Non è diffamazione affiggere manifesti in piazza contro rappresentanti pubblici locali
Denunciare una situazione di mala amministrazione criticando le modalità di gestione degli interessi pubblici da parte di alcuni rappresentanti locali attraverso l’affissione di manifesti nella piazza principale del comune non integra il reato di diffamazione. In tal caso, prevale il diritto di critica reso legittimo dalla funzione pubblica esercitata dai soggetti criticati e dall’interesse pubblico alla conoscenza della notizia. Questo è quanto emerge dalla sentenza della Corte d’appello di Roma 3180/2016.
Il caso - La curiosa vicenda trae origine dall’affissione nella bacheca della piazza centrale di un comune laziale di due manifesti con i quali un esponente politico locale accusava il Comandante dei vigili urbani e l’Amministrazione locale di connivenza. In particolare, l’accusa riguardava la costruzione di un immobile da parte della famiglia del Comandante in violazione della normativa urbanistica – con l’indicazione di dati catastali e planimetria del terreno – favorita dall’inerzia dell’Amministrazione locale e dai contatti esistenti tra il Comandante e diversi partiti politici presenti in Comune.
La persona che aveva affisso i manifesti veniva però processata per diffamazione, e condannata dal Tribunale, in quanto le espressioni utilizzate, anche mediante l’attribuzione di fatti determinati, erano offensive della reputazione dei soggetti interessati. Per il giudice di primo grado, in sostanza, si era andati ben oltre il diritto di critica. La questione passa così in grado d’appello dove l’imputato cerca di far valere le proprie ragioni sostenendo che il contenuto dei manifesti non sarebbe stato «denigratorio per le persone interessate ma costituirebbe una critica politica all’attività dell’amministrazione», anche considerando che l’affissione era avvenuta un uno spazio destinato alla comunicazione politica cittadina.
La decisione - La Corte d’appello ritiene fondato l’appello e assolve l’imputato poiché il fatto contestato è scriminato dall’esercizio legittimo del diritto di critica. Per i giudici, il fatto di aver denunciato una situazione intollerabile di cattiva amministrazione, ovvero «la consumazione di alcune irregolarità urbanistiche da parte di operatori della polizia municipale in favore di interessi privati», non appare esorbitare i limiti della continenza sostanziale e formale che limitano il diritto di critica. Nella specie, tale diritto è legittimato dalla funzione pubblica esercitata dai soggetti criticati e dall’interesse pubblico della notizia, mentre le espressioni utilizzate non appaiono offensive, ma si risolvono in una critica al modo di gestire l’attività edilizia locale.
Corte d'appello di Roma - Sezione I penale - Sentenza 10 maggio 2016 n. 3180