Comunitario e Internazionale

Mutui in valuta estera, se il consumatore si oppone il giudice non può sostituire la clausola abusiva

Al centro la disposizione "abusiva" del contratto sul diverso prezzo di conversione in fase di registrazione e di rimborso dei ratei

di Paola Rossi

La Corte Ue delinea il perimetro del potere del giudice di modificare o sostitutire il contenuto di una clausola abusiva del contratto, in caso di rifiuto del consumatore. E afferma che il giudice non può applicare una norma suppletiva o un'interpretazione utile al mantenimento in vita del contratto nel caso in cui il consumatore si opponga alla "sostituzione" della clausola abusiva, che di per sé rende nullo l'intero contratto.

Con la sentenza sulle cause riunite da C-80/21 a C-82/21 la Cgue ha affrontato il caso di mutui ipotecari conclusi in Polonia per l'acquisto di immobili ed espressi in franchi svizzeri invece che in zloty polacchi. E in particolare la clasuola dei contratti che prevedeva che tali mutui fossero registrati nella valuta estera e messi a disposizione dei consumatori in quella nazionale, applicando quale prezzo di conversione il tasso di cambio di acquisto del franco svizzero rispetto allo zloty polacco. Inoltre, la medesima clausola stabiliva che il prezzo di conversione applicabile al momento del rimborso delle rate mensili dei mutui, fosse invece quello corrispondente al tasso di cambio di vendita della moneta estera rispetto a quella nazionale.

Il rinvio pregiudiziale
Contro tale meccanismo - parte integrante dei contratti di mutuo - i consumatori polacchi si sono rivolti al giudice per l'accertamento della sua nullità in forza della direttiva sulle clausole abusive nei contratti conclusi da consumatori. Da cui il rinvio pregiudiziale alla Corte Ue per chiarire se sia applicabile dal giudice - e quindi legittima ai fini della direttiva - la norma nazionale che gli consente di sostituire la clausola abusiva che rende nullo l'intero contratto interpretando le volontà delle parti o applicando una disposizione nazionale "suppletiva", anche quando il consumatore non desideri mantenere valido il contratto.
La risposta della Corte di giustizia dell'Unione europea è negativa su entrambe le ipotesi e conclude aggiungendo che il dies a quo del termine di prescrizione del diritto del consumatore al rimborso non può che decorrere dal momento dell'avvenuta presa di coscienza della parte debole del contratto dell'abusività e quindi della nullità della clausola contrattuale che lo svantaggia.

In sintesi nel caso in cui la dichiarazione di abusività della clausola travolge come invalido l'intero contratto e il consumatore sia stato informato di tale conseguenza e vi abbia acconsentito non sembra che tale declaratoria del giudice comporti per il consumatore stesso "conseguenze particolarmente dannose" ai sensi della direttiva. Di fronte al rifiuto del consumatore, edotto delle conseguenze, non è quindi consentita un'interpretazione giudiziale del contratto che di fatto sostituisce le previsioni della clausola abusiva modificandone il contenuto.

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