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Moda - Sostenibilità e protezione della filiera italiana: le scommesse per il futuro

Sfruttare le opportunità dell’onshoring, investire in sostenibilità e qualità, proteggere le aziende da acquisizioni straniere speculative ed incentivare l’aggregazione: la protezione della filiera italiana passa dall’adozione di misure normative incentrate sulla sostenibilità

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di Daniela Della Rosa (*)

La moda sostenibile è diventata un imperativo globale, e l’Italia, con la sua ricca tradizione manifatturiera e la sua industria della moda di fama mondiale, è chiamata a guidare questa rivoluzione verso un futuro più sostenibile. Ma per farlo con successo, è fondamentale proteggere la filiera italiana e garantire che possa prosperare nel panorama economico in rapida evoluzione.

La filiera italiana, infatti, rappresenta una parte fondamentale dell’identità nazionale e, se adeguatamente protetta, può essere un elemento di distinzione chiave rispetto ad altri Paesi che hanno perso il loro know-how industriale.

Se da un lato va accelerato il processo di integrazione orizzontale tra le aziende, consentendo loro di consolidare risorse e competenze, di cui già esistono esempi di successo nel mercato, come il Gruppo Florence, dall’altro non si può assistere inermi di fronte ad un continuo depauperamento dei nostri distretti, che vanno protetti con adeguati strumenti normativi.

L’integrazione quindi, non dovrebbe essere solo aziendale, ma anche normativa. Ciò significa sviluppare strumenti legislativi adeguati per proteggere i distretti industriali e le reti produttive locali.

L’idea di utilizzare il “golden power”, strumento normativo previsto in alcuni ordinamenti giuridici che permette al Governo di un Paese sovrano di bloccare o apporre particolari condizioni a specifiche operazioni finanziarie, che ricadano nell’interesse nazionale in settori strategici, potrebbe non essere la soluzione più adatta.

Un approccio interessante potrebbe invece essere l’adozione di misure normative incentrate sulla sostenibilità.

L’Italia può rendere la sua produzione più competitiva sfruttando il fenomeno dell’onshoring , ovvero riportando la produzione all’interno dei confini nazionali.

Il nostro Paese potrebbe capitalizzare questa tendenza offrendo un’alternativa regolamentata, rispettosa dei diritti umani e dell’ambiente. Ad esempio, si potrebbe introdurre un obbligo di finanziamento per la produzione sostenibile, in linea con il Green Deal europeo. In questo modo, gli investitori stranieri che desiderino partecipare o integrare la filiera italiana dovrebbero impegnarsi automaticamente a sostenere obiettivi ambientali e sociali, garantendo che il settore si sviluppi in modo sostenibile.

Questo richiede una collaborazione tra il settore privato e il Governo per creare un ambiente favorevole agli investimenti nazionali e internazionali. L’industria della moda italiana in questo modo potrebbe diventare un faro di eccellenza in termini di sostenibilità e qualità, distinguendosi dai concorrenti asiatici che puntano principalmente sul volume.

Mentre la Cina protegge il suo mercato domestico, l’Europa, compresa l’Italia, dovrebbe concentrarsi sulla creazione di una vera e propria eccellenza nel settore moda, basata sulla sostenibilità e la qualità. L’obiettivo non dovrebbe essere la competizione di volume, ma il perseguimento di standard elevati e la promozione del “ Made in Italy ” come sinonimo di qualità, artigianalità e rispetto dell’ambiente. Questo richiede investimenti in ricerca e sviluppo, formazione specializzata e collaborazioni strategiche tra le aziende italiane.

Purtroppo, la filiera italiana è spesso vulnerabile alla pressione finanziaria esercitata da marchi e investitori stranieri che cercano di acquisire aziende indebolite finanziariamente a prezzi svilenti. Per contrastare questa tendenza, i fondi strutturali europei dovrebbero essere utilizzati per proteggere le aziende locali dalla pressione finanziaria esterna e garantire che possano prosperare in un ambiente di mercato equo. Utilizzare questi fondi per proteggere le imprese e le reti produttive locali contribuirebbe a preservare il know-how e l’occupazione locale ed aiuterebbe ad affrontare i rischi strutturali come guerre, pandemie e tensioni geopolitiche. Un’industria consolidata può meglio resistere a tali turbolenze e garantire la continuità della produzione e dell’occupazione.

In sintesi, proteggere la filiera italiana è una sfida complessa ma vitale per il futuro del Paese. L’Italia deve sfruttare le opportunità dell’onshoring, investire in sostenibilità e qualità, proteggere le aziende da acquisizioni straniere speculative ed incentivare l’aggregazione.

Solo attraverso una combinazione di azioni strategiche e normative possiamo preservare e rafforzare la nostra filiera industriale, garantendo autonomia produttiva e prosperità.

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(*) A cura dell’Avv. Daniela Della Rosa – Partner Studio Legale Internazionale Curtis, Mallet-Prevost, Colt & Mosle LLP

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