La sfida del diritto della proprietà industriale e intellettuale nel Metaverso
L'esigenza di conoscere le regole per muoversi con tranquillità e legalità in questo meta-mondo virtuale cresce di conseguenza, considerando che gli interessi economici in gioco sono consistenti
L'internet a tre dimensioni dove vivere, lavorare, giocare, fare acquisti e molto altro sotto forma di avatar è divenuto realtà ed è sempre più trasversale. Il Metaverso è un universo virtuale, una vera e propria riproduzione a tre dimensioni della realtà terrena.
Non è una semplice tecnologia o un nuovo device: è una rivoluzione che va gestita, un ambiente relazionale, quindi di rilievo giuridico. In questo meta-universo è possibile accedere con la creazione di un avatar per socializzare nei modi più svariati. Con le relazioni c'è bisogno di diritto, c'è bisogno di regolazione e di inquadramento da punto di vista giuridico, ad esempio, delle responsabilità.
Tutti ne parlano, tutti se ne interessano, tutti vogliono entrarci. L'esigenza di conoscere le regole per muoversi con tranquillità e legalità in questo meta-mondo virtuale cresce di conseguenza, considerando che gli interessi economici in gioco sono consistenti.In questa "nuova tridimensionalità" c'è qualcosa di molto reale: i diritti di persone ed imprese.
Il Metaverso pone problemi di grande rilevanza giuridica in un contesto, per così dire, meno improvvisato rispetto al passato (si pensi a quando nacque internet).In particolare, il diritto della proprietà industriale ed intellettuale gioca un ruolo fondamentale in questo "nuovo" mondo, che in realtà esiste da tempo, ma che fino allo scorso ottobre 2021 (momento in cui Facebook diventa "Meta") interessava quasi solo il settore del gaming ed era conosciuto ed apprezzato esclusivamente da una nicchia di appassionati.
Della questione se ne stanno occupando diversi professionisti, portando all'attenzione molteplici aspetti rilevanti.
È stato riferito, ad esempio, che la grande attenzione dedicata alle tematiche della tutela della proprietà intellettuale ha portato le aziende di moda a depositare il brand in alcune categorie particolari, come quella dei software, a scopi difensivi.
È stato anche riferito che, in futuro, molti operatori del settore della moda, per ottenere tutela dei propri marchi nell'ambito dell'attività virtuale (che gli esperti ritengono possa condurre a notevoli incrementi di vendite), seguano l'esempio delle imprese che hanno già depositato i propri marchi principali in alcune classi merceologiche particolari, che a prima vista paiono lontane da quelle dell'attività principale.
Caso pilota è quello di Nike, che ha depositato negli Stati Uniti i marchi "Nike" e "Nikeland" in relazione ad alcuni prodotti virtuali e relativi servizi di vendita e di intrattenimento.
Attualmente, a nostro avviso, si potrebbe ipotizzare che i beni tangibili, come i capi d'abbigliamento, sono affini ai beni virtuali, come la "riproduzione" virtuale tridimensionale di quegli stessi capi d'abbigliamento. In questa prospettiva la tutela potrebbe derivare da un'interpretazione in via evolutiva del sistema giuridico esistente. Nulla di più.
Se viceversa si ritenesse che una tale assimilazione non si possa effettuare, allora si ammetterebbe l'esistenza di un enorme vuoto di protezione nel Metaverso, suscettibile di essere facilmente riempito dalle azioni di contraffattori, che sarebbero così in grado di sfruttare i diritti acquisiti legittimamente da altri soggetti nel mondo terreno, a favore di un business illecito nel Metaverso. E questo non sarebbe accettabile, tanto in astratto quanto in concreto, poiché le norme e gli istituti che regolano la materia già ci sono. Vanno solo applicati.
Il mercato della proprietà di asset digitali, consistenti in abiti, oggetti di qualunque genere e quant'altro, che gli utenti (avatar) del Metaverso possono scambiarsi, e la possibilità di pagare in criptovaluta porteranno con sé, inevitabilmente, un'esigenza di garantire che, anche i rapporti tra questi avatar siano regolati in conformità delle norme che si applicano ai soggetti del mondo reale, ai quali tali avatar fanno capo.
Limitandosi in particolare ai marchi ed alla possibilità di perseguire l'utilizzo abusivo di questi che soggetti diversi dal titolare ne facciano nel mondo virtuale, esistono già nella realtà terrena efficaci istituti giuridici e norme, che da tempo corrono in aiuto della parte lesa e devono applicarsi anche nella realtà virtuale. A titolo esemplificativo, ne riportiamo di seguito alcuni.
