Civile

La memoria viene ignorata ma l’accertamento è valido

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di Laura Ambrosi

È valido l’accertamento che non valuta la memoria presentata dal contribuente nei 60 giorni dal termine della verifica. Questa omissione, sebbene costituisca un adempimento obbligatorio, non è causa di nullità prevista per legge. A fornire questa interpretazione è la Corte di cassazione con la sentenza 1778 depositata ieri.

A seguito di una verifica fiscale, una società presentava delle memorie per contestare il contenuto del Pvc. In proposito, l’articolo 12 comma 7 dello statuto del contribuente consente di presentare degli scritti difensivi al termine della verifica; l’ufficio non può emettere l’atto impositivo prima del decorso di 60 giorni dalla consegna del processo verbale conclusivo.

L’agenzia delle Entrate, decorso il termine previsto dalla norma, notificava l’avviso di accertamento, che veniva tempestivamente impugnato dinanzi al giudice tributario. Tra i motivi di ricorso, la società eccepiva l’illegittimità del provvedimento perché l’ufficio non aveva riscontrato la memoria presentata. Entrambi i giudici di merito non si pronunciavano sul punto.

La Cassazione, rigettando la doglianza, ha fornito alcuni chiarimenti. I giudici di legittimità hanno affermato che è valido l’avviso di accertamento che non menzioni le osservazioni del contribuente presentate in esito ad una verifica. La nullità, infatti, potrebbe conseguire solo se espressamente prevista dalla norma o se cagioni una lesione di specifici diritti o garanzie.

L’amministrazione quindi ha l’obbligo di valutare le osservazioni presentate, ma non di esplicitare l’esito di tale valutazione nell’atto impositivo. Dalla lettura della sentenza non si evince se nell’avviso di accertamento in questione fosse del tutto omessa l’avvenuta presentazione delle memorie da parte del contribuente ovvero non fossero indicati i motivi di rigetto delle ragioni illustrate dalla società.

In entrambe le ipotesi, comunque, se l’inadempimento dell’ufficio non comporta la nullità dell’atto impositivo, di fatto viene vanificata l’utilità del contraddittorio. In questo contesto, non solo il contribuente non viene a conoscenza delle ragioni che ostano all’accoglimento delle sue osservazioni, ma addirittura l’ufficio potrebbe del tutto omettere l’esame della memoria.

Peraltro, la nullità del provvedimento impositivo emesso prima dei 60 giorni non è espressamente prevista dalla norma, ma è stata correttamente ascritta ai principi di derivazione costituzionale e comunitaria (Sezioni Unite 18184/2013). Non si comprende pertanto, per quale ragione ora si pretenda che la nullità dell’atto per omessa valutazione della memoria da parte dell’ufficio non possa ricorrere perché non espressamente prevista dalla medesima norma.

In altre parole, se la nullità è collegata all’espressa previsione normativa allora non dovrebbe riguardare nessuna violazione del comma 7 dell’articolo 12 dello statuto, in quanto non contemplata; se invece, l’invalidità dell’atto deve discendere dall’applicazione dei principi costituzionali e comunitari, allora dovrebbe interessare anche l’omessa valutazione della memoria.

Corte di cassazione - Sentenza 1778/2019

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