Giustizia

Liti tributarie verso giudici professionali

Il Governo studia la possibilità di introdurre magistrati tributari del merito professionali e assunti per concorso pubblico al posto degli attuali onorari

di Ivan Cimmarusti

La nuova fase della giustizia tributaria passa dai primi due gradi di giudizio di merito, ossia dal funzionamento delle Commissioni tributarie provinciali e regionali (Ctp e Ctr). A Palazzo Chigi si discute della modifica «strutturale» dello status del giudice: far venire meno il tanto criticato carattere “onorario”, per far posto a una magistratura “professionale” e assunta per concorso pubblico. Una rivoluzione del contenzioso fiscale che, tuttavia, non lascerà per strada i circa 2.840 giudici che oggi svolgono la funzione: per loro si valuta una riserva di posti all’interno del concorso.

Il giudice per concorso

La traccia l’ha imbastita la scorsa settimana la VI Commissione finanze, presieduta da Luigi Marattin, che con risoluzione ha impegnato il Governo a «prevedere» l’istituzione di un giudice tributario «a tempo pieno e nominato previo concorso pubblico». Una posizione che sta avendo un certo peso sull’esecutivo. Al punto che si fa largo l’intenzione di intervenire sulla caratteristica onoraria che contraddistingue la figura del giudice tributario, attualmente un ibrido, a metà tra un professionista che svolge la funzione part time e un pensionato che invece la svolge free time. Il tutto con una retribuzione netta di 11,50 euro per ogni sentenza varata.

La stessa Commissione interministeriale, delegata dal Mef e dalla Giustizia a formulare una concreta proposta di riforma, ha messo a punto un articolato su cui sono in corso valutazioni, compresa la compatibilità con l’articolo 102 della Costituzione che vieta l’istituzione di nuovi giudici speciali. La Commissione presieduta dal professor Giacinto della Cananea, ha precisato che sarebbe necessaria l’«istituzione di un ruolo di giudici tributari, reclutati, ai sensi dell’articolo 97, quarto comma, e 106, primo comma, della Costituzione, mediante concorso pubblico per esami, scritti e orali, riservato a laureati in giurisprudenza, ai quali sia assicurato uno status giuridico ed economico analogo a quello dei giudici ordinari, nell’ambito di un rapporto esclusivo a tempo pieno». Parallelamente si propone di prevedere «una riserva di posti nel concorso per esami (...) per i giudici tributari in servizio, laureati in materie giuridiche o economiche, che abbiano svolto per almeno sei anni funzione di giudice tributario presso le Commissioni tributarie».

Le sentenze degli onorari

All’attuale classe giudicante onoraria va riconosciuto il merito di aver sfoltito il peso degli arretrati, tanto che secondo dati del Mef dai 2,8 milioni di controversie pendenti nel 1996 si è scesi a 690mila unità nel 2010, divenute 345mila nel 2020. Ma come spesso accade, velocità non sempre è sinonimo di qualità. Lo ha detto il primo presidente della Cassazione Pietro Curzio, quando all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2021 ha raccontato di come il 46% delle sentenze delle Ctr finisca per essere regolarmente annullata, con aggravio di lavoro - dunque anche di tempi - per la sezione tributaria della Suprema corte. Senza contare tutte quelle sentenze del merito che - come rimarcato dalla stessa Cassazione nella decisione 3080 del 2021 - annullano gli accertamenti senza esaminare la pretesa tributaria ed eventualmente rideterminare l’ammontare dei tributi e delle sanzioni, in aperta violazione dell’articolo 35, comma 3 del Dlgs 546/1992, secondo cui «non sono ammesse sentenze non definitive». A ciò va aggiunta la posizione della Commissione di riforma, che nella relazione conclusiva dei lavori scrive: «il metodo di reclutamento non mediante concorso dei giudici attuali, la natura onoraria dell’incarico, la struttura e il ridotto ammontare dei compensi erogati, che ne mortifica la funzione e la professionalità, recano un inevitabile pregiudizio alla qualità delle pronunce».

Testimonianza e conciliazione

Il restyling della fase del merito dovrebbe riguardare anche altri aspetti. L’ipotesi di una mediazione da affidare a un organismo terzo va definitivamente in cantina: resta in gestione alla agenzia delle Entrate. Tra le ipotesi allo studio, però, ci sono il potenziamento dell’istituto della conciliazione e l’introduzione nel contenzioso fiscale della prova testimoniale in forma scritta.

Cassazione e veicolo normativo

Resta aperto il tema Cassazione, con l’ingombrante arretrato di 50mila fascicoli che rallentano il funzionamento della sezione tributaria. Definizione agevolata ed estinzione del processo erano state inserite già nella delega fiscale. Ma a quanto pare sono state sfilate all’ultimo minuto. A non convincere il Governo è, in particolare, la definizione agevolata: il rischio che sia vista come un condono è troppo alto. La partita, dunque, è ancora tutta aperta. Anche perché si deve ancora capire quale sia l’ottimale veicolo normativo per portare a casa la riforma della giustizia tributaria entro il 31 dicembre. Non è escluso che una parte delle misure - probabilmente quelle destinate a influire sull’arretrato della Cassazione - vada nella legge di bilancio, così da attuare a stretto giro i principi contenuti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Il resto, invece, potrebbe finire nel disegno di legge delega, annunciato con il deposito della nota di aggiornamento del documento di economia e finanza (Nadef).

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