Innanzitutto, l'art. 20, primo comma, lettera c, del Codice della Proprietà Industriale ed Intellettuale, che, nel caso di marchio rinomato, aggiunge alla tutela contro la contraffazione, quella contro ogni uso che arrechi al marchio un pregiudizio, comportando per il terzo un indebito vantaggio.
Poi, il divieto di concorrenza sleale di cui all' art. 2598 del Codice Civile, che comprende ogni ipotesi di attività concorrenziale che sia idonea ad arrecare pregiudizio e contrasti con i principi della correttezza professionale.Infine, le norme del Codice Civile a tutela del nome e dell'immagine della persona, la cui applicabilità alle persone giuridiche ed al marchio è affermata da tempo dalla giurisprudenza.
Partendo da questa base, si può ritenere che, rispetto al Metaverso, non occorrono norme nuove, potendo essere sufficiente, adeguata e corretta l'interpretazione in chiave evolutiva di quelle già operanti. Ciò che esiste nel Metaverso esiste anche nel mondo reale, non si ravvisa per tanto la necessità che il Legislatore provveda a creare nuove norme ad hoc. La lotta contro i plagi non deve interrompersi nel nuovo mondo virtuale: le azioni illecite sono le medesime, così come i danni provocati, l'unico aspetto che cambia è l'ambiente in cui tutto avviene.
Per il momento gli esempi di contenzioso in materia riguardano soprattutto il mondo della moda, ma ci si può ragionevolmente aspettare che, presto, alla luce degli sviluppi già annunciati per il Metaverso, la questione si espanderà a tutti i settori di attività.
Molto noto è il caso di un digital designer statunitense che ha introdotto esclusivamente nel Metaverso una collezione di circa un centinaio di borse note come "Meta Birkin", sotto forma di Nft (Non-Fungible Tokens, certificati unici di proprietà su opere digitali, registrati in una blockchain, che vengono utilizzati per registrare e provare la proprietà di un qualsivoglia bene digitale) dal costo di 45 mila dollari l'una. Accuse di violazione di diritti di proprietà industriale ed intellettuale relative al segno "Birkin" di titolarità di Hermès non hanno tardato ad arrivare.
Il disappunto generale emerso in seguito a tale vicenda è evidente ed è altrettanto evidente che le Meta Birkin sono un chiaro esempio di prodotto contraffatto nel Metaverso. Basta guardare le norme in tema di contraffazione: non serve altro, se non estenderle in via interpretativa alla contraffazione virtuale.
Tra i casi giudiziali nel Metaverso, l'ultimo riguarda Nike, che ha recentemente intentato una causa nei confronti di una piattaforma di vendita di Nft (denominata StockX), che, nel suo primo lancio, ha incluso modelli di Nike. Così, Nike ha accusato la piattaforma di aver prodotto e commercializzato Nft a marchio Nike illegittimamente, a prezzi fortemente gonfiati, senza l'approvazione o l'autorizzazione del brand. Così, StockX avrebbe violato il marchio Nike, gli Nft creati rischierebbero di confondere i consumatori ed avrebbero danneggiato la reputazione di Nike.
Attualmente in concreto non si controlla che, chi mette in commercio un Nft, abbia ottenuto tutti i diritti necessari per farlo e che, quindi, l'Nft venduto non violi i diritti di proprietà industriale ed intellettuale di terzi. La soluzione potrebbe essere trovata imponendo alle piattaforme che vendono Nft di fare quello che già, ad esempio, i social media fanno con i propri utenti, al di fuori del Metaverso, cioè verificare l'identità dei venditori.
L'interpretazione in chiave evolutiva è il cuore del discorso: adattare ciò che già esiste a ciò che si sta creando ed espandendo, il Metaverso, che certamente non si sottrae all'ordinario sistema della proprietà industriale ed intellettuale in vigore. Ciò che accade nel mondo virtuale non può ritenersi estraneo a quanto è oggetto di diritto esclusivo nella vita "reale".Perciò, la sfida degli operatori della proprietà industriale ed intellettuale e del diritto in generale è quella di ragionare in termini evolutivi del sistema: bisogna studiare ed applicare le norme già esistenti, in una prospettiva di nuova interpretazione delle stesse, in attesa di una rapida e congruente evoluzione giurisprudenziale, al passo con i tempi.
*a cura della Dott.ssa Giulia Pacifico, Studio Legale Sena & Partners
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