La "rinnovata" forza espansiva del giudicato esterno in materia IVA
L'oggetto della complessa controversia, approdata in Cassazione con pronunce dagli esiti alterni, concerneva atti impositivi con i quali l'Ufficio aveva contestato l'omesso assoggettamento ad IVA in Italia di prestazioni di natura tecnica – riqualificate dall'Amministrazione finanziaria in prestazioni scientifiche - rese dalla subsidiary italiana di un gruppo multinazionale statunitense a favore di una propria consociata estera.
Con tre recenti sentenze (nn.36550 dep. 25.11.2021, 37365 dep. 30.11.2021 e 38743 dep. 7.12.2021) la Cassazione ha riaffermato la compatibilità con il diritto comunitario dell'efficacia espansiva del giudicato esterno in materia di IVA
Il diritto dell'Unione europea non impone al giudice nazionale di disapplicare le norme processuali interne da cui deriva l'autorità di cosa giudicata di una decisione, con riguardo al medesimo tributo, in relazione ad un diverso periodo di imposta, nemmeno quando ciò permetterebbe di porre rimedio ad una violazione del diritto comunitario da parte di tale decisione, salvo le ipotesi, assolutamente eccezionali, di discriminazione tra situazioni di diritto comunitario e situazioni di diritto interno, ovvero di pratica impossibilità o eccessiva difficoltà di esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento comunitario ovvero di contrasto con una decisione definitiva della Commissione europea emessa prima della formazione del giudicato.
Questo è il principio che emerge dalle tre sentenze della Suprema Corte di Cassazione.
L'oggetto della complessa controversia, approdata in Cassazione con pronunce dagli esiti alterni, concerneva atti impositivi con i quali l'Ufficio aveva contestato l'omesso assoggettamento ad IVA in Italia di prestazioni di natura tecnica – riqualificate dall'Amministrazione finanziaria in prestazioni scientifiche - rese dalla subsidiary italiana di un gruppo multinazionale statunitense a favore di una propria consociata estera.
Nel corso dei giudizi in Cassazione la società sollevava, con memorie ex art. 378 c.p.c., l'eccezione di giudicato esterno, rappresentato da una sentenza della CTR Lombardia passata in giudicato successivamente alla proposizione dei ricorsi innanzi al giudice di legittimità, che si pronunciava su analogo avviso di accertamento riferito ad altro periodo di imposta, sulla base dei medesimi presupposti impositivi.
Con tale decisione il giudice di merito, nell'esaminare la natura delle prestazioni, affermava che esse "non possiedono alcuno degli elementi che caratterizzano la ricerca scientifica. Si tratta infatti di attività atte a rispondere alle esigenze dei clienti e a contribuire allo sviluppo di prodotti potenzialmente interessanti", in ciò evidenziando che "la società non svolge attività di ricerca, ma la propria attività consiste nell'applicare tali nuove tecnologie, scoperte e realizzate da terzi, in modo da implementare progetti che soddisfino le specifiche tecniche indicate dal committente".
La Suprema Corte richiamava una propria sentenza resa a Sezioni Unite (n. 13916/2006) nella quale si affermava che qualora due giudizi tra le stese parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l'accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo.
La medesima sentenza affermava, inoltre, che tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell'autonomia dei periodi di imposta, in quanto l'indifferenza della fattispecie costitutiva dell'obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi e a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi di imposta, assumono carattere tendenzialmente permanente.
Vieppiù, con le sentenze in commento i Giudici di legittimità hanno ribadito che, in materia tributaria, l'effetto vincolante del giudicato esterno, in relazione alle imposte periodiche, opera nei (soli) casi in cui vengono in esame fatti che, per legge, hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta, o nei quali l'accertamento concerne la qualificazione di un rapporto ad esecuzione prolungata.
Tale essendo il quadro giuridico di riferimento, la Suprema Corte ha rilevato come nelle controversie poste alla sua attenzione le prestazioni rese dalla società, elevate a presupposto impositivo, risultano essere state eseguite in esecuzione di un unico rapporto contrattuale con durata pluriennale. Tali circostanze hanno indotto i Supremi Giudici a ritenere che i fatti integranti gli elementi costitutivi della fattispecie invocata dall'Ufficio, estendendosi ad una pluralità di annualità, avessero carattere stabile e, dunque, connotati dall'elemento della invarianza nel tempo dei presupposti impositivi, consistente nella qualificazione giuridica del contratto, necessario per l'operatività dell'effetto preclusivo del giudicato.
In conclusione, non venendo in rilievo, nella fattispecie, ipotesi eccezionali di incompatibilità con il diritto comunitario che ne avrebbero imposto la disapplicazione da parte del giudice nazionale, la Suprema Corte ha ritenuto operante l'efficacia espansiva del giudicato esterno invocata dalla società quanto alla qualificazione delle prestazioni rese in favore della propria consociata estera.
*Nicola Crispino, avvocato, of counsel, Rödl & Partner e Alice Misani, avvocato, senior associate, Rödl & Partner
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Il Sole 24 OreLuigi Lovecchio
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