Lavoro

Licenziamento ritorsivo

La Suprema Corte di Cassazione, con l'ordinanza n.21194 del 2.10.2020, si è pronunciata in tema di licenziamento ritorsivo affermando il principio in base al quale si può parlare di licenziamento ritorsivo, ex art 345 cc, solo nelle ipotesi in cui il motivo addotto a base del licenziamento è determinante ed esclusivo, e quindi, costituisce l'unica e sola fonte del recesso; necessita del preventivo accertamento della insussistenza della causale posta a fondamento del licenziamento.

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di Bonaventura Franchino *


La Suprema Corte di Cassazione, con l'ordinanza n.21194 del 2.10.2020, si è pronunciata in tema di licenziamento ritorsivo affermando il principio in base al quale si può parlare di licenziamento ritorsivo, ex art 345 cc, solo nelle ipotesi in cui il motivo addotto a base del licenziamento è determinante ed esclusivo, e quindi, costituisce l'unica e sola fonte del recesso; necessita del preventivo accertamento della insussistenza della causale posta a fondamento del licenziamento.

Il provvedimento, oggi in commento, prende le mosse dal giudizio ad oggetto impugnativa di licenziamento, formulata ai sensi e per gli effetti di cui alla L 92/2012.

Invero, il Tribunale di Milano, chiamato a giudicare in relazione ad un licenziamento, emetteva provvedimento di rigetto motivato sul presupposto che la domanda di accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro era ritenuta infondata.
Veniva interposto reclamo avverso il provvedimento di rigetto, ex art 1 comma 58 L92/2012, a seguito del quale la Corte territoriale, riconoscendo la intercorrenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato ed a tempo indeterminato, e del concomitante diritto del lavoratore ad ottenere un inquadramento superiore, dichiarava la nullità dell'intimato licenziamento, ordinando alla società datrice la reintegra nel posto di lavoro; condannava, altresì, la datrice al pagamento delle mensilità maturate dal di del licenziamento sino alla effettiva reintegra; il tutto oltre alla regolarizzazione contributiva ed al rimborso delle spese legali.

A sostegno del suo pronunciamento, la corte territoriale deduceva che nell'ambito del giudizio di primo grado si era evidenziata la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato di guisa da ritenere del tutto superfluo considerare la mancata applicazione della presunzione della subordinazione prevista per le ipotesi di collaborazione parasubordinata priva del progetto relativo.

Veniva assunta, altresì, la natura ritorsiva del licenziamento atteso che lo stesso interveniva a seguito della lettera con cui il lavoratore rivendicava i propri diritti, sia di natura retributiva che di carattere contributivo; difatti, a seguito di tale richiesta, la società datrice comunicava di non aver più bisogno della collaborazione professionale del lavoratore senza fornire prova che detta estromissione fosse conseguenza di esigenze economiche preesistenti alla lettera di recesso.

In conseguenza di tali considerazioni, veniva accertata la nullità del licenziamento e, di conseguenza, ritenendo applicabile il regime della tutela reintegratoria, condannava al pagamento delle retribuzioni non corrisposte.

Avverso la sentenza della corte territoriale veniva interposto ricorso per cassazione dalla società datrice , che lamentava la violazione e falsa applicazione dell'art 18 comma 1 legge 300/70, così come novellato dalla legge 92/2012, nonché degli artt 1324,1345,1418, comma 2 e art 2697 cc, dell'art 8 l 604/66 in relazione all' art 360 comma 1e3 cpc; tanto per avere la corte territoriale ritenuta fondata la natura ritorsiva del licenziamento senza svolgere alcuna attività istruttoria, nonostante la ricorrente avesse documentato l'esistenza di un motivo economico a giustifica della cessazione del rapporto di collaborazione.

La Corte di legittimità ha ritenuto inammissibile il ricorso in quanto la doglianza rappresentata non coglie della "ratio decidendi" della sentenza impugnata.

Nei fatti, ha precisato la Corte di legittimità, la corte territoriale si uniformata ai canoni e principi di legittimità in ossequio ai quali in tema di licenziamento ritorsivo, il motivo illecito addotto deve essere ex. Art 1345, cc, determinante ed esclusivo; deve cioè essere l'unica e sola fonte del recesso, per cui richiede il previo accertamento della insussistenza della causale posta a fondamento del recesso.

A riprova di tale assunto la Corte di legittimità precisava che la Corte territoriale aveva effettuato tale verifica evidenziando che la prova articolata dalla datrice era risultata generica e priva di precisi e specifici riferimenti temporali in relazione alla riduzione dei compiti svolti dal lavoratore; analogamente nessuna prova veniva fornita in relazione alla perdita del cliente ; analogamente risultava contraddittoria l'affermazione della datrice secondo cui l'attività del lavoratore sarebbe pressoché scomparsa anni prima del recesso, avvalorando con ciò la tesi che il rapporto era stato in vita sino alla richiesta di sua regolarizzazione -


*Bonaventura Franchino , avvocato cassazionista, membro del Comitato scientifico fondazione School University

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