Comunitario e Internazionale

Legge di delegazione europea, test di proporzionalità per l’accesso alle professioni

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di Marina Castellaneta

La legge di delegazione europea apre le porte all’ingresso in Italia della direttiva 2018/958 relativa a un test della proporzionalità prima dell’adozione di una nuova regolamentazione delle professioni. Il termine di recepimento previsto dall’atto Ue è il 30 luglio 2020 e, quindi, con la delega al governo contenuta nella legge di delegazione, l’Italia dovrebbe arrivare in tempo all’appuntamento. L’atto Ue, da un lato, non fa che codificare i principi affermati in diverse occasioni dalla Corte Ue che, in materia di accesso alle professioni regolamentate, ha fissato limiti agli Stati nel segno della libera circolazione dei professionisti e delle esigenze dei destinatari dei servizi, inclusi i consumatori. Dall’altro lato, però, la direttiva impone una valutazione ex ante, codificando i passaggi che gli Stati sono tenuti a seguire prima dell’adozione di nuove regole per l’accesso a una professione regolamentata. Un quadro comune, quindi, imposto agli Stati membri vincolati a valutare la proporzionalità di ogni misura prima dell’adozione di nuove disposizioni legislative, regolamentari o amministrative che limitano l’accesso o l’esercizio di una professione regolamentata, nonché a rimuovere eventuali limiti esistenti – con un possibile restyling di alcuni settori – per rispettare il principio di proporzionalità. L’obbligo di valutazione della proporzionalità – precisa la direttiva – vale anche nei casi in cui il potere regolamentare sia attribuito a un ordine professionale.

Nel decreto legislativo, il governo dovrà individuare, in linea con l’articolo 4 della direttiva, il percorso da seguire per dimostrare la proporzionalità di una misura, tenendo conto della circostanza che l’onere della prova è a carico delle autorità nazionali, tenute a motivare la scelta e a presentare un’analisi dell’idoneità e della proporzionalità del provvedimento. La valutazione dovrà essere accompagnata da «una spiegazione sufficientemente dettagliata» per la verifica del rispetto del principio di proporzionalità, nonché da elementi qualitativi e quantitativi idonei a giustificare la proporzionalità. Un blocco iniziale è fissato dalla direttiva che impone agli Stati di non introdurre ragioni di carattere puramente economico, come la promozione dell’economia nazionale, o motivi di natura amministrativa, per limitare l’accesso o l’esercizio delle professioni regolamentate. Il perimetro di intervento degli Stati, inoltre, è ancora più limitato perché è la stessa direttiva a fissare i motivi di interesse generale che possono giustificare restrizioni. Inoltre, la Commissione Ue vigilerà e monitorerà gli interventi statali, anche grazie all’obbligo per le autorità nazionali di comunicare a Bruxelles le motivazioni che portano a una restrizione di accesso o di esercizio di una professione, con la registrazione nella banca dati delle professioni regolamentate prevista dalla direttiva 2005/36.

Nel testo di recepimento della direttiva dovrà essere inserito anche un meccanismo di consultazione preventiva che deve coinvolgere tutti i portatori di interessi inclusi “coloro che non esercitano la professione interessata”. Per garantire effettività ai principi affermati nella direttiva dovranno essere previsti mezzi di ricorso per gli interessati.

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