Civile

Non va pagato il debito verso il Casinò se la struttura ha concesso prestiti al giocatore

di Mario Finocchiaro

In una fattispecie in cui deve trovare applicazione la legislazione francese se è vero che il cliente di un casinò la cui attività è autorizzata dalla legge e regolamentata dai pubblici poteri non può avvalersi del disposto dell'articolo 1965 del code civil per paralizzare l'azione di pagamento proposta nei suoi confronti dalla casa da gioco, tale affermazione di principio non si attaglia al caso in cui il debito in questione si riferisca a mutui concessi dal casinò per alimentare il gioco. Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza n. 21712/2015.

Pagamenti per debiti di gioco - Non diversamente dal nostro articolo 1933 del Cc (secondo cui non compete azione per il pagamento di un debito di giuoco o di scommessa, anche se si tratta di giuoco o di scommessa non proibiti) l'articolo 1965 del code civile enuncia il principio generale secondo cui per i debiti di gioco e di scommessa non è concessa azione in giudizio.
Al riguardo – come evidenziato nella pronunzia in rassegna – la Cour de Cassation del 4 marzo 1980 aveva affermato che quando il debito è contratto con un casinò, la cui tenuta è autorizzata dalla legge e regolamentata dai pubblici poteri, la domanda di pagamento dell'importo di assegni consegnati al casinò dal giocatore e rimasti insoluti per mancanza di provvista non può essere disattesa, per il fatto che il debito del traente è un debito di gioco.
Tale giurisprudenza – peraltro – è stata parzialmente disattesa dalla più recente giurisprudenza della Cassazione francese, che ha precisato che il principio dell'assenza di azione in giudizio opera anche nei confronti dei casinò, qualora se rapporte a des pretes consentis per le casino pour alimentar le jeu, ossia se la richiesta di pagamento si riferisca a prestiti concessi dal casinò per alimentare il gioco (Cour de Cassation 10 settembre 2914 n. 12-22001; 3 giugno 1998 n. 96-13047; 31 gennaio 1984 n. 82-15904).

I principi affermati in materia - Non diversamente alla più recente giurisprudenza d'Oltralpe, con riguardo all'articolo 1933 Cc, si è affermato, recentemente, in sede di legittimità, che la disciplina prevista dal codice civile è estendibile a fattispecie come le dazioni di denaro, di fiches, promesse di mutuo e riconoscimenti di debito, qualora le stesse risultino funzionalmente collegate all'attuazione del gioco o della scommessa (Cassazione, sentenza 2 aprile 2014, n. 7694, in Diritto & Giustizia, 2014, 3 aprile).

Analogamente si è affermato che a nulla rileva che l'assegno sia stato emesso a titolo di garanzia o di pagamento, se la causa dell'emissione è un debito di gioco; pertanto, il Casinò, che non ha potuto incassare l'assegno perché non coperto, non avrà alcuna azione in giudizio per far valere il suo credito, in quanto la fattispecie rientra nel comma 1 dell'articolo 1933 Cc secondo il quale non compete azione per il pagamento di un debito di giuoco o di scommessa, anche se si tratta di giuoco o di scommessa non proibiti (Cassazione, sentenza, 19 settembre 2008, n. 23868, in Diritto & Giustizia, 2008).

In altra occasione – peraltro – si è precisato che qualora una casa da giuoco ceda le fiches ai giocatori in cambio di assegni bancari, il relativo contratto non può ritenersi nullo, posto che tale operazione, correlata alla gestione della casa da giuoco, non integra una forma di finanziamento, né rientra tra le attività riservate alle banche o agli intermediari finanziari autorizzati (Cassazione, sentenza 1° ottobre 2012, n. 16670, in Foro it., 2012, I, c. 3324).

Analogamente, si è osservato, da un lato, che il mutuo successivo allo svolgimento del giuoco, concesso dal terzo estraneo al giocatore perdente affinché questi adempia il proprio debito nei confronti del vincitore, non è funzionalmente collegato al giuoco, sicché il mutuante può ripetere la somma consegnata al mutuatario quand'anche fosse consapevole che la somma stessa era stata perduta nel corso di un giuoco d'azzardo vietato (Cassazione, sentenza 31 agosto 2008, n. 2386), dall'altro che la sola consapevolezza, nel mutuante, che la somma data a mutuo sarà impiegata dal mutuatario per giocare o scommettere non è sufficiente a estendere la disciplina dei debiti di giuoco a un negozio tipico diverso; pertanto, spetta pur sempre al mutuante l'azione per la restituzione di quanto dato a mutuo, qualora non sussista un suo interesse diretto alla partecipazione al giuoco del mutuatario (Cassazione, sentenza, 2 settembre 2004, n. 27689) .

Nel senso, infine, che la sentenza straniera avente a oggetto la condanna per un debito attinente al gioco d'azzardo non produce effetti contrari all'ordine pubblico e, quindi, ai sensi degli artt. 64 e 67 legge n. 218 del 1995, può essere riconosciuta in Italia; ciò in quanto, in ambito nazionale e in ambito comunitario, non vi è un disfavore dell'ordinamento giuridico nei confronti del gioco d'azzardo in quanto tale, ove esso non sfugga al controllo degli organismi statuali e non si esponga, pertanto, alle infiltrazioni criminali (Cassazione, sentenze, 17 gennaio 2013, n. 1163, in Diritto & Giustizia, 2013, 18 gennaio, che ha riconosciuto la sussistenza dei presupposti per la delibazione di una sentenza della Corte suprema delle Bahamas, che aveva condannato un cittadino italiano al pagamento di una somma di denaro, per aver ottenuto, sottoscrivendo le relative ricognizioni di debito, un fido dalla direzione di un casinò locale, allo scopo di ottenere fiches da utilizzare per partecipare al gioco d'azzardo, ivi considerato legale e 27 settembre 2012, n. 16511, in Giust. civ. 2012, I, 2263).

Corte di cassazione - Sezione I civile - Sentenza 26 ottobre 2015 n. 21712

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