Penale

Manifestare l'intenzione di far pagare i danni non è mai una minaccia

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di Patrizia Maciocchi

Manifestare l'intenzione di citare qualcuno per danni e dunque di rivolgersi al giudice civile non è mai una minaccia, neppure quando l'atto richiesto è illegale. Anzi a maggiore ragione quando la pressione è finalizzata ad ottenere un atto non dovuto l'annuncio di adire il giudice non è minaccioso e il destinatario non può non saperlo. La Corte di cassazione, con la sentenza 13156, accoglie il ricorso contro la condanna per il reato previsto dall'articolo 336 del Codice penale: violenza o minaccia nei confronti di un pubblico ufficiale o di un incaricato di pubblico servizio. Alla base del verdetto l'accusa di aver indotto un veterinario a rilasciare un certificato nel quale veniva attestata la corretta macellazione di alcuni animali, malgrado non fosse così.

Il professionista, secondo la corte d'appello, si era risolto a rilasciare il certificato dopo che l'imputato lo aveva “minacciato” più volte di fargli pagare i danni, se non avesse messo nero su bianco quanto richiesto. Per i giudici di seconda istanza aveva pesato la mala fede dell'imputato, consapevole di chiedere un atto illegale. La Suprema corte annulla la condanna, in parte proprio sulla base dello stesso presupposto. I giudici di legittimità ricordano che l'annuncio dell'intenzione di adire un tribunale non può mai costituire una minaccia. In generale e nello specifico, la frase non è tale da alterare la libera volontà della persona alla quale è rivolta. Anche quando è palesamente infondata, anzi, ancora di più – precisa la Cassazione - quando è tale e il destinatario ne è consapevole

Corte di cassazione – Sezione IV – Sentenza 28 aprile 2020 n.13156

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