La "franchigia" salva le professioni ordinistiche dalla gestione separata Inps?
Gli avvisi di addebito Inps comprensivi anche della cifra c.d. "sottosoglia", potrebbero condurre all nullità
Il principio di universalizzazione soggettivo ed oggettivo della copertura assicurativa obbligatoria è stato tradotto, dalla giurisprudenza di legittimità (pur in assenza di una norma ad hoc), nella regola secondo la quale l'obbligo di iscrizione alla gestione separata è genericamente rivolto a chiunque percepisca un reddito derivante dall'esercizio abituale o occasionale di un'attività professionale per la quale è prevista l'iscrizione ad un albo o ad un elenco, anche se il medesimo soggetto svolge anche altra diverse attività per cui risulta già iscritto ad altra gestione (tra le tante, Corte di cassazione, sentenza 8 febbraio 2019, n. 3799)
Il concetto di "universalizzazione delle tutele" in tema di gestione separata Inps, tuttavia, potrebbe incontrare un limite sul merito.
In effetti, non ogni soggetto prestatore di lavoro sarebbe tenuto ad effettuare versamenti di tipo contributivo al fine di garantirsi una "sopravvivenza pensionistica" (come accade, ad esempio, nel caso delle collaborazioni occasionali).
Non a caso la stessa Corte di Cassazione, sempre nell'ambito della Operazione Poseidone, ha avuto modo di precisare che: "all'art. 44, comma 2, del Dl n. 269/2003… l'Inps nella propria circolare n. 103 del 6 luglio 2004 ha chiarito, sulla base delle direttive impartite dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, che il suddetto limite di 5.000,00 euro costituisce una fascia di esenzione e, pertanto, i contributi sono dovuti, sempre in relazione alle sole attività considerate dalla norma, esclusivamente sulla quota di reddito eccedente tale importo" (concetto da ultimo ripreso anche nella "famigerata" ordinanza n. 26021 del 17 novembre 2020).
Di fatto ci troveremmo innanzi ad una sorta di franchigia, che, di per sé, affievolisce il principio della universalizzazione, e che i giudici di merito, a cui sono stati rimessi i giudizi, potrebbero anche rilevare come assunto discretivo avverso le pretese previdenziali esercitate dall'Inps al cospetto dei giovani professionisti ordinistici.
In effetti, l'Inps, negli avvisi di addebito e/o bonari, ha proceduto ad una imposizione "totale", compresa la cifra c.d. "sottosoglia", non scomputata, con l'incontestabile conseguenza della nullità insanabile dell'avviso, in base all'art. 21-septies della L. n. 241/1990, introdotto dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15, secondo il quale: «E' nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi previsti dalla legge».
Il risultato di questa impostazione è, d'altronde, apprezzabile in autorevoli pronunce giurisdizionali, intervenute sul merito della questione, tra cui anche quelle di Corti più ostiche. Invero: "…Deve quindi ribadirsi l'interpretazione secondo cui anche i professionisti iscritti obbligatoriamente in albi – e segnatamente gli avvocati – siano obbligati all'iscrizione alla gestione separata Inps, ove non siano iscritti alla Cassa Forense e obbligati al pagamento del contributo soggettivo, ma esclusivamente per le annualità in cui il loro reddito abbia superato la soglia di € 5.000,00, prevista in linea generale come limite minimo per l'obbligo di iscrizione alla predetta gestione separata Inps per i lavoratori autonomi che svolgano attività occasionale, e solo per la parte di reddito che superi detta soglia; ciò, quanto meno, in mancanza di allegazione e prova – che è onere dell'Inps fornire – della circostanza che l'attività sia stata di fatto svolta in modo non occasionale…" (Corte di Appello de L'Aquila, Rel. Dott. Luigi Santini; Sentenza n. 18/2020 pubbl. il 09/01/2020, RG n. 332/2019).
La partita tra i liberi professionisti ordinistici e l'Inps, anche per questo, rimane ancora aperta.