Maltrattamenti al maestro che incute terrore anche se la violenza fisica non è abituale
Le condotte vessatorie non possono essere valutate in modo parcellizzato se il clima di umiliazioni è costante
La Cassazione boccia l'assoluzione del maestro aggressivo, umiliante e - a volte - violento, fondata su un giudizio di genere, cioè l'appartenenza di tali modalità alla figura del maschile. Ma soprattutto boccia la riqualificazione del reato da maltrattamenti in percosse, anche se continue.
Dice la Cassazione, con la sentenza n. 24462/2021, che la lettura di non abitualità, tipica della condotta di maltrattamento, era stata erroneamente fondata su dati quantitativi e non qualitativi, cioè solo sul numero limitato di episodi di violenza fisica captati tramite vidoregistrazione. La sentenza di merito aveva di fatto asserito l'inattendibilità dei testi di accusa a fronte di quelli a discarico seppure ha ammesso che le modalità del maestro con i bambini era accertato che fossero connotate da modi bruschi e e scortesi. Era stata data quindi rilevanza ai soli episodi di violenza fisica, e solo a quelli provati dalle telecamere nascoste, Così i giudici avevano degradato il reato di maltrattamenti in quello di percosse e dichiarato il non luogo a procedere per assenza di querela.
Riqualificazione probabilmente inadeguata se - tenendo conto di tutto il compendio probatorio - si accerta lo stato di umiliazione di bambini in tenera età. Inoltre, spiega la Cassazione, il reato di maltrattamenti non presuppone che ogni singola condotta di violenza morale o fisica costituisca di per sé reato. Ciò che rileva è l'effetto di vessazione sulla vittima, che viene posta - infine - in grave stato di soggezione di fronte alla figura maltrattante, che invece per ruolo o familiare o istituzionale è figura di affidamento per il soggetto debole.
Tale svalutazione fondandosi, secondo la decisione rescindente, sull'errato presupposto di un giudizio di merito "non globale", ma puntualizzato sui singoli episodi (20 minuti totali di gesti violenti afronte di 100 ore di videoregistrazione), non coglie nel segno perché pretermette dal suo esame tutte le azioni attribuite al maestro non ontologicamente violente o non costituenti reato, senza valutarle nella loro attitudine a umiliare chi ha un rapporto di vicinanza e soprattutto di affidamento con l'agente.
Come detto, non è richiesto dalla norma incriminatrice che i maltrattamenti siano frutto della somma di singoli reati. Le condotte sanzionate nella loro complessità dall'articolo 572 del Codice penale non è infatti necessario che costituiscano in sé reato.
La Cassazione afferma che non è irrilevante la definizione del maestro, fatta dalla stessa sentenza assolutoria, come brusco o burbero. Soprattutto se collegata al giudizio espresso dagli stessi giudici di merito, secondo cui schiaffi e altri gesti violenti registrati fossero chiaramente deprecabili. In fondo la sentenza ora annullata, non connettendo tutti i rilievi che esprime, ha mancato di accertare l'avveramento di quello stato di avvilimento negli alunni. E che i singoli fatti - nel loro insieme - ben possono aver determinato.
Va infine ricordato che i maltrattamenti si realizzano anche solo attraverso condotte prive di violenza fisica, ma solo morale. Ciò che realizza il reato è il raggiungimento dell'intento prevaricatore che - nel caso del maestro - non è scriminabile con un'affermata ingestibilità della classe di alunni.