Lavoro

Legittima la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione dei sanitari non vaccinati

La vicenda trae origine dal rifiuto di due fisioterapisti che prestavano la propria attività lavorativa presso una residenza per anziani di effettuare la vaccinazione anti Covid-19, con la conseguente decisione datoriale di sospendere il rapporto lavorativo e il relativo onere retributivo sino all'avvenuta inoculazione del vaccino

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di Alberto De Luca e Alessandra Zilla *

Con ordinanza del 19 maggio 2021, resa all'esito di un giudizio cautelare, il Tribunale di Modena ha ritenuto legittima la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione di due operatori sanitari non vaccinati.

La vicenda trae origine dal rifiuto di due fisioterapisti che prestavano la propria attività lavorativa presso una residenza per anziani di effettuare la vaccinazione anti Covid-19, con la conseguente decisione datoriale di sospendere il rapporto lavorativo e il relativo onere retributivo sino all'avvenuta inoculazione del vaccino.

Il Giudice, adito dai dipendenti con ricorso cautelare ai sensi dell'art. 700 c.p.c., ha confermato la piena legittimità del provvedimento datoriale, motivando il proprio convincimento sulla base della normativa in tema di salute e sicurezza sul luogo di lavoro, nonché - sebbene norma sopravvenuta rispetto ai fatti di causa - con riferimento alle disposizioni di cui al recente decreto-legge n. 44/2021.

L'excursus logico-giuridico del Giudice prende le mosse dall'art. 20 del D.Lgs. 81/2008 (c.d. Testo Unico sulla Sicurezza) che, secondo l'interpretazione dallo stesso fornita, impone al prestatore di lavoro un obbligo giuridicamente rilevante di cura e sicurezza per la tutela dell'integrità psico-fisica propria e di tutti i soggetti terzi con cui entra in contatto nel luogo di lavoro, con la conseguente sanzionabilità giuridica di comportamenti difformi.

Opinare diversamente, escludendo dunque tale onere di collaborazione in capo al dipendente, depotenzierebbe – come precisato dal Giudice - l'obbligo di sicurezza che, ai sensi dell'art. 2087 c.c., incombe sul datore di lavoro. Ne consegue che, dall'analisi delle norme citate, il Legislatore abbia inteso concepire un sistema in cui il datore di lavoro e il prestatore siano soggetti attivi, tenuti a collaborare fattivamente alla realizzazione di un ambiente di lavoro salubre e sicuro.

Data tale premessa, si è poi reso necessario procedere nell'ambito del giudizio all'analisi dell'esigibilità o meno di un dovere di collaborazione in tema di sicurezza in capo al dipendente anche nell'ipotesi in cui la misura precauzionale da adottare sia costituita dalla sottoposizione al vaccino.

Sebbene all'epoca dei fatti non fosse stato ancora emanato il decreto-legge n. 44/2021 che, all'art. 4, ha introdotto per gli esercenti le professioni sanitarie un vero e proprio obbligo "a sottoporsi a vaccinazione gratuita per la prevenzione dell'infezione da SARS-Cov-2", il Giudice ha fondato il proprio convincimento sull'esame di tale provvedimento normativo, quale elemento esegetico utile ai fini della definizione della controversia.

La disposizione in esame – precisa il Tribunale – "evidenzia che la vaccinazione costituisce requisito essenziale per l'esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative" a contenuto sanitario, con la conseguenza che la mancata sottoposizione al trattamento comporta, nell'ambito della sinallagmaticità del rapporto contrattuale, "la sospensione del diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implichino contatti interpersonali e dal diritto a percepire la retribuzione".

Tale conseguenza non richiede neppure l'apertura di un procedimento disciplinare, in quanto tale sospensione ha una natura prettamente oggettiva. Preso atto dell'incollocabilità delle ricorrenti in altre mansioni non a contatto con l'utenza e dell'inesistenza di condizioni cliniche legittimanti il rifiuto della vaccinazione, il Giudice ha quindi accertato come il contegno omissivo delle stesse abbia inciso in maniera oggettiva, sopravvenuta e significativa sul sinallagma contrattuale, rendendo di fatto impossibile la fruizione della prestazione da parte del datore di lavoro.

Sulla scorta di quanto sopra, il provvedimento datoriale è stato ritenuto adeguato e proporzionato "nella misura in cui non elide istantaneamente e in via irrecuperabile il rapporto di lavoro, ma si limita temporaneamente a sospendere l'efficacia del rapporto". Nel quadro normativo attuale l'obbligo vaccinale risulta imposto per legge, sino al 31 dicembre 2021, solo con riferimento al personale sanitario, proprio in virtù del peculiare oggetto della prestazione lavorativa resa.

Resta pertanto tuttora aperto il tema della gestione di altri rapporti lavorativi, a carattere non sanitario ma con costante e necessario contatto con soggetti terzi, nell'ipotesi di rifiuto alla somministrazione della vaccinazione per Covid-19.

a cura degli avvocati Alberto De Luca e Alessandra Zilla , De Luca & Partners

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