La riforma della responsabilità solidale nel settore della logistica: l'impatto è minimo per la responsabilità ex 231
Il D.L. n. 36/2022, convertito con L. n. 79/2022, ha riformulato il dettato normativo del neo introdotto art. 1677-bis c.c., così modificando in maniera sensibile la disciplina della responsabilità solidale tra committente ed appaltatore nei contratti d'appalto regolanti l'erogazione di servizi nell'ambito della logistica. La riforma ha certamente un impatto civilistico, che non si riverbera, se non in maniera tenue, sulla responsabilità degli enti da reato ex D.lgs. 231/01
Il D.L. n. 36/2022 recante misure urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), tra le diverse novità normative apportate, ha anche provveduto ad aggiornare il sistema della responsabilità solidale tra committente ed appaltatore nel settore della logistica. La modifica di maggiore impatto consiste nell'inserimento di un riferimento esplicito, nel nuovo art. 1677-bis c.c. , ai servizi di logistica integrata. La conversione del Decreto con Legge n. 79/2022 ha infatti previsto anche l'approvazione dell'emendamento auspicato dalle associazioni rappresentative degli operatori di servizi logistici.
In particolare, la norma prevede ora che, qualora un contratto d'appalto abbia ad oggetto due o più servizi di logistica "relativi alle attività di ricezione, trasformazione, deposito, custodia, spedizione, trasferimento e distribuzione di beni di un altro soggetto, alle attività di trasferimento di cose da un luogo a un altro", si debba applicare, in caso di compatibilità, la normativa in materia di contratto di trasporto. Il servizio di logistica integrata viene, quindi, inquadrato nella disciplina del contratto di trasporto "in quanto compatibile".
Ciò comporterà la parziale sottrazione della regolamentazione del settore della logistica a quello che è l'ambito applicativo della disciplina specifica in ambito di solidarietà tra committente ed appaltatore (o subappaltatore), di cui ai contratti d'appalto. Ed invero, ancorché il rapporto instaurato con un contratto di trasporto non vada esente da alcune forme di responsabilità in solido tra le parti (si veda, a tal riguardo, l'art. 83-bis, commi 4 e 4-bis del D.L. n. 112/08), è del tutto evidente come, all'esito della riforma, si profili l'entrata in vigore di un regime solidale assai più blando rispetto a quello istituito dall'art. 29 del D.lgs. 276/2003, applicato ai contratti d'appalto di servizi. Quest'ultima norma rappresenta, infatti, un solido presidio a protezione degli interessi retributivi e contributivi del dipendente in sede di esecuzione di un contratto d'appalto, prevedendo obblighi in solido anche a carico del committente.
Sotto il profilo della compliance 231 aziendale, urge evidenziare che il settore della logistica è, ad oggi, uno dei più sensibili, ed è costantemente posto sotto la lente d'ingrandimento delle Procure della Repubblica e, di conseguenza, della giurisprudenza.
Ciò anche in funzione del fatto che, in tale ambito, si sono riscontrate cattive consuetudini, ad esempio in relazione alla frequente presenza di cooperative spurie, fittizie, e persino utilizzate quali veicoli per il conseguimento di indebiti risparmi fiscali. Altre volte possono finanche celare forme inappropriate di trattamento dei lavoratori.
A tali pessime condotte sono applicabili diversi reati presupposto ex D.lgs. 231/01, di frequente contestazione nel settore della logistica, tra i quali: reati in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro (art. 25-septies); l'illecito di Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro ex art. 603-bis c.p. (art. 25-quinques); i reati tributari (art. 25-quinquiesdecies).
La suesposta riforma, ancorché sia tale da ridurre, in apparenza, gli obblighi a carico dell'impresa committente, non può consentire in alcun modo di allentare i controlli preordinati all'impedimento dell'esecuzione di condotte penalmente rilevanti ad opera delle controparti contrattuali. Il rischio in capo alla persona giuridica – ed in capo al legale rappresentante – di essere assoggettata ad un Procedimento Penale, in concorso con il terzo appaltatore autore dell'illecito, rimane sempre attuale e non è certo eliso dalla prospettiva di una riduzione di responsabilità in chiave civilistico-fiscale.
