Penale

Legittima l'applicabilità delle misure di sicurezza nei confronti del minore di 14 anni "socialmente pericoloso"

Nota a Corte di Cassazione, Sez. III Penale, Sentenza 10 giugno 2021, n. 22830

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di Camilla Insardà*

Nel caso in esame, la difesa di un minore degli anni quattordici ha impugnato la sentenza di non luogo a procedere emessa dal Tribunale per i Minorenni di Catania, con la quale tuttavia è stata confermata la precedente valutazione di pericolosità sociale effettuata dal G.I.P. E la conseguente applicazione della misura di sicurezza del riformatorio giudiziario in forma di collocamento in comunità, ex articolo 22 del D.P.R. 448/1988. Insistendo sull'illogicità della motivazione, in relazione all'apprezzamento degli elementi indiziari, il ricorrente ha contestato l'errata applicazione dei criteri ex articoli 37, comma II del citato D.P.R., 202, 203 e 224 del Codice Penale.

Conformemente a quanto affermato dalla consolidata giurisprudenza, il Collegio ha ribadito l'impossibilità di effettuare, in sede di legittimità una nuova e diversa valutazione in merito alle risultanze processuali e alla sostenibilità logica della precedente decisione. Pertanto, ritenendo corretta la valutazione della pericolosità sociale del giovanissimo imputato e la conseguente necessità di applicare la misura di sicurezza in questione, con sentenza del 10 giugno 2021 n. 22830, la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, ritenendolo manifestamente infondato.

Com'è noto, l'articolo 97 del Codice Penale afferma l'assoluta non imputabilità del soggetto che non abbia compiuto gli anni quattordici, presupponendone l'immaturità fisica e psichica, tanto che, con una decisione risalente al 1983, i giudici di legittimità hanno affermato la giuridica inesistenza della sentenza pronunciata contro il minore non imputabile al momento del fatto.

L'articolo 26 del Codice del processo minorile n. 448/1988 prevede espressamente che qualora il giudice accerti che l'imputato non ha raggiunto i quattordici anni debba essere pronunciata, anche d'ufficio, sentenza di non luogo a procedere. Come ha specificato la Cassazione in una sentenza del 2009 n. 49863, "l'articolo 97 c.p. stabilisce una presunzione assoluta di non imputabilità e, quindi, anche di assoluta incapacità processuale che prescinde dall'effettivo riscontro della capacità di intendere e di volere in capo al minore infraquattordicenne".

Ferma, dunque, la non punibilità dell'imputato minore degli anni quattordici, un discorso diverso vale per l'applicabilità delle misure di sicurezza nei confronti dell'autore di un reato, giudicato socialmente pericoloso. Ai sensi dell'articolo 202 è socialmente pericoloso colui che, anche se non imputabile o non punibile, abbia commesso un reato ed è probabile ne commetta altri, secondo una valutazione prognostica globale effettuata dal giudice.

Fatta questa generale premessa, la sentenza 22830/2021 consente di riflettere sul procedimento di applicazione delle misure di sicurezza nei confronti dell'imputato minorenne, prestando particolare attenzione all'istituto del riformatorio giudiziario.

Quest'ultimo, già previsto dall'articolo 223 del Codice Penale, è una misura di sicurezza detentiva applicabile a tutti i minori, imputabili e non, che abbiano commesso un delitto e siano ritenuti socialmente pericolosi.

Sin dalla sentenza 2268/1972 la Cassazione ha avuto ben presente la finalità risocializzante che muove il Legislatore in ambito minorile, anche ne settore delle misure di sicurezza detentive come il ricovero in riformatorio giudiziario ex articolo 223, equiparato alle altre misure rieducative. Tali obiettivi, tuttavia, sono stati meglio specificati e perseguiti con il D.P.R. 22 settembre 1988 n. 448, il cui Capo IV è espressamente dedicato al "Procedimento per l'applicazione delle misure di sicurezza".

I fatti descritti nella sentenza in commento sono facilmente riconducibili nel panorama descritto dall'articolo 37, il quale prevede che con la sentenza di non luogo a procedere, emessa ai sensi degli articoli 97 e 98 del Codice Penale, il giudice possa provvisoriamente applicare, su richiesta del P.M., una misura di sicurezza, tenendo conto delle circostanze e della personalità del reo e previo accertamento delle condizioni ex articolo 224 del Codice Penale.

Tale ultima disposizione consente al giudice di applicare la misura del riformatorio giudiziario (o della libertà vigilata) anche al minore degli anni quattordici, purché ovviamente sia ritenuto socialmente pericoloso, secondo una valutazione che tenga conto della gravità del fatto commesso e delle condizioni morali e materiali della famiglia del soggetto.

I diversi dubbi di legittimità costituzionalità suscitati sia dagli articoli 206 e 224 del Codice Penale, sia dagli articoli 37 e 38 del D.P.R. 448/1988, in relazione agli articoli 2, 3, 10, 24, 31 e 111 della Costituzione, laddove è permessa l'applicazione delle misure di sicurezza anche nei confronti degli infraquattordicenni, senza limiti d'età, sono stati risolti dall'ordinanza 117/2009, con cui la Consulta ha dichiarato manifestamente infondata ogni questione.

Come si è detto poc'anzi, l'entrata in vigore del Codice del processo minorile del 1988 ha portato alla disapplicazione della disciplina contenuta nell'articolo 223 del Codice Penale, a favore di una normativa più adeguata all'obiettivo di rieducazione del minore.

Innanzitutto, l'articolo 36, comma II circoscrive l'applicabilità del riformatorio giudiziario solamente ai delitti di cui all'articolo 23, comma I, ossia ai delitti non colposi punibili con l'ergastolo o con la reclusione non inferiore nel massimo a nove anni, ed è eseguito nelle forme del collocamento in comunità ex articolo 22.

In altri termini, il giudice non dispone più l'inserimento del minore in una struttura carceraria o in un istituto di pena, ma ne ordina l'affidamento ad una comunità pubblica o autorizzata, impartendo altresì prescrizioni e/o attività utili alla sua educazione.

Per concludere, lo scopo di recupero del minore viene evidenziato anche nella sentenza 22830/2021, nella parte in cui i giudici hanno confermato la necessità di applicare la misura di sicurezza ai giovanissimi protagonisti della vicenda, "nella prospettiva di aiutarli a rielaborare criticamente la loro esperienza e ad affrontare con responsabilità e consapevolezza il percorso educativo appena intrapreso".

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*A cura dell'Avv. Camilla Insardà, Studio Legale Insardà

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