La stretta sulla droga non tocca l’omicidio stradale
È una delle precisazioni più importanti che si ricavano dalla lettura del testo esaminato in via preliminare martedì scorso dal Consiglio dei ministri
La stretta sulla droga alla guida contenuta nella bozza del Ddl di riforma del Codice della strada non riguarda anche l’omicidio stradale. È una delle precisazioni più importanti che si ricavano dalla lettura del testo esaminato in via preliminare martedì scorso dal Consiglio dei ministri.
La questione va vista alla luce del principio che s’intende introdurre: legare il reato di guida sotto effetto di droghe (previsto dall’articolo 187 del Codice della strada) alla sola assunzione di sostanze e non anche all'effettivo stato di alterazione psicofisica al momento della guida, richiesto dalla norma tuttora in vigore.
La prima cosa da precisare è che, se la norma contenuta nel Ddl entrasse in vigore, non potrà essere retroattiva, essendo più severa.
Per il conducente che non abbia causato morti o feriti la responsabilità penale per la contravvenzione prevista dall'articolo 187 del Codice della strada scatterebbe per il solo fatto di avere assunto sostanze stupefacenti. Ad oggi è necessario anche che il reo versi in effettivo stato di alterazione - al momento in cui decide di mettersi al volante - derivante dall'assunzione di droghe. Precisazione rilevante, i cui termini sono scolpiti dalla Cassazione. Da ultimo, la sentenza n. 22682/2023, dello scorso 18 aprile, ha ribadito che «non è sufficiente che l’agente si sia posto alla guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti, essendo necessario che egli abbia guidato in stato di alterazione psico-fisica causato da tali sostanze».
Se la riforma diventerà legge, la mera presenza della sostanza vietata nell'organismo del conducente lo esporrà a un'ammenda da 1.500 a 6.000 euro, e all’arresto da sei mesi ad un anno. Scatteranno anche tutte le sanzioni accessorie di natura amministrativa oggi già previste dall'articolo 187 - che possono arrivare alla revoca della patente e alla confisca del veicolo – oltre a quelle di nuova introduzione, tra cui nuovi casi di revoca e il divieto di conseguire la patente, per chi ancora non ce l'ha e ha meno di ventuno anni, per un periodo corrispondente alla sanzione riguardante chi è invece titolare della licenza di guida.
Appare evidente che la modifica introduca una nuova forma di colpa, da cui deriva l'illecito, legata alle condizioni soggettive del reo. La condotta negligente non sarà più quella di avere causato un pericolo per l'incolumità pubblica circolando in stato di alterazione psicofisica: questa condizione diventerà penalmente irrilevante. Lo sarà l'assunzione della droga, che diventa manifestazione di pericolosità presunta dell’assuntore, anche se questi decide di mettersi al volante in condizioni di piena lucidità.
In concreto, appare però che la ricerca della prova dell'assunzione da parte dell'interessato di droghe non possa prescindere da una prima constatazione sintomatica, da parte dell'operatore di polizia giudiziaria, dello stato in cui versa il soggetto. Sembra infatti da escludere la possibilità di procedere agli accertamenti contestualmente introdotti dal Ddl sulla base di un mero automatismo, in occasione ad esempio di un controllo casuale su strada, in assenza di condotte di guida “sospette”.
Tale significativo cambiamento – che sotto il profilo difensivo vede come uniche opzioni quelle di non guidare, o di non assumere mai droghe di alcun genere – non riguarda però i più gravi reati di lesioni e omicidio stradale. La bozza approvata dal Consiglio dei ministri lo esplicita chiaramente, stabilendo che le due fattispecie in questione continueranno a essere integrate solo se verrà dimostrato che il reo si sia messo alla guida di un veicolo a motore «in stato di alterazione psicofisica conseguente all'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope».
Le ragioni di tale distinzione sembrano trovare origine nella condivisibile necessità di evitare che le severe sanzioni detentive in materia di omicidio e lesioni stradali possano riguarda un soggetto che, pur avendo la “colpa” di assumere droghe, al momento in cui è al volante si trovi nelle stesse condizioni di chi le droghe invece decide di non assumerle.