Lavoro

Licenziamenti collettivi: il datore deve spiegare perché la misura riguarda solo alcuni dipendenti

In caso contrario l'esonero si considera illegittimo

di Giampaolo Piagnerelli

Il datore, con il licenziamento collettivo, non può "punire" solo un gruppo di dipendenti appartenenti a un settore dell'impresa a meno che non ci siano precise ragioni che però deve comunicare. In caso contrario il licenziamento si considera illegittimo. Lo precisa la Cassazione con l'ordinanza n. 3437/23.
Venendo ai fatti già la Corte distrettuale aveva accertato l'illegittimità del licenziamento di una società leader nel settore della telefonia, in considerazione della immotivata e irragionevole limitazione della platea dei dipendenti a talune sedi aziendali, anche a fronte di un progetto di ristrutturazione che ricomprendeva tutto il complesso aziendale e in assenza di allegazioni e prova circa la infungibilità del lavoratore.
A tale principio espresso dalla Corte territoriale il datore ha presentato appello in Cassazione evidenziando come la determinazione dell'ambito del licenziamento collettivo dovrebbe, invece, essere rimessa unicamente alla scelta del datore di lavoro ispirata al criterio legale delle esigenze tecnico-produttive, in virtù del fondamentale principio di libertà di iniziativa economica dettato dall'articolo 41 della Costituzione.
I Supremi giudici - in linea con i magistrati di merito - hanno considerato i diversi motivi di appello del datore, dal primo al secondo, che concernono le esigenze tecnico-produttive dedotte dalla società a base del licenziamento collettivo e poi hanno proseguito, valutando i motivi attinenti al regime sanzionatorio. Alla fine di questa analisi dettagliata è stato puntualizzato come vada richiamato l'orientamento della Cassazione, che ha già affermato, come in tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale resta ferma la regola generale di cui al primo comma dell'articolo 5, della legge n. 223 del 1991, secondo cui "l'individuazione dei lavoratori da licenziare" deve avvenire avuto riguardo al "complesso aziendale" (si veda anche la sentenza della Cassazione n. 5373 del 2019).
La platea dei lavoratori interessati alla riduzione di personale può essere limitata agli addetti a un determinato reparto o settore o sede territoriale ove ricorrano oggettive esigenze tecnico-produttive, ma è necessario che queste siano coerenti con le indicazioni contenute nella comunicazione di cui all'articolo 4, terzo comma, della legge n. 223 del 1991 ed è onere del datore di lavoro provare il fatto che giustifichi il più ristretto ambito nel quale la scelta è stata effettuata. Invero, il datore di lavoro ben può circoscrivere a una unità produttiva la platea dei lavoratori da licenziare ma deve indicare nella comunicazione ex articolo 4, comma 3, della legge n. 223 del 1991, sia le ragioni che limitino i licenziamenti ai dipendenti dell'unità o settore in questione, sia le ragioni per cui non ritenga di ovviarvi con il trasferimento a unità produttive vicine, ciò al fine di consentire alle organizzazioni sindacali di verificare l'effettiva necessità dei programmati licenziamenti.
Qualora, come nel caso di specie, nella comunicazione si faccia generico riferimento alla situazione generale del complesso aziendale, senza alcuna specificazione delle unità produttive da sopprimere, i licenziamenti intimati sono illegittimi per violazione dell'obbligo di specifica indicazione delle oggettive esigenze aziendali.

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