Penale

Le eccezioni sulla pericolosità sociale non assorbono la sproporzione reddituale

E ammissibile l'applicazione della confisca dal momento in cui si verifica la sproporzione reddituale nel patrimonio accumulato da colui che è stato attinto da alcune sentenze di condanna

di Cristiana Rossi*

Con sentenza n. 1017 del 2020 depositata il 5 gennaio 2021 la Quinta Sezione Penale della Corte Suprema di Cassazione ha annullato il decreto emesso ai sensi dell'art. 24 del D. Lgs. n. 159/11 dalla Corte d'Appello di Roma confermativo della confisca disposta dal Tribunale di Latina ai sensi dell0art. 24 del D. Lgs. n. 159/11, con rinvio alla stessa sezione in diversa composizione collegiale al fine valutare la pericolosità del proposto.

Il Tribunale pontino di primo grado difatti aveva applicato al proposto la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di dimora abituale, e la misura patrimoniale della confisca dei beni ex art. 24 D. Lgs. n. 159/11.

Il proposto ed i terzi promuovevano ricorso per Cassazione sollevando numerose eccezioni, legate all'inosservanza dell'art. 1 lett.b) D. Lgs. n. 159/2011 relativamente all'individuazione delle condotte che costituiscono il presupposto della pericolosità generica, senza recepire le definizioni fornite dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 24/2019.

Il ricorrente sosteneva di non aver evaso le imposte avendo aderito al cosiddetto "condono tombale" ritenendo altresì, che ciò comportasse l'impossibilità di attribuire a tale elemento il valore di un arricchimento illecito e quindi ai fini della sproporzione. Altra rimostranza consisteva nell'aver considerato come elemento idoneo ad integrare il requisito dell'abitualità, vicende inerenti ad indagini penali poi non concluse con una sentenza di condanna, ma con un decreto di archiviazione.

Con riguardo ai terzi interessati (membri del suo nucleo familiare), il proposto sosteneva che proprio l'esistenza di un unico centro di spesa costituirebbe la conferma di non aver mai delegato la sua attività. Sulla scorta della sentenza n. 24/2019 della Corte cost., anche i terzi interessati sollevarono diverse eccezioni in linea con quelle già sollevate dal proposto stesso.

La Cassazione afferma che il precedente agire del proposto rappresenta un "indice rivelatore" della possibilità di compiere nuovamente condotte contrarie all'ordine sociale costituzionale ovvero dell'ordine economico, qualificando quindi le diverse categorie di pericolosità ai sensi dell'attuale D. Lgs. n. 159/11 artt. 1 e 4. Da ciò si deve ricostruire il rapporto tra accertamento in sede penale e nel procedimento di prevenzione.

Nel caso di una sentenza penale assolutoria - ritiene la Corte - il principio dell'autonoma valutazione si è quasi esclusivamente affermato con specifico riferimento alla contiguità mafiosa e dalla descrizione di una categoria criminologica, ma con una condotta partecipativa piena (art.416 bis) che, considerate le stesse circostanze di fatto, tollera i due settori dell'ordinamento.

L'autonomia di valutazione del procedimento di prevenzione non può essere sostenuta quando l'assoluzione esclude la sussistenza dei presupposti per la realizzazione della fattispecie (elemento materiale o dolo), sostenendo così la mancanza del presupposto principale per l'applicazione della misura

Ai sensi dell'art. 1, comma 1, lett. b) del D. Lgs. n. 159/11 il giudice della prevenzione non può tenere conto del fatto per il quale il soggetto è stato assolto, ciò in virtù del principio di "tassatività e di unitarietà dell'ordinamento e di non contraddizione" svilendo altresì la pienezza cognitiva dell'accertamento penale. Ciò può accadere soltanto per i fatti relativamente ai quali la sentenza assolutoria non sia divenuta irrevocabile. Stesso dicasi per le sentenze di proscioglimento per intervenuta prescrizione.

La Suprema Corte ha quasi integralmente accolto le eccezioni del proposto e dei terzi interessati, che appaiono formulate nell'ottica di un una difesa incardinata nell'ambito di un procedimento penale ignorando il così détto binario parallelo della misura di prevenzione che, seppur attingendo le necessarie notizie anche dal procedimento penale, di procedimento penale puro non si tratta.

