Civile

Legge delega fiscale - Riscritta la disciplina dell’autotutela in campo tributario: i limiti della riforma

In base allo schema di decreto legislativo delegato, il Governo introduce finalmente l’obbligatorietà dell’esercizio del potere di autotutela

di Beatrice Fimiani, Davide Landa*

In base allo schema di decreto legislativo delegato, il Governo introduce finalmente l’obbligatorietà dell’esercizio del potere di autotutela.

A ben vedere, il Legislatore delegato introduce una vera e propria distinzione tra i casi in cui l’esercizio del potere di autotutela diverrebbe obbligatorio e i casi in cui, viceversa, detto potere darebbe luogo ad un esercizio meramente facoltativo.

Al di là della poco felice formulazione normativa che punterebbe, a stretto rigore, su un ossimoro giuridicamente improprio (“l’obbligo di autotutela”), la disposizione licenziata dal Governo sembrerebbe introdurre, piuttosto, l’ “obbligo di provvedere” anche senza necessità di istanza di parte – nei casi in cui la discrezionalità dell’Amministrazione Finanziaria dovrebbe necessariamente recedere di fronte a fatti che rendono manifestamente illegittima la pretesa impositiva.

Tuttavia, sembrerebbe che la riforma sia stata poco coraggiosa poiché è evidente che l’ “obbligo di provvedere” imposto dal Legislatore delegato non pregiudica l’esistenza di un potere discrezionale dell’amministrazione finanziaria, il quale potrebbe essere, al limite, valutato sotto il profilo della responsabilità contabile e solo per le ipotesi specificatamente sorrette da dolo. Oltre queste ipotesi, dunque, permane intatta la prerogativa della discrezionalità amministrativa, la quale pure potrebbe risolversi in un esercizio negativo del potere di autotutela ovvero in un vero e proprio diniego di autotutela, sia esso esplicito ovvero implicito.

A questo punto, resterebbe intatto l’interrogativo circa i possibili rimedi avverso l’esercizio negativo del potere di autotutela, posto che la norma nulla prevederebbe al riguardo. Non è previsto infatti espressamente il potere di impugnazione del diniego espresso di autotutela ma nemmeno il potere di impugnazione del diniego tacito di autotutela o meglio non è previsto un espresso rimedio rispetto alla mancata osservanza dell’obbligo di provvedere.

In questo senso, l’operazione normativa – lodevole sotto il profilo delle finalità – di voler sostituire le parole “ può procedere in tutto o in parte all’annullamento ” con le parole “ procede in tutto o in parte all’annullamento ” appare svuotata della sua (almeno nelle intenzioni) portata innovativa.

Pertanto, rispetto ai possibili vuoti di tutela cui l’introduzione dell’obbligatorietà era preordinata, occorrerà ancora una volta fare ricorso ai principi generali già affermati dalla giurisprudenza della Suprema Corte (v. ex multis, Cass. civ., Ordinanza n. 7318/2022 del 7 marzo 2022 ) e della Corte Costituzionale (v. sentenza Corte Cost. n. 181/2017 del 21 giugno 2017 ), laddove l’impugnabilità del diniego di autotutela è in principio ammissibile nella misura in cui si assuma la violazione di un rilevante interesse di portata generale e che spinge, inevitabilmente, ad una non sempre facile valutazione di bilanciamento, avuto riguardo al caso concreto, tra l’interesse alla corretta esazione dei tributi e l’interesse pubblico alla certezza dei rapporti giuridici.

A ben vedere, dunque, la riforma non risolve i problemi che l’istituto recava (e tutt’ora reca) con sé nella misura in cui la norma non si spinge (purtroppo) sino al limite di voler trasformare il procedimento di autotutela, per sua intima natura officioso e discrezionale, in un procedimento ad istanza di parte da concludere con un provvedimento espresso.

Al di là di queste considerazioni, la novellata disciplina nell’abrogare espressamente le precedenti fonti di disciplina dell’istituto in discorso (i.e. l’art. 2-quater del D.L. n. 564/1995 ed il D.M. 11 febbraio 1997, n. 37), dimentica, in maniera grave, di riproporre quelle norme disciplinanti espressamente l’istituto della sospensione amministrativa, di definizione agevolata delle sanzioni, per il caso di revoca e/o annullamento parziale dell’atto impositivo, alle medesime condizioni esistenti alla data di notifica dell’atto originario, oltre alla disciplina sul divieto di autonoma impugnabilità degli atti di annullamento o revoca.

Trattasi di istituti introdotti con D.Lgs. n. 159/2015, già frutto di una faticosa elaborazione operata in sede di attuazione della precedente legge delega di riforma del sistema fiscale (legge 11 marzo 2014, n. 23), che aumentavano di misura o quantomeno chiarivano espressamente il livello di tutela cui il contribuente poteva fare affidamento e che, auspicabilmente, non possono non trovare ulteriore replica nel novellato istituto del procedimento di autotutela.

L’impressione, più in generale, è che la ben più articolata disciplina previgente, a prescindere dalla previsione di obbligatorietà di provvedere e pur con i limiti sin qui accennati, offrisse – nel suo concreto dispiegarsi – maggiori spazi di tutela del contribuente.

La nuova disciplina – pure ispirata da lodevoli intenzioni – non coglie dunque perfettamente nel segno ed è pertanto auspicabile che il Legislatore delegato vi ponga quanto prima rimedio.

_____
*A cura dell’ Avv. Beatrice Fimiani, Partner e dell’Avv. Davide Landa, Senior Associate - CMS Studio Legale Tributario

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©