Civile

La quietanza mandata al debitore prova il ricevimento del pagamento

L'eventuale vizio del consenso deve esserre dotato dei requistti previsti dall'articolo 1428 del Cc

di Mario Finocchiaro

La dichiarazione di quietanza indirizzata al debitore fa piena prova del ricevimento del pagamento. Ove la stessa sia prodotta in giudizio, pertanto, il creditore quietanzante non è ammesso a provare per testi che il pagamento non è avvenuto, potendo solo dimostrare che la quietanza è stata rilasciata nella convinzione, fondata su errore di fatto, che la dichiarazione confessoria corrispondesse al vero, ovvero a seguito di violenza. L'errore, quale vizio del consenso idoneo a incidere sul libero processo di formazione della volontà, inoltre, per assumere rilevanza ai fini dell'annullamento contrattuale deve essere dotato degli specifici requisiti normativamente tipizzati dall'articolo 1428 Cc della essenzialità e della riconoscibilità. Questo il principio espresso dalla Sezione II della Cassazione con l'ordinanza 3 settembre 2021 n. 23875 .

I precendenti
Sostanzialmente nello stesso senso, la quietanza "tipica", essendo indirizzata al solvens, fa piena prova dell'avvenuto pagamento, sicché il quietanzante non è ammesso alla prova contraria per testi, salvo dimostri, in applicazione analogica dell'articolo 2732 Cc, che il rilascio della quietanza è avvenuto per errore di fatto o per violenza, Cassazione, sez. un., sentenza 22 settembre 2014, n. 19888, in Guida al diritto, 2014, fasc.43, p. 47 [con nota di Piselli M., Applicabile lo schema della confessione stragiudiziale], ove la precisazione, altresì, che la quietanza "atipica" contenuta nella dichiarazione di vendita di autoveicolo ex articolo 13 del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1814, invece, essendo indirizzata al conservatore del pubblico registro automobilistico affinché non iscriva il privilegio legale per il prezzo, non è prova piena, ma, al pari della confessione stragiudiziale fatta ad un terzo, è liberamente apprezzata dal giudice, senza soggiacere ai limiti di "revoca" della confessione sanciti dall'art. 2732 Cc.
Analogamente, l'indicazione del venditore, contenuta nell'atto notarile di compravendita, che il "pagamento del prezzo complessivo è avvenuto contestualmente alla firma del presente atto" non è coperto da fede privilegiata ex articolo 2700 Cc, ma ha natura confessoria, con la conseguenza che il quietanziante non è ammesso alla prova contraria per testi o per presunzioni, salvo che dimostri, in applicazione analogica dell'articolo 2732 Cc, che il rilascio della quietanza è avvenuto per errore di fatto o per violenza o salvo che se ne deduca la simulazione; quest'ultima nel rapporto tra le parti deve essere provata mediante contro dichiarazione scritta, Cassazione, ordinanza 29 settembre 2020, n. 20520, in Vita notarile, 2021, p. 463.
Sempre sulla questione specifica, nel senso che la prova per testi o per presunzioni contraria al contenuto della quietanza è inammissibile, ai sensi degli articoli 2726 e 2729 Cc, ove diretta a provare il mancato pagamento, mentre è ammissibile se sia tesa a dimostrare circostanze differenti, quali l'effettuazione del pagamento in un diverso momento storico, utili a ricostruire una fattispecie più complessa del rapporto controverso tra le parti, Cassazione, sentenza 27 novembre 2014, n. 25213.

