Amministrativo

Laboratori gastronomici e non "ristoranti irregolari" solo per la presenza di tavoli e sedie

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di Paola Rossi

Il Tar Lazio ha affermato che la sola presenza di tavolini e sedie abbinati, all'interno di un laboratorio di gastronomia, non sono di per sé indice dello svolgimento illecito di un'attività di ristorazione o somministrazione non autorizzata. Con la sentenza n. 6818 i giudici amministrativi hanno valutato come insufficiente l'attività degli accertatori focalizzata solo sulla presenza degli arredi (senza riscontri su clientela presente, origine dei prodotti somministrati, superficie dedicata al consumo e altri parametri) che era alla base della delibera, ora annullata, recante l'"ordine di cessazione dell'attività di somministrazione abusivamente intrapresa". La sentenza reca un importante excursus del regime autorizzativo alle diverse attività commerciali legate alla fruizione di alimenti e bevande sottolinenando, in particolare, che il laboratorio di gastronomia eventualmente autorizzato alla rivendita in base al cosiddetto "vicinato alimentare" non potrà servire i prodotti ivi realizzati, ma solo quelli già pronti al consumo con l'unico ausilio di piastre o fornetti a micronde per renderli fruibili. In caso contrario e in assenza dell'iscrizione all'albo per svolgere attività di ristorazione e somminsitrazione di alimenti e bevande il consumo sul posto sarebbe fuori legge.

Il caso specifico
Il caso riguardava il titolare di una Scia di laboratorio di gastronomia e di una licenza di vicinato alimentare. Dunque il primo titolo non abilita altro che alla produzione degli alimenti vietando sul posto la vendita diretta e il consumo dei propri prodotti. Invece, il secondo titolo autorizza sì all'attività del commercio di prodotti alimentari propri e non, ma a partire dal decreto Bersani consente anche il consumo sul posto di prodotti di gastronomia

La casistica legale
Il Tar Lazio nell'annullare la determinazione dirigenziale di divieto dell'illecita attività di somministrazione della nota bottega romana trasteverina (ricadente nella Città storica della Capitale) laboratorio di produzione di prodotti gastronomici della cucina francese ha stigmatizzato come incompleta e apodittica l'attività degli accertatori in quanto si sono limitati ad attestare la presenza all'interno del locale di sedie e tavolini "abbinati" come attestanti l'esistenza di un servizio di somministrazione non sorretto dalle licenze, che legittimano l'attività in base alla legge. Gli operatori di cui si tratta sono fondamentalmente non ristoratori, ma artigiani alimentari che:
- se dotati solo di Scia di laboratorio e non iscritti all'albo delle imprese artigiane, previsto dalla legge 443/1985 (come trasfusa in quella della Regiona Lazio n. 3 del 2015), non possono né vendere al dettaglio né far consumare sul posto i propri prodotti alimentari, e nemmeno quelli non propri;
- se iscritti all'albo artigiani, ma senza alcun titolo abilitativo al commercio, possono vendere la propria produzione e farla degustare sul posto;
- se iscritti all'albo artigiani si dotano anche della licenza commerciale di vicinato alimentare possono vendere anche altri prodotti alimentari e far consumare sul posto anche prodotti di gastronomia, ma non i propri;
- se, invece, l'esercente del laboratorio alimentare non è iscritto all'albo delle imprese artigiane, ma è dotato di licenza commerciale di vicinato alimentare, grazie al decreto Bersani è autorizzato a far consumare in loco i prodotti di gastronomia, ma solo quellli che non derivano dalla propria attività e che per il consumo necessitano al massimo di essere scaldati.
In conclusione si cerca di distinguere - per evitare effetti anticoncorrenziali - l'attività di ristorazione, che nella Capitale soggiace a limitazioni a tutela della città storica sito dell'Unesco, e quella di gastronomia che solo marginalmente è aperta al servizio al pubblico di consumazione dei prodotti tramite lecite attività di somministrazione. I titoli legittimanti tanto la ristorazione quanto la somministrazione sono quelli delle lettere a) e b) dell'articolo 5 della legge 287/1991 che - secondo il Tar - sono la vera linea di demarcazione tra le due attività. In sintesi il ristoratore produce e serve al pubblico i propri prodotti mentre la licenza di somministrazione esclude una vera e propria cucina o laboratorio di produzione, a meno che vengano somministrati solo prodotti gastronomici non propri anche se si è abilitati a vendere per asporto quelli propri.

Tar Lazio- Sentenza 30 maggio 2019 n. 6818

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