Liquidazione onorari, procedura camerale anche per le attività stragiudiziali strumentali al processo
Per la Cassazione, sentenza n. 27305 depositata il 30 novembre, il valore della causa è determinato dalla domanda non dall'importo transatto
"La procedura camerale (prevista dagli artt. 29 e 30 della legge 13 giugno 1942, n. 794) per la liquidazione degli onorari e i diritti dell'avvocato, pur essendo dettata solo per le prestazioni giudiziali civili, va ammessa - con applicazione perciò, dei medesimi criteri di quantificazione -anche per le prestazioni stragiudiziali che siano risultate realizzate in funzione strumentale o complementare all'attività propriamente processuale". Lo ha ribadito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 27305 depositata il 30 novembre, accogliendo il ricorso di un legale.
I giudici hanno poi precisato che "a fronte di un valore dichiarato" nella domanda introduttiva di 110 mld di vecchie lire, la Corte di appello "non avrebbe potuto attribuire alla causa un diverso valore quale quello derivante dallo sviluppo del giudizio, e ciò anche in base alla prospettata transazione sopravvenuta".
La causa riguardava gli emolumenti chiesti da un legale a una Congregazione religiosa per l'assistenza prestata a seguito di una serie di espropri. La vicenda si era poi chiusa con una transazione con il comune di Roma.
In tema di liquidazione degli onorari professionali a favore dell'avvocato, la II Sezione civile ricorda che "l'art. 6 della Tariffa trova applicazione soltanto in riferimento alle cause per le quali si proceda alla determinazione presuntiva del valore in base a parametri legali, e non pure allorquando il valore della causa sia stato in concreto dichiarato, dovendosi utilizzare in tale situazione, il disposto dell'art. 10 c.p.c.". Pertanto, prosegue la decisione, ai fini della determinazione del compenso "per le prestazioni giudiziali rese fino alla formalizzazione della transazione stessa", la Corte laziale non poteva prendere in considerazione il valore dell'intervenuta transazione.
"Ai fini della liquidazione degli onorari professionali dovuti dal cliente in favore dell'avvocato - chiarisce infatti la Corte -, nel caso di transazione di una causa introdotta con domanda di valore determinato e, pertanto, non presunto in base ai criteri fissati dal codice di procedura civile, il valore della causa si determina avendo riguardo soltanto a quanto specificato nella domanda, considerata al momento iniziale della lite, restando irrilevante la somma realizzata dal cliente a seguito della transazione".
Tornando alla questione delle modalità di determinazione del compenso, invece, i giudici affermano che "pur essendo - in linea generale - i compensi legali richiesti con la procedura di cui agli artt. 28-30 della legge n. 794/1942 riconoscibili per le attività giudiziali, essi possono essere, tuttavia, invocati anche per le prestazioni giudiziali svolte in funzione strumentale o collaterale all'espletamento dell'assistenza e rappresentanza giudiziale". Ed è questo proprio il caso dedotto dall'avvocato ricorrente, "tanto è vero - prosegue la decisione - che, in virtù della sua attività, si era giunti anche ad una transazione extragiudiziale". Ha errato dunque la Corte d'Appello - conclude la Cassazione - a ritenere che all'avvocato "non spettava alcun compenso per l'accordo raggiunto siccome non era stato concretizzato mediante una conciliazione in sede giudiziale".