Leasing: risoluzione anticipata del contratto, illegittima l'acquisizione dei canoni riscossi
Lo precisa la Cassazione con l'ordinanza n. 17752/2023
Nel leasing traslativo in caso di risoluzione anticipata del contratto (per inadempimento dell'utilizzatore) è stata dichiarata illegittima la penale che consente al concedente di mantenere la proprietà del bene e al tempo stesso di acquisire i canoni maturati fino al momento della risoluzione, ciò comportando un indebito vantaggio derivante dal cumulo della somma dei canoni e del residuo valore del bene. Lo precisa la Cassazione con l'ordinanza n. 17752/2023.
Lo svolgimento dei fatti
La complessa vicenda si è originata in forza dell'autonomia disposta dall'articolo 1526 del codice civile (risoluzione del contratto) che istituisce la clausola penale (cosiddetta "clausola di confisca") e, quindi, il risarcimento del danno spettante al concedente in ipotesi di risoluzione del contratto di "leasing" traslativo per inadempimento dell'utilizzatore. Si parla di danno perché è di tutta evidenza che il concedente abbia l'interesse a che il contratto termini con l'esercizio dell'opzione di acquisto da parte dell'utilizzatore. Nella decisione della Cassazione, pertanto, è stata ritenuta coerente la penale inserita nel contratto di "leasing" traslativo che prevede la complessa operazione matematica di acquisizione dei canoni riscossi con detrazione, dalle somme dovute al concedente, dell'importo ricavato dalla futura vendita del bene restituito. «Per cui se il concedente ha il diritto di mantenere i canoni versati, resta fermo il diritto dell'utilizzatore "di ripetere l'eventuale maggior valore che dalla vendita del bene (a prezzo di mercato)" ricavi il concedente, "rispetto alle utilità che (quest'ultimo) ... avrebbe tratto dal contratto qualora finalizzato con il riscatto del bene».