La ludopatia in sé non dimostra il disegno unitario premeditato che è alla base del reato continuato
A differenza della tossicodipendenza che è già contemplata dal 2005 come indicatore di una sola determinazione a delinquere
L’imputato che ha commesso più reati contro il patrimonio non può fondare la propria domanda di riconoscimento della continuazione (con il conseguente sconto di pena che ne deriva) facendo rilevare davanti al giudice la propria dipendenza dal gioco d’azzardo. Infatti, anche a voler riconoscere che il soggetto sia realmente affetto da ludopatia, va detto che tale disturbo psicologico non assurge automaticamente a condizione personale che avvince i diversi reati compiuti in un dato arco temporale nel perimetro di un unico disegno criminoso.
La Corte di cassazione penale - con la sentenza n. 42877/2023 - ha respinto il ricorso che lamentava il mancato riconoscimento della continuazione invocata in fase di escuzione di diverse condanne per reati contro il patrimonio. Condanne che la difesa voleva asseritamente far dipendere dall’indebitamento conseguente al vizio del gioco d’azzardo tale da aver determinato il soggetto a ottenere prestiti usurai che tentava di onorare con la commissione di diversi reati finalizzati a reperire il denaro necessario.
La Cassazione coglie l’occasione per precisare che la ludopatia, come l’alcolismo, non è stata “codificata” al pari della tossicodipendenza quale spiccato indicatore di una condizione personale tale da indurre a un’unico disegno criminoso il soggetto che ne è affetto. La giurisprudenza conferma che la ludopatia non conterrebbe quel decorso ingravescente a cui sono soggetti tossicodipendenti. A partire dal 2005 l’articolo 371 del Codice di procedura che regola il riconoscimento della continuazione da parte del giudice dell’esecuzione si è arrichito del seguenete comma “ Fra gli elementi che incidono sull’applicazione della disciplina del reato continuato vi è la consumazione di più reati in relazione allo stato di tossicodipendenza”.
Conclude però la Cassazione affermando che se è vero che non sia sufficiente alla declaratoria della continuazione l’affermata condizione di ludopatico del ricorrente, egli avrebbe però potuto fornire la prova dell’ideazione unitaria dei reati commessi tutti in dipendenza del vizio del gioco di azzardo.