Sempre in tema di quietanza
In argomento si è precisato, in giurisprudenza, tra l'altro:
- il possesso da parte del debitore del titolo originale del credito costituisce fonte di una presunzione legale iuris tantum di pagamento, superabile con la prova contraria di cui deve onerarsi il creditore che sia interessato a dimostrare che il pagamento non è avvenuto e che il possesso del titolo è dovuto ad altra causa, come risulta implicitamente confermato, per i titoli, dall'articolo 45, comma 1, regio decreto n. 1669 del 1933, secondo il quale il trattario che paga la cambiale ha diritto alla sua riconsegna con quietanza al portatore, Cassazione, ordinanza 8 febbraio 2018, n. 3130, secondo cui la corte d'appello aveva erroneamente ritenuto che il possesso dei titoli da parte del debitore non esprimeva la volontà di riconoscere il pagamento, in quanto i titoli risultavano troncati nella parte corrispondente alla sottoscrizione dell'emittente, avendo omesso di verificare se, in concreto, la restituzione degli stessi fosse stata operata per ragioni diverse dal pagamento e se la troncatura fosse stata operata dal creditore o da terzi, prima della restituzione, ovvero dalla debitrice, dopo la restituzione, accertandone, ove rilevanti, le ragioni; sentenza 3 giugno 2010, n. 13462, relativa a rigetto, confermato dalla suprema corte, di opposizione ad ammortamento di vaglia cambiari;
- la quietanza costituisce la prova della ricezione di un pagamento rilasciata dal creditore al debitore (articolo 1199 Cc) e non la ricognizione di un debito che fa presumere fino a prova contraria il rapporto fondamentale e dispensa colui a favore del quale è fatta dall'onere di provare il rapporto stesso, Cassazione, sentenza 22 luglio 2010, n. 17246, in Contratti, 2011, p. 17246, con nota di Acconciaioco B., Riconoscimento del debito ed effetti probatori della quietanza;
- la promessa di pagamento cosiddetta titolata, cioè facente riferimento al rapporto fondamentale, quale è quella che abbia per oggetto il pagamento del «saldo prezzo» di vendita di un immobile e contenga il riferimento al contratto di compravendita, spiega gli effetti di cui all'articolo 1988, Cc, in tema di ripartizione dell'onere della prova, dispensando il promissario dall'onere di provare l'esistenza del rapporto, che si presume fino a prova contraria, ma dalla cui esistenza o validità non può prescindersi sotto il profilo sostanziale, con il conseguente venire meno di ogni effetto vincolante della promessa stessa, se il promettente dimostri che il rapporto fondamentale non è mai sorto, o è invalido, o si è estinto, Cassazione, sentenza 28 maggio 2003, n. 8515, in Giust. civ., 2004, I, p. 157, che, nell'enunciare il suindicato principio di diritto, ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto provata l'estinzione dell'obbligazione, in quanto il promittente aveva prodotto quietanza liberatoria rilasciatagli dal promissario;
- il rilascio da parte dell'amministrazione delle finanze di una quietanza «a saldo» in applicazione del decreto legge 5 novembre 1973 n. 660, convertito in legge 19 dicembre 1973 n. 823, sul condono fiscale, qualora l'importo indicato sia frutto di un errore, non preclude alla amministrazione stessa di procedere ad una nuova liquidazione della imposta, per correttamente applicare la normativa sul condono, anche alla luce dei criteri di imputazione dei pagamenti fissati nell'articolo 1193 Cc, atteso che, a norma dell'articolo 11 citato decreto legge n. 660 del 1973, l'ufficio delle imposte può sempre modificare le definizioni (ossia le determinazioni d'imposta) effettuate in applicazione delle norme sul condono fiscale, quando siano state conseguenza di errore materiale o di violazione della normativa stessa, e che la quietanza, anche se rilasciata «a saldo», costituisce un mero atto ricognitivo, che comporta la presunzione iuris tantum di pagamento anche degli interessi, ma non impedisce la prova contraria, né implica di per sé la remissione degli altri debiti e in particolare degli interessi, quando il creditore neghi tale efficacia liberatoria, Cassazione, sentenza 7 aprile 1994, n. 3280;
- i limiti di ammissibilità della prova testimoniale sanciti dall'articolo 2722 c. c. riguardano le prove dirette a dimostrare, per un rapporto convenzionale, una disciplina pattizia diversa da quella risultante dalla scrittura che la documenta, dipendente dalla allegata stipulazione verbale di accordi integrativi o contrari in momento anteriore o contemporaneo a quello di formazione della scrittura medesima; pertanto, tali limiti non sono riferibili alle prove dirette a contrastare il contenuto di una dichiarazione unilaterale, quale è una quietanza o un assegno di conto corrente, non venendo in tali casi in considerazione né una scrittura che documenta una convenzione né una convenzione integrativa o contraria a quella documentata da una scrittura, Cassazione, sentenza 10 gennaio1983, n. 175.

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