Lavoro

La nuova disciplina c.d. whistleblowing nelle sue prime applicazioni giudiziarie

Tra le prime ponunce il Tribunale di Milano, con l’ordinanza del 20.08.2023

La normativa, di cui al dlgs 24/2023, Direttiva UE 2019/1937 riguardante la protezione delle persone whistleblower, entrata in vigore, in attuazione della normativa europea, in Italia il 14 luglio scorso, apre scenari nuovi nell’ambito della impresa, in quanto la coinvolge sotto il profilo giuslavoristico e sotto il profilo di adeguamento alla disciplina di cui al dlgs 231/2001

Tale disciplina ha quale ratio primaria quella di tutelare il lavoratore che intende segnalare illeciti posti in essere dall’azienda; segnalazioni che vengono rivolte nei confronti dell’ENAC e riguardano eventuali illeciti posti in essere dall’azienda nell’esercizio della sua attività

Da ciò discendono conseguenze rilevanti sia per quanto attiene la figura del segnalante che quella del datore di lavoro

La normativa assume particolare rilievo e risonanza di civiltà in quanto, oltre a proteggere il lavoratore che ritiene di segnalare evidenti violazioni di legge, pone gli strumenti atti a tutelarlo da eventuali azioni repressive/punitive che l’azienda potrebbe porre in essere a seguito alle segnalazioni stesse e delle eventuali conseguenze che avessero a determinarsi alla struttura aziendale. Difatti, è stato espressamente posto l’obbligo in capo alle aziende con un numero di dipendenti superiore a 49 , di dotarsi entro il termine del 15.12.2023 di modelli di impresa coerenti al dlgs 231/2001.

Mentre dei modelli di impresa parleremo in un prossimo articolo, oggi riteniamo trattare l’argomento di rilevanza squisitamente giuslavoristica.

Sulla falsariga di tali principi, il Tribunale di Milano , sez Lavoro, con provvedimento, emesso ai sensi dell’art 700 cpc, ha affrontato la problematica posta alla sua attenzione.

Con il provvedimento in commento, il Tribunale ha disposto la sospensione della delibera con cui era stata comminata la destituzione dal servizio del dipendente e la conseguente sospensione dello stesso dal lavoro e dalla retribuzione per giorni 10 oltre a tutti i provvedimenti connessi o scaturenti.

La vicenda prende le mosse dal ricorso con cui un lavoratore poneva al vaglio del Tribunale di Milano, sezione controversie di lavoro, la sua vicenda chiedendo, ai sensi e per gli effetti di cui all’art 441 bis, .19 comma 4 dlgs 24/2023 e art 700 cpc, previa la sospensione del provvedimento con cui era stata disposta la sua sospensione dal lavoro e dalla retribuzione , di disporre la sua reintegra in servizio con la contestuale condanna della società datrice al pagamento delle retribuzioni maturate in relazione al periodo di sospensione.

Si costituiva parte resistente contestando la domanda del lavoratore di cui ne chiedeva il rigetto.

Il lavoratore, con il suo atto, evidenziava che tra le parti vi erano stati molteplici precedenti disciplinari, alcuni anche con risvolti penali, conseguenti a segnalazioni da lui effettuate; tali comportamenti, tutti puntualmente sanzionati da parte datoriale, venivano ritualmente impugnati; difatti il lavoratore/ricorrente, addetto alla security aziendale, aveva in più riprese segnalato agli organi di controllo e di garanzia della società l’esistenza di una organizzazione creata tra dipendenti della medesima azienda, finalizzata alla creazione e vendita a “nero” di biglietti e abbonamenti per la circolazione su veicoli della azienda locale di mobilità; tali biglietti ( tiket) , evidentemente non registrati dai sistemi informatici, non venivano contabilizzati dalla azienda stessa cui ne conseguiva il relativo grave danno economico derivante dal mancato incasso dalla vendita dei biglietti clonati e quindi dalla mancata vendita di biglietti legali.

Nell’ambito del procedimento al vaglio del magistrato venivano presi in esame solo alcuni procedimenti disciplinari, il primo attivato con contestazione del feb 2019 e del giugno 19 ( denominato “l’anonimo” ) e l’altro , denominato sostituzione disk; entrambi preceduti da due procedimenti disciplinari, il primo ad oggetto sostituzione di persona ed il secondo accusa di minace.

