La modifica del concordato già approvato impone di rinnovare il voto in adunanza
È vero e proprio onere degli organi della procedura informare i creditori privilegiati o no, in base all’iniziale proposta, che è necessario votare un nuovo accordo pena la non omologa del concordato
Il voto dell’adunanza dei creditori sulla proposta di concordato va rinnovato in caso si verifichi dopo l’approvazione un fatto nuovo che incida sulle disponibilità del debitore. Come nel caso concreto risolto dalla Cassazione con la sentenza n. 12137/2024, dove le disponibilità per soddisfare i creditori privilegati o chirografari erano aumentate a seguito della decisione giudiziale che aveva ridotto il debito dell’imprenditore verso il Fisco, liberando di fatto nuove risorse, che il debitore intendeva impiegarle comunque a favore del creditore “pubblico” ora privilegiato.
Però quando interviene la modifica della proposta di concordato i creditori che, in conformità di precise disposizioni impartite dai Commissari Giudiziali, abbiano espresso voto favorevole alla versione precedente, devono ricevere appropriate e aggiornate informazioni sul fatto che sia inefficace il suffragio manifestato prima della modifica. Compiuta informazione va data anche sulla necessità di una rinnovazione della manifestazione del consenso alla proposta di fatto aggiornata.
La Cassazione ha affermato che va definito nullo il decreto del giudice che adotta la proposta di concordato votata, ma poi modificata senza informare l’intera platea dei creditori delle modifiche intervenute e della necessità di procedere a una nuova approvazione.
Nel caso affrontato dalla decisione di legittimità la nuova versione del concordato era stata votata solo da alcuni creditori, ma in assenza della dovuta informazione - a tutti coloro che avevano espresso il voto sulla versione precedente - da parte degli organi della procedura. Ciò non consente dice la Cassazione di “sommare” gli esiti delle due votazioni equiparando a revoca del consenso il mancato voto sulla seconda versione.
Sul punto gli Ermellini per guidare l’interprete hanno dettato un esplicito principio di diritto: “Quando interviene la modifica della proposta di concordato i creditori che, in conformità di precise disposizioni impartite dai Commissari Giudiziali, abbiano espresso voto favorevole prima della modifica, devono ricevere appropriate e aggiornate informazioni circa l’inefficacia del suffragio manifestato prima della modifica della proposta e circa la necessità di una rinnovazione della manifestazione del consenso alla nuova proposta. In caso di omesso avviso e in assenza di ulteriore manifestazione di volontà dei creditori già votanti, gli organi della procedura non possono annullare i voti precedentemente espressi a favore del concordato e così deliberare sulla proposta, ma devono procedere alla rinnovazione delle operazioni di voto fornendo ai creditori precise informazioni circa l’inefficacia del loro suffragio”.
I giudici di merito hanno, quindi, errato nel giudicare non approvata la proposta per mancato raggiungimento delle maggioranze per aver qualificato il comportamento inerte serbato dai creditori dopo la modifica del voto come revoca tacita della dichiarazione di assenso, invece di disporre, preso atto della invalidità del procedimento deliberativo, la rinnovazione delle operazioni di voto fornendo ai creditori precise informazioni circa l’inefficacia del loro suffragio.