Immobili

Non serve il permesso per l'installazione di una pergotenda

Il Consiglio di Stato torna su pergotende e gazebo: i "manufatti leggeri" rientrano nell'edilizia libera

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di Marina Crisafi


Per l'installazione di una pergotenda, a determinate condizioni, non serve alcun permesso. Lo ha ribadito il Consiglio di Stato (con la sentenza n. 3393/2021) bocciando le tesi del Campidoglio e del Tar Lazio.

Il caso
La vicenda nasce dal ricorso promosso dalla proprietaria di un appartamento, contro l'ordinanza di demolizione ingiunta da Roma Capitale (oltre alla sanzione amministrativa di 15mila euro) per la rimozione di alcune pergotende realizzate in assenza di autorizzazione.
La donna impugnava il provvedimento lamentando che si trattava di manufatti "amovibili" con elemento principale la tenda, quale mero arredo pertinenziale, senza alcun impatto visivo, rientranti quindi tra le opere di edilizia libera.
Il Tar respingeva il ricorso ritenendo che le pergotende situate sui terrazzi dell'abitazione in questione, in quanto coperte e tamponate, nonché ancorate al fabbricato con strutture in ferro bloccate a terra, avrebbero creato nuovi ambienti di permanente utilizzo, con conseguente incremento di superficie e volumetria e modifica di sagoma e prospetto dell'immobile, peraltro vincolato, in quanto di particolare pregio storico-artistico.
La proprietaria si appellava al Consiglio di Stato e palazzo Spada le dà ragione.

La nozione di pergotenda
Il giudice amministrativo ribadisce innanzitutto la nozione di pergotenda, già recentemente precisata dallo stesso (nella sentenza n. 840/2021), in cui sono individuati "quali ‘nuove costruzioni' i manufatti leggeri, anche prefabbricati, purché siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, depositi o magazzini, purché siano dotati di una propria autonomia funzionale (secondo la circolare interpretativa dello stesso Comune n. 19137/2012), distinguendole dalla diversa fattispecie dei gazebo, dei pergolati e delle tettoie ‘leggere' non tamponate lateralmente su almeno tre lati come tali aventi carattere pertinenziale e meramente accessorio rispetto allo stabile, in quanto non mutano il preesistente utilizzo esterno dei luoghi al fine di valorizzarne la fruizione al servizio dello stabile, ponendo un riparo temporaneo dal sole, dalla pioggia, dal vento e dall'umidità che rende più gradevole per un maggior periodo di tempo la permanenza all'esterno, senza peraltro creare un ambiente in alcun modo assimilabile a quello interno, a causa della mancanza della necessaria stabilità, di una idonea coibentazione termica e di un adeguato isolamento dalla pioggia, dall'umidità e dai connessi fenomeni di condensazione".
La stessa circolare di Roma Capitale sopracitata stabilisce che rientrano nell'attività edilizia totalmente libera le strutture semplici, "quali gazebo, pergotende con telo retrattile, pergolati, se elementi di arredo annessi ad unità immobiliari e/o edilizie aventi esclusivamente destinazione abitativa".
E la sentenza del Consiglio richiamata ha ritenuto che "l'elenco posto a titolo esemplificativo dalla predetta circolare deve infatti ritenersi esteso anche ai manufatti tipo pergotende … e che la qualificabilità dell'intervento in termini di "pergotenda", ovvero un'opera precaria sia dal punto di vista costruttivo sia da un punto di vista strettamente funzionale esclude la necessità di titolo edilizio, a meno che non determini una evidente variazione di sagoma e prospetto dell'edificio" (cfr. Cds n. 4472/2019).

La decisione
Nel caso di specie, come risulta dalla perizia e dalle foto esibite, non vi sono state tamponature o alterazioni di sagome e prospetti, né è stato creato alcun nuovo ambiente stabile o incremento di superfici o di volume, anche considerato che l'unica struttura portante di una delle pergotende, individuata come ancorata stabilmente alla muratura perimetrale dell'unità abitativa, era stata espressamente dichiarata come preesistente.
Non essendovi dunque uno spazio chiuso stabilmente configurato, non si è conseguentemente realizzato un nuovo volume o superficie, e tanto meno una copertura o tamponatura di una costruzione, ovvero una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio.
Per cui, conclude il Consiglio di Stato, le opere in questione, non necessitavano di alcuna autorizzazione a costruire, con conseguente illegittimità dei provvedimenti impugnati.
Da qui l'accoglimento dell'appello e l'annullamento dell'ordine di demolizione.

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