Le eccezioni sollevate dai terzi interessati, sono incentrate sull'insussistenza della pericolosità del proposto, laddove invece il terzo interessato - di norma - ne è colpito soltanto indirettamente, e deve dimostrare che l'intestazione dei singoli beni in suo favore non è frutto di interposizione fittizia, bensì di acquisto effettuato con proventi leciti nella sua disponibilità. I terzi interessati dunque devono dedurre nei contenuti per essi stessi e non per il proposto. Nulla chiarisce la Corte in merito al presupposto indispensabile della sproporzione reddituale.

La Cassazione considera assorbite tutte le altre eccezioni di natura economica, non prendendo affatto in esame la sproporzione patrimoniale accertata in primo grado e confermata dalla Corte d'appello di Roma, come se si trattasse di un elemento di per sé non idoneo, unitamente ai numerosi procedimenti penali che avevano attinto il proposto, ad offrire un forte elemento di valutazione di pericolosità.

Per meglio comprendere il percorso argomentativo sviluppato dalla Cassazione, doverosa è la lettura attenta del decreto d'appello impugnato, richiamato in più passi dalla stessa Corte Suprema. Il giudice d'appello precisa che pur avendo la DIA di Roma richiesto la misura inquadrando le ipotesi di pericolosità disciplinate dalle lettere "a" e "b" dell'art. 1 del Codice Antimafia, il Tribunale di Latina applicava la misura inquadrando la pericolosità del proposto esclusivamente alla lettera "b".

Non avendo una funzione "sanzionatoria" ma bensì "ripristinatoria" le misure di prevenzione non richiedono una normazione particolarmente dettagliata, potendo la giurisprudenza soccorrere ad eliminare eventuali dubbi interpretativi.

In merito ai procedimenti penali conclusi con archiviazione, il Giudice d'appello riporta nel decreto di conferma della confisca – in relazione ad un procedimento penale concluso con l'archiviazione – che la richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero di molti anni prima (oltre dieci) non era stata trasmessa al Gip, il quale l'ha accolta soltanto recentemente limitandosi ad aderire integralmente ai motivi indicati dal Pubblico Ministero.

L'archiviazione dunque è stata disposta in concomitanza con il procedimento di prevenzione, per di più con una formula generica di rito tale da non consentire la valutazione della motivazione. Stessa formula di accoglimento fu utilizzata per un altro procedimento penale.

La normativa anti-mafia si basa su elementi di fatto e non sulle sentenze di condanna. Il fatto quindi di essere attinto da così tanti procedimenti penali tutti molto simili nell'arco di vent'anni, è esso stesso un fatto che unito alla sproporzione reddituale con accumulazione di un considerevole patrimonio, costituiscono gli elementi richiesti per l'applicazione della misura in discorso.

La mutazione della definizione da "traffici illeciti" a "traffici delittuosi" ha reso la norma di cui alla lett. a) "specializzante" con il risultato di restringere la pericolosità a soggetti che avrebbero potuto essere ricompresi nella già esistente disposizione di cui alla lett. b) dell'art. 1. Prendendo atto delle difficoltà della giurisprudenza di giungere ad una interpretazione unitaria e condivisa, la Corte cost. ha posto rimedio dichiarandone l'illegittimità costituzionale con la sopracitata sentenza n. 24/2019.

Considerando assorbite tutte le altre questioni la Cassazione dimentica che la pericolosità viene stabilita anche in base alla sproporzione reddituale rapportata al considerevole patrimonio accumulato. Difatti la stessa Corte costituzionale con la sentenza n. 24/2019 fa preciso riferimento anche alla giurisprudenza della Corte europea per i diritti dell'uomo (sentenza Gogitidze e altri contro Georgia del 2015), che considera assolutamente convenzionalmente compatibile la decisione di confisca nei confronti dell' incensurato.

Pertanto è decisamente ammissibile l'applicazione della confisca dal momento in cui si verifica la sproporzione reddituale nel patrimonio accumulato da colui che è stato attinto da alcune sentenze di condanna. Infine si rileva che i reati non devono essere necessariamente lucrogenetici, perché è più che sufficiente che essi stessi siano indicativi di un esercizio dell'impresa non conforme alle regole dell'economia legale.

Una rilevante sproporzione patrimoniale è sempre idonea a perimetrare la pericolosità del proposto dalla data di inizio della stessa, ciò soprattutto quando si tratta di un pregiudicato.

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*Amministratore giudiziario
Docente Università Unicusano di Roma - Master II livello "Amministrazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata"
Membro del Comitato Scientifico Fondazione School University

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