Molto rumore per nulla, verrebbe da dire, visti i numeri.
Va tutto bene quindi? L'economia è in netta ripresa e la crisi un ricordo del passato? Non proprio.

La crisi scaturente dalla guerra in Ucraina si è innestata sulla precedente crisi pandemica - purtroppo non ancora terminata – e ha innegabilmente aggravato il quadro economico: il Centro studi di Confindustria ha reso nota una survey su circa 2mila aziende, da cui emerge che il 16,4% di queste ha già ridotto la produzione per l'aumento dei costi e le difficoltà di approvvigionamento causate dalla guerra; un altro 35,9% delle imprese, inoltre, prevede una tenuta della capacità di produzione fino a massimo tre mesi. (Cfr. Centro Studi di Confindustria, L'economia italiana alla prova del conflitto in Ucraina, 2 aprile 2022, in www.confindustria.it.)

La "bolla"

Il numero delle procedure in corso e dei percorsi di composizione negoziata non pare essere, attualmente, un efficace "termometro" dello stato di salute della nostra economia.

Viviamo in una specie di "bolla", artificialmente costruita con gli interventi pubblici di sostegno previsti dai decreti emergenziali.

Lo stato di crisi delle c.d. zombie firms è destinato, inevitabilmente, a venire alla luce [1] : è recente la notizia che 500 mila imprese, pari al 43% dei contribuenti, non sono state in grado di pagare le rate delle imposte pregresse e sospese a seguito della normativa emergenziale Covid-19. [2]

Tanto che i termini per la c.d. "rottamazione-ter" sono stato riaperti: con legge di conversione del decreto "Sostegni-ter" (Legge n. 25/2022), pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 28 marzo 2022, i contribuenti che non sono riusciti a pagare le rate 2020 e 2021 entro il termine del 9 dicembre scorso potranno essere riammessi ai benefici delle due definizioni agevolate versando le somme arretrate.
L'ennesimo tentativo dello Stato per raccogliere denari dai contribuenti morosi (a breve vedremo con che risultati).

Viviamo, probabilmente, di uno stato di calma apparente, di quiete prima della tempesta potremmo dire. In meteorologia, quando le tempeste si sviluppano, l'aria calda e umida viene aspirata verso l'alto, lasciando un vuoto al suo posto, che viene poi riempito dall'aria calda proveniente dalla parte superiore del fronte temporalesco. Quando ciò si verifica nella direzione in cui si sta dirigendo una tempesta l'ambiente è stranamente calmo.
Ma la tempesta è alle porte e può arrivare improvvisamente, forte e minacciosa.

Quale futuro per gli strumenti di risoluzione della crisi?

In questo quadro problematico, in molti tribunali si registra una certa rigidità nei confronti dei concordati preventivi.

Strumento ancora principe nella risoluzione delle crisi d'impresa, per vari motivi (non da ultimo la protezione immediata, con la pubblicazione del ricorso in bianco nel Registro delle Imprese, dalle istanze di fallimento e dalle procedure esecutive); strumento, tuttavia, gravato – nell'interpretazione giurisprudenziale - da una serie di oneri che lo rendono di difficile attuazione, soprattutto laddove si voglia perseguire la continuità aziendale.

È innegabile che sta diventando sempre più difficile redigere e presentare un piano concordatario in continuità: sempre più attività e verifiche sono richieste agli advisor, non da ultimo in tema di analisi (dettagliata) della responsabilità dell'organo amministrativo della società debitrice (spesso lo stesso organo che ha conferito mandato agli advisor).

Si registrano sempre più casi di mancata ammissione dei ricorsi ovvero di successive revoche ex art. 173 l.f. E uno dei motivi ricorrenti è l'inesatta degradazione dei creditori privilegiati ex art. 160 secondo comma l.f. (anche in punto di quantificazione delle somme recuperabili dalle azioni risarcitorie e revocatorie nell'alternativa fallimentare).

Spesso le procedure durano molti mesi, addirittura in taluni casi anni, prima della stessa ammissione della società al beneficio del concordato.

Ammissioni che risultano sempre più complicate, con un vaglio sulla fattibilità giuridica che – attraverso la "manifesta inettitudine" del piano a raggiungere gli obbiettivi prefissati, talora sfocia in un (non troppo velato) giudizio sulla fattibilità economica (giudizio che sarà ammesso con l'entrata in vigore del Codice della Crisi).

Mancate ammissioni che comportano ulteriori conseguenze in capo agli advisor, laddove i compensi dei professionisti che hanno assistito la società durante la procedura di concordato non saranno ammessi in prededuzione nella successiva pronunzia di fallimento, come stabilito dalle Sezioni Unite della Cassazione del 31.12.21 n. 42093 (anticipando la previsione del Codice della Crisi). E ancora: spesso si assiste a richieste di restituzione degli anticipi ricevuti dagli advisor e, non da ultimo, a cause di danni nei confronti degli stessi per non aver adempiuto correttamente al proprio mandato. Un clima a dir poco difficile.

In questo contesto, il Legislatore sembra maggiormente propenso ad incentivare il ricorso alla composizione negoziata: per spingere gli imprenditori ad utilizzare l'istituto, ora sono in discussione alcune modifiche al Codice della Crisi che prevedono, tra l'altro, la segnalazione per iscritto dell'organo di controllo (ove presente) all'organo amministrativo della sussistenza dei presupposti per la presentazione dell'istanza di composizione negoziata, nonché la segnalazione (sempre all'imprenditore) da parte dei creditori pubblici qualificati (Agenzia delle entrate, INPS, INAIL e Agente della riscossione). [3]

Staremo a vedere se le modifiche proposte diverranno diritto positivo: il cantiere del diritto della crisi d'impresa è sempre aperto.

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*A cura dell'Avv. Marco Greggio, m.greggio@greggio.eu



[1] Al riguardo si veda il recente paper di Banca d'Italia n. 650 del novembre 2021, Zombie firms and the take-up of support measures during Covid-19, a cura di M. Pelosi, G. Rodano e E. Sette: il numero delle imprese zombie era stimato alla fine del 2019 in circa il 3-5% delle società esistenti e la previsione è che aumenterà sensibilmente quest'anno.
[2] M. Pollio-F. Pongiglione, Le imprese rischiano una valanga di fallimenti, in Italia Oggi, n. 55, p. 2 del 7.3.22.
[3] Il Consiglio dei Ministri ha approvato il 17 marzo 2022 lo schema di decreto legislativo recante "Modifiche al Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, in attuazione della direttiva (UE) 2019/1023" (c.d. direttiva "Insolvency"). Le modifiche sono frutto delle proposte avanzate dalla Commissione per l'elaborazione di interventi sul Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, istituita con decreto del 22 aprile 2021 dalla Ministra Cartabia e prorogata con successivo decreto del 22 settembre 2021.