Professione e Mercato

Novità nel mondo dell'arbitrato: la preminenza del principio pacta sunt servanda nel mercato dell'energia e gli oneri di diligenza del settore

Gli squilibri di volume o prezzo che abbiano interessato il sinallagma contrattuale non giustificano la risoluzione dei contratti di fornitura di gas naturale da parte degli operatori del mercato

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di Roberto Lipari*

Gli squilibri di volume o prezzo che abbiano interessato il sinallagma contrattuale non giustificano la risoluzione dei contratti di fornitura di gas naturale da parte degli operatori del mercato.

L'elevata professionalità e specializzazione dei players di settore richiede loro, infatti, di essere in grado di prevedere le fluttuazioni del mercato e, dunque, di tenere fede alle obbligazioni assunte anche quando ciò sia divenuto svantaggioso per ragioni di mercato.

Questa, in definitiva, la statuizione del tribunale arbitrale in un recente lodo ICC e messo in Svizzera, che ha fornito una risposta chiara in un settore - quello del commercio del gas naturale - ad oggi sempre più in cerca di certezze.

La controversia aveva ad oggetto un contratto quadro della European Federation of Energy Traders (EFET), sempre più diffuso tra gli operatori di settore, utilizzato dalle parti in causa - una società slovena e una italiana - per regolare un rapporto di fornitura di gas naturale.

Per effetto della pandemia e delle restrizioni imposte dal Governo italiano nel 2020, la società italiana aveva invocato la risoluzione contrattuale per forza maggiore, sul presupposto che i propri clienti finali avevano dichiarato di non poter più rispettare i loro accordi di approvvigionamento.

La procedura arbitrale si è incentrata, dunque, sull'effettiva possibilità per il rivenditore italiano di risolvere legittimamente il contratto sulla base della clausola rebus sic stantibus , a fronte delle restrizioni imposte dalla pandemia e delle loro conseguenze nel mercato. Tale clausola, come noto, consente alle parti contrattuali di risolvere un contratto qualora un fattore esterno, imprevedibile e sottratto al loro controllo abbia comportato un mutamento fondamentale delle circostanze sottostanti all'accordo originario.

In un panorama storico e giurisprudenziale, in cui le cause di forza maggiore sono ormai entrate nel gergo comune degli operatori per liberarsi di vincoli contrattuali alle volte scomodi, la pronuncia arbitrale in oggetto ha stabilito con particolare fermezza che eventuali variazioni di prezzo e di volume della fornitura non incidono sulla vincolatività ed efficacia degli accordi, salvo che non siano pienamente riscontrate una serie di condizioni.

Tra queste, in primo luogo, una sensibile variazione delle condizioni contrattuali; l'intervenuta impossibilità di far fronte agli impegni assunti a causa del mutato assetto contrattuale, tale da rendere insostenibile (melius, irragionevole) continuare ad eseguire il contratto; e, infine, l'oggettiva impossibilità di prevedere lo squilibrio contrattuale. Proprio questo ultimo fattore è stato determinante per dichiarare illegittima la risoluzione contrattuale operata dalla società italiana.

A parere del Tribunale arbitrale, infatti, la questione non riguardava tanto la possibilità per il rivenditore italiano di prevedere lo scoppio della pandemia, quanto, più correttamente, la capacità di un operatore di mercato di aspettarsi una variazione sensibile nella domanda downstream e nel prezzo in costanza di contratto.

La soluzione a tale nodo gordiano passa - ad avviso del Tribunale arbitrale - per il contesto di mercato in cui insiste il contratto. Il mercato del gas naturale, infatti, è storicamente segnato da costanti fluttuazioni di domanda e offerta. Gli operatori di settore sono dunque tenuti a pianificare efficienti strategie, quali ad esempio l'acquisto di spazio di stoccaggio, e ad assumersi i rischi legati alle variazioni di prezzo e volume.

L'elevato grado di specializzazione del settore energetico e le sue peculiarità impongono dunque ai relativi players un grado di diligenza particolarmente elevato, ovverosia una capacità di previsione dell'andamento del mercato e delle sue fluttuazioni.

Ed è in tale contesto che si cala l'assoluta eccezionalità dell'applicazione nel settore energetico del rimedio previsto dalla clausola rebus sic stantibus, il quale potrà essere invocato solo quale extrema ratio, in caso di intervenuto squilibrio nel sinallagma contrattuale.,

La pronuncia in esame interviene in un contesto in cui, anche a causa delle recenti crisi geopolitiche, gli operatori del settore dell'energia sono ormai costantemente esposti alle variazioni di prezzo e della domanda.

In questo senso, la pronuncia arbitrale – la prima in materia di contratti EFET e forza maggiore - ha il potenziale per divenire un saldo punto di riferimento per le future controversie in materia di fornitura di energia.

Gli addetti al settore e i suoi stakeholders dovranno tuttavia essere ben consapevoli del proprio ruolo e dell'elevato onere di diligenza che gli è imposto, tenendo a mente, da ultimo, che mai (o quasi mai) si potranno liberare dagli impegni assunti invocando le perdite subite, che gli stessi erano chiamati a prevedere.

*a cura di Roberto Lipari, partner di Dentons

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