Giustizia

Nordio: anche dimissioni sulle intercettazioni

Alla Camera , ribadisce quanto affermato al Senato , imputando alla magistratura «un difetto di vigilanza»

di Giovanni Negri

Non fa marcia indietro il ministro della Giustizia Carlo Nordio sulla riforma delle intercettazioni. E, alla Camera , ribadisce quanto affermato al Senato , imputando alla magistratura «un difetto di vigilanza», ma «non è vero che ho accusato i pubblici ministeri di diffondere le intercettazioni». Tuttavia Nordio contro questa «diffusione arbitraria» sottolinea di essere pronto a battersi «fino alle dimissioni».

Parole cui replica l’Anm, per bocca del presidente Giuseppe Santalucia: «sulle intercettazioni il ministro parla dimenticando che nel 2017 è intervenuta una legge che ha riscritto la disciplina processuale delle intercettazioni al solo fine di evitare le divulgazione indebita in danno della riservatezza. Vorremo capire, prima di questi strali che il ministro lancia, se quella legge ha avuto effettiva attuazione, se ha dimostrato lacune o se ci sono carenze».

E allora a mettere alcuni punti fermi ci si è messo il Csm, con una delibera approvata poche settimane fa, dopo un monitoraggio che ha interessato 128 Procure su tutto il territorio per verificare lo stato di attuazione della riforma, entrata in vigore da poco più di due anni, a settembre 2020. A emergere è un generale rafforzamento della vigilanza dei pubblici ministeri sugli atti della polizia giudiziaria nei quali si riferisce dell’esito delle intercettazioni, accertandosi che contengano solo elementi rilevanti per le indagini; come pure, in molti casi, il pm si assicura che il responsabile dell’ufficio di polizia giudiziaria garantisca l’avvenuta di qualsiasi copia, bozza o minuta relativa alla trascrizione delle intercettazioni.

In realtà gli aspetti più critici evidenziati chiamano in causa il ministero e l’assenza di un’adeguata infrastruttura tecnologica: l’esigua capienza degli archivi digitali dove devono confluire le registrazioni per esservi conservate per anni e soprattutto l’impossibilità di collegamento diretto tra i server dei fornitori e l’archivio digitale. Si rende così necessaria la realizzazione di copie, con il contenuto di tutte le comunicazioni, antecedente all’individuazione del materiale rilevante. La conseguenza è che «aumenta il rischio - denuncia il Csm - della diffusione incontrollata di conversazioni e comunicazioni intercettate , in particolare di quelle di cui è vietata l’utilizzazione».

Nordio ha poi sottolineato che le intercettazioni sono troppe e costano troppo. Vediamo i numeri resi noti dallo stesso Ministero, dunque. «Nel 2020 - si legge nell’ultima Relazione sull’amministrazione della giustizia - continua la flessione dei bersagli sottoposti a intercettazione telefonica (-14,6% rispetto al 2019). Si riducono notevolmente anche i bersagli delle intercettazioni ambientali (-10,1% rispetto al 2019), mentre continua la crescita di quelli relativi ad altre tipologie di intercettazione, tra cui le informatiche e telematiche (+15,8% rispetto al 2019)». Va ricordato che nel 2013 il numero dei bersagli intercettati era di 141. 169, secondo le stesse statistiche della Giustizia.

Quanto ai costi, la medesima Relazione testimonia una calo da 158 milioni nel 2018 a 145 milioni nel 2020. Con riferimento ai distretti di Corte d’appello, per accertare quali sono le sedi giudiziarie dove più è utilizzato questo strumento di ricerca, sono Napoli, Roma e Palermo ( poi Catania e Milano) nell’ordine, gli uffici del pubblico ministero che nel 2020 hanno intercettato più bersagli.

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