Licenziabile il dipendente che non si sottopone a visita medica
E questo anche se il comportamento è dettato dal malumore del lavoratore per la nuova attività (a suo dire) demansionante
Il lavoratore che non intende sottoporsi a visita medica sul posto di lavoro è pienamente licenziabile. E questo anche se il comportamento del dipendente è dettato da un presunto demansionamento con la nuova attività assegnata.
Il cambiamento di mansioni
La Cassazione - con ordinanza n. 22094/22 - ha rilevato che la visita medica di idoneità, in ipotesi di cambio mansioni, è prescritta per legge e non dipende dalla volontà del datore di sottoporre a piacimento il dipendente a visita medica. Deve, quindi, valutarsi se il rifiuto della lavoratrice – perché rivolto a contrastare un illegittimo demansionamento atteso che le nuove mansioni erano state ritenute dalla lavoratrice non conformi alla qualifica rivestita e non compatibili con le condizioni di salute – fosse o meno legittimo.
L'illiceità del comportamento
La risposta propende per l'illiceità del comportamento in quanto a seguito del primo no della lavoratrice (in quanto il luogo per effettuare la visita non avrebbe rispettato i criteri di salubrità), il datore aveva fissato un'altra data (presso uno studio medico) per espletare i controlli funzionali allo svolgimento delle nuovi mansioni. Però anche a questo appuntamento la lavoratrice non si era presentata.
Quindi secondo gli Ermellini la reazione della lavoratrice non era assolutamente giustificabile ex articolo 1460 del Cc, perché da un lato il datore di lavoro si era limitato ad adeguare la propria condotta alle prescrizioni imposte dalla legge per la tutela delle condizioni fisiche dei dipendenti nell'espletamento delle mansioni loro assegnate, e dall'altro la dipendente avrebbe ben potuto impugnare un eventuale esito della visita, qualora non condiviso, ovvero l'asserito illegittimo demansionamento, innanzi agli organi competenti.
La ricorrente ha eccepito anche la mancanza di proporzionalità tra il comportamento tenuto e la sanzione irrogata, ma i Supremi giudici hanno ricordato che si trattava di una questione esclusivamente valutabile nel merito e non in fase di legittimità.