Lavoratrici madri, nullo l'atto dell'ispettorato che non tiene conto del Documento di valutazione dei rischi
Il Tar Trentino Alto Adige ha bocciato il documento per difetto istruttorio, carenza motivazionale, irragionevolezza ed infine ingiustizia manifesta
La sentenza del 29 aprile 2022 n. 123 del Tar per il Trentino Alto Adige di Bolzano affronta il tema della protezione delle lavoratrici-madri, annullando il provvedimento con cui l'Ispettorato del Lavoro aveva respinto l'istanza presentata da una s.r.l. affinché una dipendente potesse usufruire del periodo di astensione post partum pari a 7 mesi.
La Pubblica amministrazione aveva giustificato la determinazione, limitandosi a suggerire alla società datrice di lavoro di adottare un diverso sistema organizzativo, senza tenere conto del contenuto del Documento di valutazione dei rischi e senza effettuare sulla fattibilità dell'operazione o sulla credibilità delle affermazioni della società in merito.
Tutela della salute dei lavoratori
Della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro si occupa, in generale, il noto Dlgs 81/2008, che si propone di garantirne l'uniformità, mediante il rispetto dei c.d. livelli essenziali delle prestazioni. Secondo quanto previsto dagli articoli 2 lettera q) e 28, il Dvr costituisce uno strumento di prevenzione e di protezione per la salute dei lavoratori, consacrando una "valutazione globale e documentata di tutti i rischi", inclusi "quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza", tale da consentire l'individuazione e la predisposizione delle misure più idonee ad assicurare e a migliorare la sicurezza dei dipendenti dell'azienda. Oltre alla relazione, al programma, alle misure e alle procedure, ai sensi del comma II, lettera f) dell'articolo 28, il documento di valutazione dei rischi deve riportare anche l'indicazione "delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici".
La tutela della maternità
Quanto alle norme contenute nel Dlgs 151/2001, recante il Testo Unico per la tutela della maternità e della paternità in ambito lavorativo, il Capo II e il Capo III si occupano, rispettivamente, della "Tutela della salute della lavoratrice" e del "Congedo di maternità".
L'articolo 6 annuncia una serie di misure per la protezione delle lavoratrici che abbiano informato il datore di lavoro del proprio stato, per tutto il periodo della gravidanza fino al settimo mese d'età del bambino. Il successivo articolo 7 impone al datore di lavoro di sollevare tali dipendenti da mansioni pericolose, faticose o insalubri, assegnando loro altri incarichi per il periodo di riferimento, previo accertamento da parte del ministero del Lavoro della sicurezza dei contesti ambientali, garantendo altresì il mantenimento delle qualifiche e delle retribuzioni precedenti. Qualora una diversa organizzazione non sia possibile, il comma VI consente alla Pubblica amministrazione di disporre l'interdizione temporanea della lavoratrice, rinviando per tale ragione all'articolo 17.
Il Capo dedicato al congedo di maternità, a cui si affianca quello di paternità di cui al Capo IV, si apre con il generale "Divieto di adibire le donne al lavoro" nei due mesi che precedono il parto e nei tre mesi successivi allo stesso.
L'articolo 17 prevede una "Estensione del divieto" ex articolo 16, anticipando la sospensione dal lavoro a tre mesi dalla data del parto, nell'ipotesi in cui la lavoratrice svolga mansioni giudicate gravose o pregiudizievoli, secondo le previsioni del Ministero e delle organizzazioni sindacali. Ai sensi del comma II, l'Ispettorato del lavoro e l'ASL competente possono prevedere un ulteriore periodo di astensione in caso di gravidanza complicata o "a rischio"; qualora si riscontrino condizioni lavorative o ambientali dannose per la salute e la sicurezza della madre e del figlio; infine, come nel caso di specie, qualora sia impossibile assegnare alla lavoratrice funzioni diverse.
Il caso esaminato
Nel caso di specie, il Tar per il Trentino Alto Adige ha rimarcato quanto già affermato dalla costante giurisprudenza, ovvero che l'obiettivo delle disposizioni contenute nel Dlgs 151/2001 è quello di garantire una tutela completa per le lavoratrici, sia in gravidanza che nel puerperio, sollevandole da mansioni pericolose per la loro salute psico-fisica, senza che ciò comporti un sacrificio di natura economica.
Secondo quanto emerge dalla decisione 123/2022, a fronte di valori fondamentali, quali la salute e la sicurezza della madre-lavoratrice e del bambino, la legittimità di un provvedimento relativo alla concessione del periodo di astensione dipende da un'approfondita indagine da parte dell'organo competente sul contesto ambientale e lavorativo e da una precisa motivazione della determina. Qualora la Pubblica amministrazione non soddisfi adeguatamente tali indispensabili presupposti, l'atto che verrà partorito – è il caso di dirlo! - risulterà viziato sotto numerosi punti di vista, in primis per violazione di legge in relazione alle sopra menzionate norme del Testo Unico del 2001 ed eccesso di potere per difetto istruttorio, carenza motivazionale, irragionevolezza ed infine ingiustizia manifesta.