Lavoro

Nuove prospettive sui poteri istruttori officiosi del Giudice del lavoro

Due recenti pronunciamenti dei giudici di legittimità hanno messo a fuoco i peculiari profili dell'istituto processuale, lasciando scorgere una nuova prospettiva di sviluppo

di Lorenzo Crocini*

Ai sensi dell'art. 421 comma 2 c.p.c., il Giudice del lavoro "Può altresì disporre d'ufficio in qualsiasi momento l'ammissione di ogni mezzo di prova, anche fuori dei limiti stabiliti dal codice civile, ad eccezione del giuramento decisorio, nonché la richiesta di informazioni e osservazioni, sia scritte che orali, alle associazioni sindacali indicate dalle parti."

Nel rito del lavoro, la particolare natura dei diritti controversi e l'effettiva rilevanza dello scopo del processo, teso massimamente, nel disegno del legislatore, alla produzione di una sentenza di merito, pongono una delicata questione in punto di bilanciamento tra principio dispositivo (artt. 112 e 115 comma 1 c.p.c.) e ricerca della verità materiale.

Da un lato, il risalente dovere del giudice di giudicare "non oltre i limiti" della domanda di parte e sulla scorta del materiale probatorio acquisito ad istanza di attore e convenuto (probata partium), dall'altro lato, la descrizione normativa di un potere-dovere suscettibile di operare in qualsiasi momento del processo, rispetto ad "ogni mezzo di prova" ed anche "fuori dai limiti stabiliti dal codice civile", senza tuttavia sconfinare nei poteri di indagine propri del giudice penale.

La giurisprudenza, di merito come di legittimità, non ha mancato di collocare l'istituto dei poteri giudiziali officiosi nel contesto più ampio dell'istruzione probatoria civile.

Si è quindi consolidato l'indirizzo secondo cui l' art. 421 c.p.c. non introdurrebbe alcuna limitazione all'onere probatorio gravante sulle parti, consentendo semplicemente al giudice il necessario approfondimento istruttorio relativo a fatti già dedotti e che non possono, comunque, essere ricercati d'ufficio.

In questa prospettiva, ove reputi insufficienti le prove già acquisite e le risultanze di causa offrano comunque significativi dati di indagine, il giudice potrà in via eccezionale ammettere anche d'ufficio le prove indispensabili alla dimostrazione o alla negazione dei fatti in contestazione, sempre che tali fatti siano stati puntualmente allegati o contestati e sussistano altri mezzi istruttori, ritualmente dedotti e già acquisiti, meritevoli di approfondimento ( Cass. sez. lavoro n. 7694/2018 ).

La Corte di Appello di Milano, con sentenza n. 585 del 06.04.2021 , ha ribadito che l'attivazione dei poteri d'ufficio ex art. 421 comma 2 c.p.c. non può mai essere volta a superare gli effetti derivanti da una tardiva richiesta istruttoria delle parti o a supplire una carenza probatoria totale, sottolineando come l'esercizio del potere – dovere possa ritenersi legittimo solo laddove sia accompagnato dalla presenza di fatti indiziari ritualmente acquisiti e suscettibili di integrazione.

E' stata quindi esclusa, in altro caso, la possibilità che un ordine di esibizione emesso ex art. 210 c.p.c in combinato disposto con l'art. 421 c.p.c. possa supplire al mancato assolvimento dell'onere della prova della parte istante ( Cassazione sez. Lavoro n. 16781/2011 ).

Due recenti pronunciamenti dei giudici di legittimità hanno messo a fuoco i peculiari profili dell'istituto processuale, lasciando scorgere una nuova prospettiva di sviluppo.

Appare di notevole rilievo il portato dell' ordinanza Cass. n. 19948 del 13.07.2021 , con la quale, ribadita la configurazione di questo potere istruttorio in termini di "potere-dovere", il Supremo Collegio ne ha posto in luce la natura "non discrezionale" che si esplica nel dovere di motivazione legato all'esercizio, così come al mancato esercizio, dello stesso potere.

Nel caso di specie, la Corte ha statuito che, nel rito del lavoro, il giudice, a fronte della richiesta di ammissione di prova, è sempre tenuto a motivare la mancata ammissione anche qualora la detta richiesta sia preclusa dall'ordinario decorso delle preclusioni istruttorie, dovendo dare conto, anche rispetto all'istanza tardiva, del mancato ricorso ai poteri di cui all' art. 421 c.p.c..

Con l'ordinanza Cass. n. 24024 del 06.09.2021 , la Corte si è pronunciata positivamente sull'acquisizione, da parte del C.t.u., di documenti non prodotti dalle parti, previa autorizzazione del giudice e ferma restando la necessità processuale di assegnare un termine per la formulazione di prova contraria alla parte che ne abbia fatto richiesta.

Il Giudice di legittimità sembra, in definitiva, sottolineare la pregnanza di questi penetranti "poteri speciali" che consentono un'attività istruttoria a tutto campo, anche oltre i limiti di ammissibilità e rilevanza previsti, ad esempio, dagli artt. 2721 ss. c.c. in tema di prova testimoniale o dall'art. 2729 c.c. in tema di presunzioni semplici, con l'unico vero limite costituito dalla tutela del contraddittorio (art. 101 c.p.c.).

La migliore dottrina, del resto, non ha mancato di evidenziare come l'equilibrato esercizio dei poteri del giudice del lavoro abbia una diretta implicazione costituzionale (art. 3 Cost. in tema di uguaglianza e art. 24 Cost. in tema di inviolabilità del diritto di difesa) e come occorra sempre, per conseguenza, consentire alle parti del processo di rilevare che i fatti da provare o le fonti della prova non emergono dalle allegazioni e deduzioni dell'altra parte.

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*A cura dell'Avv. Lorenzo Crocini, Partner 24 ORE Avvocati

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