Civile

Nessun rimborso delle spese legali per il giudizio di responsabilità dell'assessore

Lo la precisato la Sezione I della Cassazione con l' ordinanza 26895/2022

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di Mario Finocchiaro

Il diritto al rimborso delle spese legali relative a giudizi di responsabilità civile, penale o amministrativa a carico di dipendenti di amministrazioni statali o di enti locali, per fatti connessi all'espletamento del servizio o comunque all'assolvimento di obblighi istituzionali, conclusi con l'accertamento dell'esclusione della loro responsabilità, non compete all'assessore comunale, non essendo configurabile tra quest'ultimo e l'ente un rapporto di lavoro dipendente né potendo trovare applicazione la disciplina privatistica in tema di mandato. Lo la precisato la Sezione I della Cassazione con l' ordinanza 13 settembre 2022 n. 26895 .

I precedenti
Conforme, Cassazione, sentenza 25 settembre 2014 n. 20193, richiamata in motivazione nella pronunzia in rassegna.
Sempre nel senso che il diritto al rimborso delle spese legali relative a giudizi di responsabilità civile, penale o amministrativa a carico di dipendenti di amministrazioni statali per fatti connessi all'espletamento del servizio o comunque all'assolvimento di obblighi istituzionali, conclusi con l'accertamento dell'esclusione della loro responsabilità, spetta unicamente a coloro che sono legati da un rapporto di pubblico impiego con l'amministrazione, per cui, in difetto di diversa previsione, tale tutela non può essere estesa all'amministratore comunale, il quale opera nell'ambito dell'amministrazione pubblica ad altro titolo, Cassazione, sentenza 1° dicembre 2011 n. 25690.

Spese legali per fatti connessi allo svolgimento di funzioni pubbliche
Ancora in margine al problema del rimborso di spese legali sostenute a causa di fatti connessi allo svolgimento di pubbliche funzioni, ove la pretesa patrimoniale sia fondata sulla funzione onoraria - in altra occasione - si è osservato che la giurisdizione deve essere ripartita in base alle norme del diritto comune, attribuendo al giudice ordinario le liti sui diritti soggettivi e al giudice amministrativo quelle su interessi legittimi. Ne consegue che con riferimento a funzionari onorari del comune, ossia persone fisiche che prestano la propria opera per conto dell'ente pubblico non a titolo di lavoro subordinato, - nella specie assessore e vicesindaco -, in mancanza di specifica disposizione che regoli i rapporti patrimoniali con l'ente rappresentato, la pretesa di rimborso delle spese processuali, ammesso che esista una lacuna normativa, non può che assumere la consistenza del diritto soggettivo perfetto, da esercitare davanti al giudice ordinario, in base ad una disposizione di legge, l'articolo 1720 Cc, da applicare in via analogica ai sensi dell'articolo 12, secondo comma, disposizioni preliminari al codice civile, Cassazione, sez. un., sentenza 13 gennaio 2006 n. 478, in Finanza locale, 2006, p. 102, nonché in Riv. Corte dei Conti, 2006, II, p. 237.
Analogamente, per il rilievo che il rimborso delle spese legali sostenute da dipendenti di enti pubblici sottoposti al giudizio contabile della Corte dei conti e definitivamente prosciolti, previsto dall'articolo 3 decreto legge n. 543 del 1996, come convertito nella legge n. 639 del 1996, non può trovare applicazione, stante la diversità dei presupposti, per i soggetti legati all'ente pubblico da un rapporto di convenzione, Cassazione, sentenza 14 agosto 2008 n. 21676 resa con riguardo a medici specialisti in convenzione con l'Inail.

Il trattamento dei dipendenti pubblici
Con specifico riferimento a giudizi di responsabilità nei confronti di pubblici dipendenti, si è affermato, in molteplici occasioni, che in materia di pubblico impiego, il contributo, da parte della Pa, alle spese per la difesa del proprio dipendente, che sia imputato in un procedimento penale, presuppone l'esistenza di uno specifico interesse proprio dell'amministrazione, che sussiste ove l'attività sia imputabile alla Pa e, dunque, si ponga in diretta connessione con il fine pubblico, dovendosi ritenere che il diritto al rimborso costituisca espressione di un principio generale di difesa volto, da un lato, a tutelare l'interesse personale del dipendente coinvolto nel giudizio nonché l'immagine della Pa per cui lo stesso abbia agito, e, dall'altro, a riferire al titolare dell'interesse sostanziale le conseguenze dell'operato di chi agisce per suo conto, Cassazione, sentenze 5 febbraio 2016 n. 2366, che ha confermato la sentenza di appello, di diniego del rimborso delle spese legali in favore di un dipendente dell'Agenzia delle Entrate, accusato dei reati di truffa e falso materiale ed ideologico, ritenendo irrilevanti sia la carenza di procedimento disciplinare sia la mancata costituzione di parte civile del datore di lavoro nel processo penale, conclusosi con pronuncia di assoluzione e 6 agosto 2018 n. 20561, che ha escluso la sussistenza delle condizioni per il rimborso in relazione ad un procedimento penale per timbratura del cartellino marcatempo di altro dipendente, a nulla rilevando l'intervenuta assoluzione.
Per la precisazione che in tema di giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica, la norma di cui all'articolo 3, comma 2 bis, del decreto legge 23 ottobre 1996, n. 543, convertito, con modificazioni, nella legge 20 dicembre 1996, n. 639, la quale stabilisce che, in caso di definitivo proscioglimento ai sensi di quanto previsto dall'art. 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, come novellato dal predetto articolo 3, le spese legali sostenute dai soggetti sottoposti al giudizio di responsabilità dinanzi alla Corte dei conti sono rimborsate dall'amministrazione di appartenenza, non ha efficacia retroattiva e si applica, quindi, ai soli giudizi iniziati dopo la sua entrata in vigore, Cassazione, sentenza 4 luglio 2007 n. 15054.

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