Penale

La demolizione dell’abuso non è soggetta alla prescrizione prevista dal codice

di Giuseppe Amato

La demolizione del manufatto abusivo, anche se disposta dal giudice penale ai sensi dell'articolo 31, comma 9, del Dpr 6 giugno 2001 n. 380, qualora non sia stata altrimenti eseguita, ha natura di sanzione amministrativa che assolve a un'autonoma funzione ripristinatoria del bene giuridico leso, configura un obbligo di fare, imposto per ragioni di tutela del territorio, non ha una finalità punitiva e ha carattere reale, producendo effetti sul soggetto che è in rapporto con il bene, indipendentemente dall'essere stato o meno quest'ultimo l'autore dell'abuso. Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza n. 41498 del 2016, secondo la quale per tali sue caratteristiche la demolizione non può ritenersi una “pena” nel senso individuato dalla giurisprudenza della Cedu e non è soggetta alla prescrizione stabilita dall'articolo 173 del Cp.

L'ordine di demolizione - Va ricordato che, secondo assunto pacifico, in tema di reati edilizi, l'ordine di demolizione di cui all'articolo 31, comma 9, del Dpr 6 giugno 2001 n. 380 è una sanzione amministrativa di tipo ablatorio accessoria rispetto alla condanna principale, che costituisce esplicitazione di un potere sanzionatorio, non residuale o sostitutivo ma svincolato rispetto a quelli dell'autorità amministrativa, attribuito dalla legge al giudice penale.

Il relativo provvedimento, pertanto, al pari delle altri statuizioni della sentenza, una volta che questa sia passata in giudicato, è assoggettato all'esecuzione nelle forme previste dagli articoli 655 e seguenti del Cpp, onde l'organo promotore dell'esecuzione va identificato nel pubblico ministero (sezione III, 28 aprile 2010, Del Sorbo).

Parimenti, è altresì pacifico che l'ordine di demolizione, così come ricostruito come sanzione amministrativa accessoria, deve essere dal giudice disposto anche nella sentenza applicativa di pena concordata dalle parti; a nulla rilevando, in proposito, che l'ordine di demolizione non abbia formato oggetto dell'accordo intercorso tra le parti, in quanto esso costituisce “atto dovuto” per il giudice, non suscettibile di valutazioni discrezionali e sottratto alla disponibilità delle parti stesse, di cui l'imputato deve tenere comunque conto nell'operare la scelta del patteggiamento (tra le tante, sezione II, 7 gennaio 2011, Proc. gen. App. Napoli in proc. Cristofaro).

L'imprescrittibilità - È peraltro da ricordare che l'”imprescrittibilità”, su cui si è soffermata la sentenza qui pubblicata (in termini, sezione III, 10 novembre 2015, Proc. Rep. Trib. Asti in proc. Delorier; sezione III, 20 gennaio 2016, Di Scala), consegue all'ordine di demolizione adottato con la sentenza di condanna, giacché, invece, in caso di estinzione per prescrizione del reato di costruzione abusiva, il giudice penale non può impartire l'ordine di demolizione delle opere illecite, fermo restando l'autonomo potere-dovere dell'autorità amministrativa: ciò in quanto l'ordine di demolizione previsto dall'articolo 31, comma 9, del Dpr 6 giugno 2001 n. 380 costituisce una sanzione amministrativa di tipo ablatorio la cui catalogazione fra i provvedimenti giurisdizionali trova la propria ragione giuridica nella accessività alla “sentenza di condanna” (sezione III, 28 settembre 2011, Mancinelli e altro).

Corte di cassazione - Sezione III penale - Sentenza 4 ottobre 2016 n. 41498

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