Nell’ambito dei giudizi penali conseguiti alle segnalazioni sopra indicate il ricorrente veniva assolto con formula piena nel mentre la destituzione comminata in relazione al secondo procedimento disciplinare veniva successivamente dichiarata illegittima dalla sezione Lavoro del Tribunale territorialmente competente; tanto, dapprima con ordinanza che, successivamente e definitivamente, veniva confermata con sentenza emessa a seguito della interposta opposizione.

La conseguente reintegra del lavoratore avveniva solo formalmente e non in via di fatto in quanto a seguito dell‘esito del reclamo, parte datoriale aveva riattivato i due procedimenti disciplinari disponendo, nuovamente, la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione il lavoratore .

Nel presente giudizio veniva documentato mediante la rituale allegazione del ricorso ex art 669 sexies secondo comma, con cui il lavoratore chiedeva sospendersi anche a mente dell’art 700 cpc la riattivazione dei procedimenti disciplinari sopra indicati, chiedendo emettersi ordinanza di sospensione di ogni ed eventuale provvedimento (inerente ) concernente la riattivazione dei procedimenti disciplinari ed alla conseguente sospensione dal servizio e dalla retribuzione ex art 46 all A r.d. 148/31 adottate dalla datrice con provvedimento del feb 22 ; il tutto finalizzato alla effettiva rintegra con la conseguente corresponsione del trattamento retributivo.

Tale procedimento si concludeva con provvedimento di rigetto.

Questo è quanto ha preceduto il giudizio di cui al provvedimento oggi in commento che deve sostanziarsi dal primo, in via principale, per il fatto che in data 15 luglio c.a. è entrato in vigore il dlgs 24/2023, normativa ritenuta applicabile alla vicenda giudiziaria esistente tra le parti. Difatti, tale normativa, c.d disciplina del wistleblowing è stata ritenuta dal giudicante applicabile alla vicenda sottoposta alla sua cognizione atteso che la stessa, posta a tutela delle segnalazioni, non richiede tra i suoi presupposti di procedibilità il periculum in mora ovvero lo richiede ma solo in “modo attenuato” 

Ancora, il giudicane dichiara di ritenere la normativa, cui si è fatto riferimento, altresì, applicabile al caso che qui ci occupa in quanto si tratta di decidere in relazione alla impugnativa di provvedimento adottato dal consiglio di disciplina; di conseguenza , dichiarando “ opinabile ” il provvedimento con cui veniva disposta la destituzione del lavoratore e della sospensione dello stesso dal servizio e dalla retribuzione per dieci giorni, con provvedimento adottato nel marzo 23 e notificato comunicato il 10 maggio 23, ritiene altresì pertinente decidere su tale vicenda anche in sede di 700 atteso che il provvedimento in oggetto veniva impugnato e formalmente opposto.

Il giudicante, passando ad esaminare il dlgs 247/03 e la tutela cautelare richiesta da parte ricorrente, dichiara di concordare con la stessa circa la sua applicabilità; difatti, a mente dell’art 24 comma 1 : “… le disposizioni di cui al presente decreto hanno effetto dal 15 luglio 2023. … alle denunce o all’autorità giudiziaria o contabile effettate precedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto …

Nel non reputare la norma in commento avente carattere processuale, esclude la possibilità di vigenza del principio tempus regit actum “, atteso che è la stessa a prevedere da quale momento le “ segnalazioni e denunce saranno sussumibili alla sua disciplina ”, formula ogni limite interpretativo nascente dalla mancanza di precedenti in materia, atteso il brevissimo lasso di tempo dalla sua promulgazione.

In ragione delle considerazioni sopra formulate, ne consegue che le segnalazioni a vario titolo effettuate dal ricorrente, siano tutte antecedenti la data di entrata in vigore della normativa.

Passando poi all’esame della istanza formulata ai sensi dell’art 700 cpc , deduce A) in quanto all’esistenza del fumus :

1) in relazione alla contestazione del feb.2019, evidenzia come ( c.d. proc anonimo) evidenzia come la stessa si basa solo su perizia di parte, peraltro sconfessata dalla controperizia;

2) in relazione alla contestazione del 13.06.19 ( c.d. proc hard disk) l’assunto datoriale appare ampiamente sconfessato ( cfr richiesta di copia forense del supporto informatico del fascicolo del PM effettuata solo il 22.1.2019 ) ; contrariamente “a quanto dichiarato da parte datoriale, la disponibilità dell’hard disk da parte del ricorrente è da far risalire al 2017 così come si può evincere dal doc di parte ricorrente ovvero dal verbale di restituzione di cose sottoposte a sequestro“ e quindi del procedimento avente ad oggetto il “..disk … barracuda 7200…” ; la ricevuta è sottoscritta dall’avvocato che all’epoca era difensore di fiducia del lavoratore.

