Penale

Lavoro: solo un evento “abnorme” interrompe nesso causale tra incidente e condotta del datore

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di Giuseppe Amato

La Cassazione torna e chiarisce , con la sentenza n. 31615 del 2018, in materia di infortuni sul lavoro. In tema di responsabilità per violazione della normativa antinfortunistica, compito del datore di lavoro, titolare della posizione di garanzia, è quello di evitare che si verifichino eventi lesivi dell'incolumità fisica intrinsecamente connaturati all'esercizio dell'attività lavorativa, anche nell'ipotesi in cui siffatti rischi siano conseguenti a eventuali negligenze, imprudenze e disattenzioni dei lavoratori subordinati, la cui incolumità deve essere protetta con appropriate cautele.

Esenzione dalla colpa - Il garante, dunque, ove abbia negligentemente omesso di attivarsi per impedire l'evento, non può invocare, quale causa di esenzione dalla colpa, la legittima aspettativa in ordine all'assenza di condotte imprudenti, negligenti o imperite da parte dei lavoratori, poiché il rispetto della normativa antinfortunistica mira a salvaguardare l'incolumità del lavoratore anche dai rischi derivanti dalle sue stesse imprudenze e negligenze o dai suoi stessi errori, purché connessi allo svolgimento dell'attività lavorativa. Il datore di lavoro, quindi, non può essere considerato esente da responsabilità ove il lavoratore esplichi un incombente che, anche se inutile e imprudente, rientri comunque nelle sue attribuzioni e non risulti eccentrico rispetto alle mansioni a lui specificamente assegnate, nell'ambito del ciclo produttivo.

Vi è però esonero da responsabilità del datore di lavoro ove, il nesso causale tra la sua condotta in ipotesi colposa e l'evento lesivo risulti interrotto da una causa sopravvenuta, sufficiente da sola a determinare l'evento, ciò che si verifica nei casi in cui la causa sopravvenuta inneschi un rischio nuovo e del tutto incongruo rispetto al rischio originario, attivato dalla prima condotta. Tale interruzione del nesso causale è ravvisabile qualora il lavoratore ponga in essere una condotta del tutto esorbitante dalle procedure operative alle quali è addetto e incompatibile con il sistema di lavorazione ovvero non osservi precise disposizioni antinfortunistiche, ponendo in essere un comportamento che, per la sua stranezza e imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all'applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro.

In questi casi è configurabile la colpa dell'infortunato nella produzione dell'evento, con esclusione della responsabilità penale del titolare della posizione di garanzia (nella specie, la Corte ha annullato la sentenza di condanna pronunciata a carico del titolare della posizione di garanzia evidenziando come nella eziologia dell'incidente fosse subentrata una manovra compiuta dall'infortunato che aveva innescato una categoria di rischio del tutto nuova rispetto a quella determinata dal difetto di un'adeguata manutenzione del macchinario oggetto di contestazione: il comportamento del lavoratore doveva considerarsi abnorme essendosi risolto, nella vicenda, in una condotta radicalmente, ontologicamente, lontana dalle ipotizzabili, e quindi prevedibili, scelte, anche imprudenti, di un lavoratore, nell'esecuzione del lavoro, con conseguente esonero da responsabilità del titolare della posizione di garanzia).

Sull'addebito di responsabilità - È principio assolutamente pacifico quello secondo cui, in tema di infortuni sul lavoro, l'addebito di responsabilità formulabile a carico del datore di lavoro non è escluso dai comportamenti negligenti, trascurati, imperiti del lavoratore, che abbiano contribuito alla verificazione dell'infortunio, giacché al datore di lavoro, che è “garante” anche della correttezza dell'agire del lavoratore, è imposto (anche) di esigere da quest'ultimo il rispetto delle regole di cautela (cfr. articolo 18, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81). A tale regola, si fa unica eccezione, in coerente applicazione dei principi in tema di interruzione del nesso causale, in presenza di un comportamento assolutamente eccezionale e imprevedibile del lavoratore: in tal caso, anche la condotta colposa del datore di lavoro che possa essere ritenuta antecedente remoto dell'evento dannoso, essendo intervenuto un comportamento assolutamente eccezionale e imprevedibile (e come tale inevitabile) del lavoratore, finisce con l'essere neutralizzata e privata di qualsivoglia rilevanza efficiente rispetto alla verificazione di un evento dannoso (l'infortunio), che, per l'effetto, è addebitabile materialmente e giuridicamente al lavoratore.

Comportamenti “abnormi - Ciò può verificarsi in presenza (solo) di comportamenti “abnormi” del lavoratore, come tali non suscettibili di controllo da parte delle persone preposte all'applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro. In questa prospettiva, secondo la lettura più recente e accreditata (cfr. anche, in parte motiva, Sezioni unite, 24 aprile 2014, Espenhahn e altri), il datore di lavoro non può essere chiamato a rispondere dell'infortunio subito dal lavoratore non solo quando il comportamento di quest'ultimo risulti definibile come “abnorme” e quindi non suscettibile di controllo da parte del titolare della posizione di garanzia (dovendosi considerare abnorme non solo il comportamento posto in essere in una attività del tutto estranea al processo produttivo o alle mansioni attribuite, ma anche quello “connesso” con lo svolgimento delle mansioni lavorative, ma consistito in qualcosa di radicalmente lontano dalle pur ipotizzabili e, quindi, prevedibili imprudenti scelte del lavoratore nell'esecuzione del lavoro), ma anche quando il comportamento del lavoratore, pur non abnorme di per sé, risulti “eccentrico” rispetto al rischio lavorativo che il titolare della posizione di garanzia è chiamato a “governare” (Sezione IV, 26 settembre 2014, Colella, che, da queste premesse, in una fattispecie in cui al sindaco di un comune si era addebitato un infortunio subito da uno “stradino” comunale, sul rilievo della pretesa mancata formazione sufficiente e adeguata in materia di sicurezza, ha annullato con rinvio la sentenza di condanna che non aveva approfondito se l'infortunio si fosse veramente verificato nell'ambito delle mansioni svolte dal lavoratore, sì da potersene fare discendere l'addebito di carenza di formazione; diversamente, si era finito con l'addebitare al titolare della posizione di garanzia un comportamento prevenzionale rispetto a una condotta del lavoratore di cui non si era verificata la coerenza con le mansioni; nello stesso senso, anche Sezione IV, 5 maggio 2015, Viotto, che ha attribuito rilievo “interruttivo” anche al comportamento “esorbitante” del lavoratore: nozione nella quale si sono fatte rientrare quelle condotte che fuoriescono dall'“area di rischio” che il datore di lavoro è chiamato a valutare in via preventiva, e che non rientrano nell'ambito delle mansioni, ordini, disposizioni concernenti il contesto lavorativo).

Sul punto, cfr. anche Sezione IV, 20 marzo 2018, Bozzi, laddove si è ulteriormente precisato che, nel sistema della normativa antinfortunistica, per potere considerare interrotto il nesso causale tra l'incidente e la condotta del datore di lavoro, è necessario che la condotta del lavoratore cui si vuole ricondurre la causa esclusiva dell'evento sia caratterizzata dalla c.d. abnormità, ossia da quel comportamento del lavoratore che assume valenza interruttiva del nesso di causalità fra la condotta del garante in tema di sicurezza e l'evento dannoso verificatosi a suo danno: tale condizione, peraltro, si verifica non perché il comportamento del lavoratore qualificato come abnorme sia “eccezionale”, ma perché esso risulta eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare.

Corte di Cassazione – Sezione IV – Sentenza 11 luglio 2018 n. 31615

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