E, infatti, è sempre ben possibile che la pubblica accusa rinvenga profili di rilevanza penale nelle condotte tenute a detrimento del personale impiegato nel contratto d'appalto, oltre ad un interesse o un vantaggio in capo alla società committente, unitamente ad una colpa organizzativa tale da propiziare la sottoscrizione di contratti d'appalto in assenza di adeguate verifiche. È, quindi, doveroso per le aziende committenti che usualmente esternalizzano il servizio logistico rivolgendosi ad entità terze (siano esse società di capitali o cooperative), garantire la massima attenzione nella predisposizione dei controlli e dei presidi intesi a contenere quanto più possibile il rischio di reati.
Corre l'obbligo di evidenziare, pertanto, che la sopravvenuta riforma, quali che siano i risvolti concreti e gli impatti che produrrà sotto il profilo civilistico e previdenziale, non consente in alcun modo di allentare l'attenzione in chiave di responsabilità ex D.lgs. 231/01.
Per le società committenti resta auspicabile un ragionevole rigore nell'individuazione e nell'esecuzione dei controlli sui terzi ai quali venga affidata la gestione della logistica e ciò sia in sede di selezione del fornitore, sia in corso di esecuzione del contratto, tramite controlli continuativi e regolari, sia sui documenti che sui servizi concretamente erogati.
Senza pretese di esaustività, i controlli potrebbero consistere nella due diligence reputazionale e documentale della controparte contrattuale e, all'un tempo, nell'acquisizione periodica della documentazione attestante la regolare assunzione, il rispetto della formazione obbligatoria, generale e specifica, e l'idoneità al lavoro del personale coinvolto nell'appalto. Parimenti, è fondamentale ottenere la prova della regolarità retributiva e contributiva del fornitore, anche tramite lo svolgimento di controlli periodici o a campione delle buste paga e del DURC.
Il controllo non può però limitarsi alla mera verifica documentale, dovendo la committente anche assicurarsi che a ciascun lavoratore, sia esso socio di una cooperativa o dipendente, siano garantiti i riposi settimanali, le pause, la salubrità degli spazi di lavoro, e ogni altro diritto del lavoratore.
Pare opportuno che la società sviluppi delle procedure operativa ad hoc, atte a irreggimentare i controlli in sede di selezione e valutazione dei fornitori, e quelli atti a prevenire fenomeni di sfruttamento del lavoro. L'Organismo di Vigilanza è, giocoforza, tenuto ad effettuare le opportune verifiche per vigilare a che la società faccia pedissequa applicazione dei controlli citati. A tal fine, è auspicabile che l'OdV della società committente programmi, periodicamente, interviste con il responsabile della funzione acquisti e con la funzione HR aziendale, e che sottoponga agli apicali gli opportuni questionari periodici. Lo stesso OdV dovrà poter svolgere direttamente o tramite l'omologo organi di controllo del fornitore, senza preavviso, sopralluoghi ed ispezioni intese a verificare il rispetto delle prassi operative definite all'interno della procedura anti-caporalato e del Modello organizzativo.
In conclusione, dal punto di vista della compliance 231 la riforma operata dalla Legge n. 79/2022 ha avuto impatto contenuto alla (ri)valutazione dell'idoneità delle procedure preventive già adottate. Perciò, è l'occasione propizia per ribadire la necessità di implementare i controlli, affinché non si innestino prassi malsane nelle aziende committenti, anche attinenti alla corretta qualifica dei contratti d'appalto: al fine di evitare facili elusioni degli obblighi solidali nei confronti dei lavoratori.
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*A cura degli Avv.ti Fabrizio Sardella e Alexis Bellezza, Studio Legale Sardella - Partner 24 ORE