Le mani della criminalità sugli attivi non distribuiti
È facendo leva su un “baco” della Legge fallimentare, non corretto dal Codice della crisi, che a un’organizzazione criminale diventa possibile accaparrarsi il totale di attivi non distribuiti al termine delle procedure fallimentari. Ed è un po’ la punta di un iceberg criminale quanto scoperto dalla Procura di Milano che ieri ha condotto all’esecuzione di sei arresti tra i quali un ex cancelliere del tribunale e alcuni curatori fallimentari e amministratori di società.
Nel dettaglio, sulla base dell’articolo 232 del Codice della crisi (che riproduce l’articolo 117 della Legge fallimentare), per i creditori che al termine della procedura non si presentano o sono irreperibili le somme dovute sono nuovamente depositate presso ufficio postale o banca. Passati cinque anni dal deposito, le somme non riscosse dagli aventi diritto e i relativi interessi, se non richieste da altri creditori, rimasti insoddisfatti, sono versate allo Stato. Il giudice, anche se è intervenuta l’esdebitazione del fallito, su ricorso dei creditori rimasti insoddisfatti dispone la distribuzione delle somme non riscosse fra i soli richiedenti.
Un esempio chiarisce meglio: procedura con 2 milioni di attivo e 10 milioni di passivo; 1 milione viene diviso tra cinque creditori insinuatisi tempestivamente e soddisfatti al 20 per cento. La procedura viene chiusa nel 2014 con un attivo di 1 milione non distribuito e depositato in cancelleria in quattro libretti intestati ai creditori irreperibili. Nel 2017 si fa vivo Caio, amico del cancelliere che detiene i libretti, e sostiene di aver comprato da Tizio il credito di 2 milioni che Tizio (creditore irreperibile) vanta nei confronti della procedura (esibendo un contratto di cessione del credito del 2009 in cui la firma di Tizio, nel frattempo morto, è autenticata da un funzionario del piccolo comune dove risiede Caio).
Il tribunale libera a favore di Caio il libretto di Tizio che, secondo il riparto, doveva avere 400mila euro (20% del suo credito). Nel 2019, qualche mese prima che il residuo 1,6 milioni di euro venga incamerato dal ministero della Giustizia, Caio fa una nuova istanza e, essendo l’unico che si fa vivo, si prende anche gli altri 600mila euro dato che ha un credito insoddisfatto di 1,6 milioni di euro. Con buona pace dei cinque creditori (fornitori e dipendenti) che avevano un credito vero (non soddisfatto per l’80%) e che si sono insinuati tempestivamente dieci anni prima.
L’indagine di Milano, ma anche quelle di altre Procure testimonia un forte interesse di associazioni criminali per gli attivi non distribuiti, contando sulla disponibilità di funzionari pubblici o professionisti in possesso di un dato certo sensibile come quello sulla presenza di attivi spettanti a creditori irreperibili.