La prescrizione può essere dichiarata anche dal giudice dell’esecuzione
Rientra tra i poteri del
La sentenza chiarisce che il giudice dell’esecuzione, «deve realizzare, nella misura consentita da rapporti non esauriti e con l’esclusione di questi, una doverosa “bonifica” della sentenza irrevocabile, privandola degli elementi “inquinanti” oggetto della declaratoria di incostituzionalità, che debbono essere eliminati ab origine perchè tamquam non fuissent; nei medesimi termini, dunque, nei quali si sarebbe pronunciato ilo giudice della cognizione, qualora intervenuto successivamente alla sentenza della Corte costituzionale».
Si incrina la sacralità del giudicato in questo modo? Non pare alla Cassazione. Che, anzi, ricorda come una lettura di questo tenore è autorizzata dagli sviluppi recenti della giurisprudenza della Corte costituzionale. Nella sentenza n. 210 del 2013, per esempio, la Consulta avverte che al giudicato va senza dubbio attribuito un grande valore, come espressione dell’esigenza di certezza del diritto e di stabilità nell’assetto dei rapporti giuridici. Tuttavia l’ordinamento, sottolinea la Corte costituzionale, conosce anche casi in cui l’intangibilità della condanna passata in giudicato può subire delle incrinature, per effetto della necessità di bilanciare il valore costituzionale del giudicato con altri valori di segno opposto, anch’essi di piena rilevanza costituzionale. È il caso della tutela della libertà personale.
Non solo. In questa direzione va anche la stessa Cassazione, che, nel 2015, a Sezioni unite (sentenza n. 37107) puntualizzò che, per effetto della dichiarazione di incostituzionalità di una norma penale sostanziale, sul trattamento sanzionatorio è necessario rimuovere gli effetti che ne discendono. In questi casi il giudicato da una parte deve essere conservato per quanto riguarda profili comunque cruciali come l’esistenza del fatto, la sua attribuzione soggettiva e qualificazione giuridica, ma la regime sanzionatorio deve essere nuovamente tarato per essere conformato alle nuove indicazioni.
E allora, «nell’ambito di questo giudicato sulla pena e della sua permeabilità, può dunque coerentemente inserirsi la declaratoria di prescrizione di cui trattasi, suscettibile di affermazione anche da parte del giudice dell’esecuzione “ora per allora”; e senza che venga scalfito il “giudicato sull’accertamento”, risultando per contro non intaccato, in alcun modo, l’accertamento del fatto, nei suoi elementi costitutivi, e al sua riferibilità all’imputato».
E il giudice dell’esecuzione è assolutamente titolato a intervenire. Lo conferma la Corte costituzionale che, nella pronuncia del 2013, disciplinandone i poteri, precisò che non si limita a una competenza su validità ed efficacia del titolo esecutivo, ma può, in circostanza ben indicate, incidere su questo.
La giurisdizione esecutiva ha cioè ampi margini di manovra, pur non confrontabili con quelli del giudice della cognizione. In altre parole, le valutazioni del giudice dell’esecuzione non contraddire quelle che emergono dal testo della sentenza diventata irrevocabile.