Lavoro

Le prescrizioni minime del diritto alla disconnessione proposte dal Parlamento Europeo

La risoluzione sul diritto alla disconnessione prende le mosse dall'assenza, a livello comunitario, di una normativa specifica sul diritto dei lavoratori alla disconnessione dagli strumenti digitali e dalla conseguente necessità di costituire un quadro normativo comunitario che individui le prescrizioni minime per l'esercizio di tale diritto

di Vittorio De Luca*, Alessandra Zilla**


Il 21 gennaio scorso il Parlamento Europeo ha approvato la risoluzione recante raccomandazioni alla Commissione sul diritto alla disconnessione (2019/2181(INL).

Con tale locuzione si intende – come precisato dal Parlamento – il "diritto dei lavoratori di non svolgere mansioni o comunicazioni lavorative al di fuori dell'orario di lavoro per mezzo di strumenti digitali, come telefonate, email o altri messaggi".

Il documento è stato approvato, non a caso, nel contesto emergenziale, durante il quale, secondo i dati forniti da Eurofound, oltre un terzo dei lavoratori dell'Unione ha cominciato a lavorare da casa, rispetto al 5% che già lavorava a distanza prima della crisi: la modifica delle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa e l'utilizzo sempre maggiore degli strumenti digitali hanno portato, come si legge nella risoluzione, alla "nascita di una cultura del "sempre connesso" … che può andare a scapito dei diritti fondamentali dei lavoratori".

La risoluzione prende le mosse dall'assenza, a livello comunitario, di una normativa specifica sul diritto dei lavoratori alla disconnessione dagli strumenti digitali e dalla conseguente necessità di costituire un quadro normativo comunitario che individui le prescrizioni minime per l'esercizio di tale diritto.

Il contenuto di tali "prescrizioni minime" è stato formulato in una proposta di direttiva allegata alla risoluzione. Soggetti interessati dalla relativa applicazione sono tutti i lavoratori, indipendentemente dalle concrete modalità di svolgimento della prestazione lavorativa e dal fatto che siano impiegati nel settore privato o pubblico.

Nei 14 articoli di cui si compone la proposta, si prescrive agli Stati membri di garantire che i datori di lavoro adottino le misure necessarie per fornire ai lavoratori i mezzi per esercitare il diritto alla disconnessione, ribadendo la necessità - già rimarcata dalla Corte di Giustizia Europea con la sentenza del 14 maggio 2019 – di istituire un sistema "oggettivo, affidabile e accessibile" che consenta la misurazione dell'orario di lavoro giornaliero.

Secondo il progetto di direttiva, le modalità pratiche per l'esercizio, da parte del lavoratore, del diritto alla disconnessione e per l'attuazione di tale diritto da parte del datore del lavoro devono essere stabilite previa consultazione delle parti sociali, anche attraverso la stipulazione di accordi collettivi. Viene inoltre prescritto che gli Stati membri garantiscano che i datori di lavoro forniscano ai lavoratori una dettagliata informativa scritta relativa:

(i) alle modalità per scollegarsi dagli strumenti digitali,

(ii) al sistema di misurazione dell'orario,

(iii) alla valutazione sulla salute e sicurezza sul lavoro,

(iv) alle misure di tutela contro trattamenti sfavorevoli,

(v) ai criteri per la concessione di deroghe a tale diritto e, specularmente, ai criteri per la compensazione del lavoro svolto al di fuori dell'orario lavorativo.

Al fine di rendere effettivo il diritto alla disconnessione e di proteggere i lavoratori da qualsiasi misura discriminatoria o ritorsiva, la proposta avanzata dal Parlamento europeo sottolinea altresì la necessità di introdurre un sistema sanzionatorio in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in conformità a quanto prescritto dalla direttiva.

Nell'attuale contesto normativo italiano il diritto alla disconnessione è richiamato esclusivamente con riferimento alla disciplina dello smart working, essendo inserito tra gli elementi che devono essere indicati nell'accordo individuale.

La legge sul lavoro agile (L. 81/2017) dispone infatti che l'accordo contenga le "misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro".

A ben vedere, dunque, nell'attuale contesto normativo italiano e a differenza di quanto proposto dal Parlamento Europeo, il riconoscimento di tale "diritto" (sebbene la formulazione letterale della norma interna non lo qualifichi neppure espressamente come tale) è previsto solo a favore dei lavoratori in modalità agile e, essendo demandato ad un accordo individuale, comporta il rischio che dipendenti della medesima azienda si vedano riconosciuti diritti differenti o esercitabili con modalità differenti.

Oltre al limitato ambito d'applicazione e ad una gestione "privatistica" del diritto, la norma nazionale non prevede uno specifico sistema sanzionatorio nell'ipotesi di violazione del diritto alla disconnessione, che pure costituisce una delle prescrizioni minime contenute nella proposta di direttiva.

Con l'approvazione della norma comunitaria, l'Italia dovrà pertanto adattare la sua legislazione in materia di diritto alla disconnessione alle nuove indicazioni dettate in ambito comunitario.

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*Managing Partner De Luca & Partners

**Senior Associate De Luca & Partners

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