Comunitario e Internazionale

Le sanzioni internazionali come strumenti di politica estera

Le misure in vigore in Europa e USA

Ukraine Russia Trade as two opposing cargo ships from Ukrainian and Russian ports as an economic dispute over commodity imports and exports concept as a 3D illustration.

di Andrea Di Comite, Mirco Semeraro*

Le sanzioni internazionali come strumenti di politica estera

In campo internazionale, le sanzioni divengono veri e propri strumenti di politica estera, sovente impiegate per sostenere le iniziative diplomatiche o affrontare situazioni crisi. Sempre più spesso l’Unione Europea, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, per restare agli esempi più recenti, ricorrono all’adozione di pacchetti sanzionatori nei confronti di altri stati, organizzazioni ed individui. Tra i principali paesi destinatari di sanzioni troviamo la Russia, l’Iran, Cuba, il Venezuela e la Siria: ne consegue che qualsiasi attività commerciale svolta da e verso tali paesi deve necessariamente passare attraverso una attenta verifica della normativa nazionale e sovranazionale applicabile.

Ad esempio, nonostante il conflitto russo-ucraino sia passato in secondo piano rispetto ai recenti avvenimenti israelo-palestinesi, il commercio – da e verso la Russia – rimane tutt’ora un rebus per gli operatori economici italiani e non solo.

La cornice sanzionatoria europea

In merito, anche oltre i confini del continente europeo, tutta la componente occidentale della comunità internazionale è stata compatta nell’adozione di misure restrittive; gli Stati Uniti hanno stabilito un quadro di sanzioni ancora più ampio, giungendo ad imporre un divieto per le importazioni di petrolio, prodotti derivati, gas naturale liquefatto e carbone dalla Russia.

L’Unione europea, invero, a seguito dell’annessione della Crimea e della destabilizzazione dell’Ucraina, ha imposto, a partire dai primi mesi del 2014, una moltitudine di misure restrittive nei confronti della Russia.

Dette sanzioni sono state implementate (ad oggi contiamo dodici pacchetti sanzionatori), in termini soggettivi e oggettivi, a seguito dell’aggressione all’integrità territoriale, alla sovranità e all’indipendenza dell’Ucraina.

Invero, le misure restrittive in essere, oltre a comprendere il congelamento dei beni e il divieto di mettere fondi a disposizione delle persone e delle entità “listate, fra cui compaiono i 351 membri della Duma di Stato russa – unitamente ad altri soggetti e compagini sociali di alto profilo, indiziati di aver contribuito a compromettere l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina – hanno introdotto ulteriori sanzioni economiche.

Tra queste ultime sussistono i divieti che limitano i flussi finanziari dalla Russia all’UE, vietando l’accettazione di depositi, superiori a determinati importi, di cittadini o residenti russi, nonché, la tenuta di conti correnti di clienti russi da parte dei depositari centrali di titoli dell’UE e la vendita di titoli denominati in euro a clienti russi.

Inoltre, appaiono rilevanti le misure concernenti il settore dell’energia, con particolare riferimento ai divieti di importazione di carbone dalla Russia e di esportazione di beni e tecnologie utili per la raffinazione del petrolio e, quello dei trasporti, quali la chiusura dei porti e delle strade UE alle navi e ai trasportatori russi, nonché dello spazio aereo europeo a tutti gli aeromobili di proprietà russa. Il quadro sanzionatorio, infine, è completato da alcune misure concernenti il comparto militare e i beni di lusso.

La cornice sanzionatoria statunitense

Lato Stati Uniti, invece, il programma di sanzioni relative all’Ucraina/Russia, attuato dall’Office of Foreign Assets Control – OFAC, ha disposto misure reali patrimoniali (cd. Blocking Sanctions ), adottate anch’esse nei confronti di persone, sia fisiche che giuridiche, inserite all’interno delle “ liste di designazione statunitensi (cd. SDN list). Il programma di sanzioni relative all’Ucraina/Russia attuato dall’Office of Foreign Assets Control – OFAC è iniziato il 6 marzo 2014, quando il Presidente Obama, nell’ordine esecutivo (E.O.) 13660, ha dichiarato un’emergenza nazionale per affrontare la minaccia rappresentata dalle azioni intraprese dal Governo della Federazione Russa, tese a minare i processi democratici e le istituzioni democratiche in Ucraina, anche attraverso l’annessione della Crimea al territorio della Federazione.

Tale grave situazione sociopolitica, condusse il Governo degli Stati Uniti d’America all’adozione di numerose misure economiche e restrittive tutt’ora in vigore.

Parallelamente, sono state predisposte sanzioni economiche settoriali nei confronti di enti operanti in specifici ambiti dell’economia russa, oltre ad un più generale divieto, gravante sui cd. US-subject (persone fisiche e giuridiche sottoposte alla giurisdizione statunitense), di avviare attività economiche, quali nuovi investimenti, esportazioni e/o importazioni di beni, tecnologie e servizi provenienti dalla regione della Crimea o indirizzati verso tale zona.

Con i più recenti Ordini Esecutivi collegati alla “ questione ucraina ”, similmente a quanto già visto in occasione dell’adozione delle sanzioni statunitensi promulgate verso Iran e Venezuela, Washington intende applicare il principio di massima pressione” su Mosca, vietando l’importazione/esportazione di alcune categorie di beni ritenuti di origine russa, tra cui rientrano pesce, crostacei, molluschi (e le loro preparazioni), bevande alcoliche, diamanti sintetici e beni di lusso, nonché, petrolio, carburanti, derivati del petrolio, gas, carbone e minerali fossili in generale.

Conclusioni

In definitiva, quindi, lato europeo, abbiamo assistito ad una estensiva applicazione delle previsioni contenute nell’art. 215 TFUE, concretizzatasi nell’adozione di sanzioni economiche, finanziarie, settoriali ed individuali. Oltre oceano, invece, gli Stati Uniti, affilando le armi del Dipartimento del Tesoro e dell’OFAC, hanno stabilito un quadro di sanzioni ancora più ampio, giungendo ad imporre un divieto per la maggior parte dei beni vitali per l’economia della Federazione Russa.

Infine, per completezza, anche altri membri del G7, oltre che l’Australia, hanno adottato misure simili a quelle disposte nel quadro dell’Unione e dal Governo USA. In questo senso, si pensi, ad esempio, al Regno Unito che ha proibito l’accesso ai propri porti alle navi battenti bandiera russa; il Canada, per altro verso, ha stabilito “ sanzioni energetiche ”, con specifico riferimento alle importazioni di petrolio (non sono invece vietate le importazioni dalla Russia di prodotti derivati dal petrolio). Va sottolineato come altri Paesi europei, non membri dell’organizzazione, abbiano adottato sanzioni simili, come nel caso della Norvegia e della Svizzera.

Nello scenario così descritto, agli operatori commerciali e ai loro consulenti spetta la valutazione, da compiersi attraverso una non semplice esegesi normativa di Regolamenti, Decisioni Europee o Ordini Esecutivi statunitensi, degli impatti di tali disposizioni sulla loro attività commerciale.

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*A cura di Andrea Di Comite e Mirco Semeraro di Polis Avvocati

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