Alla strega delle considerazioni sopra rappresentate, si dichiara la sussistenza del requisito del fumus .

B) periculum in mora :

Il giudicante parte dalla considerazione che le circostanze siano mutate rispetto a quelle relative al precedente procedimento ex art 700 in quanto il ricorrente si è visto costretto ad affrontare non due contestazioni disciplinari comminate “riattivate per dieci giorni“ a seguito della declaratoria di legittimità del licenziamento in precedenza intimato, ma si trova a fronteggiare un provvedimento di destituzione, comminato in uno alla sospensione dal servizio e dalla retribuzione della durata di dieci giorni ( cfr consiglio di disciplina), versando in una condizione di disagio psicologico oltre che di criticità economica. Peraltro, il fatto stesso che il lavoratore a seguito dell’esito vittorioso della vicenda giudiziaria, abbia ricevuto la somma di circa 50.000,00 , rappresenta sia il ristoro dovuto a seguito dell’illegittimo trattamento ricevuto , sia l’evidente difficoltà in cui versa il ricorrente a seguito del subito pregiudizio rilevante giuridicamente; tanto sia in termini patrimoniali che non patrimoniali.

In ragione di quanto sopra, accoglie il ricorso ex art 700 cpc proposto dal lavoratore e per l’effetto ordina all’azienda datrice di sospendere: a) la delibera ad oggetto destituzione dal servizio adottata dall’azienda nel marzo 23; b ) la delibera di sospensione dal sevizio e dalla retribuzione per dieci giorni adottata contestualmente alla precedente sanzione ; c) ordina la sospensione di tutti i provvedimenti cautelari presupposti e/o conseguenti con immediata reintegra in servizio del ricorrente ; condanna l’azienda al pagamento di tutte le retribuzioni maturate per tutta la durata della sospensione cautelare ovvero dal feb. 22.

In conclusione, possiamo affermare, anche se sono solo i primi passi che muove tale normativa, che la norma a base del provvedimento giudiziale è adeguata ai tempi e certamente foriera di grandi risultati; non già sotto il profilo processuale ma di civiltà giuridica.

Difatti, imponendo a carico delle aziende con dipendenti di numero compreso tra 50 e 249, l’obbligo di realizzare dei modelli di impresa atti ad individuare, in modo analitico, i percorsi che dovranno essere seguiti nella vita quotidiana ( c.d. modelli di impresa ) si creano i presupposti di legalità e civiltà giuridica; nel contempo, predisponendo delle tutele reali ai segnalatori, si liberano gli stessi da eventuali azioni ritorsive, inducendoli con maggiore facilità, a segnalare all’ENAC le eventuali violazione di legge.

Alla data di chi scrive, stando ai comunicati resi dall’ENAC, a distanza di quattro mesi dalla entrata in vigore della normativa , sono state effettuate 600 segnalazioni.

Ancora, non è inutile evidenziare che con tale norma si è recepita normativa di carattere europeo, peraltro già attuata e ben sperimentata in altri paesi.

In ultimo riteniamo doverosa fare una ulteriore annotazione relativa al dlgs 231/01 : con la introduzione dei modelli di impresa introdotti nelle fasce dimensionali sopra indicati si pongono i presupposti idonei a dare maggiori tutele ai soggetti del rapporto di lavoro; difatti, il lavoratore, con la predisposizione di modelli di impresa, viene posto nelle condizioni di poter operare in ambiente di lavoro rispettoso della sua persona ed integrità fisica, così come vengono poste le condizioni atte ad escludere l’impresa da responsabilità civile in eventuali processi penali conseguenti ad eventuali incidenti sul lavoro.

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*A cura di Bonaventura Franchino, Avvocato cassazionista, giornalista pubblicista; membro e docente della School University University e Domenico Franchino - Avvocato, MBA; giornalista pubblicista

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