Giustizia

Nuovo Csm e stop porte girevoli: sì della Camera, toghe in trincea

Cartabia: «È la migliore possibile, anche se perfettibile». Ora passaggio lampo al Senato per applicarla alle prossime elezioni. Il vicepresidente Ermini: «Passo importante». Ma si profila lo sciopero

di Giovanni Negri

È approdata ieri sera al voto finale della Camera (328 sì, 41 no e 25 astenuti) quella riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario che per la ministra della Giustizia Marta Cartabia, «è la riforma migliore possibile, anche se perfettibile». Il testo, che per il capogruppo Pd in commissione Giustizia Alfredo Bazoli «chiude un ciclo impegnativo e ambizioso di riforme», mentre per l’omologo di Forza Italia Pierantonio Zanettin «contiene risposte a nostre battaglie storiche», passa adesso al Senato, dove il Governo punta a un passaggio lampo per renderne possibile l’applicazione a luglio, con le elezioni per il rinnovo del Consiglio superiore.

L’intervento, punto centrale dell’«Agenda Mattarella» e più volte sollecitato dal Capo dello Stato come elemento importante di quel complesso recupero di credibilità cui la magistratura è chiamata dopo la fase delle polemiche e degli scandali, rischia ora di essere oggetto di una forte opposizione da parte della magistratura. Sabato prossimo infatti l’Anm ha convocato l’assemblea che dovrà decidere le forme di protesta da applicare nei giorni successivi, compreso lo sciopero.

Nel merito la riforma interviene su una serie di punti che vanno dalla legge elettorale ai criteri per individuare i vertici degli uffici giudiziari, dalla disciplina dell’ingresso in politica dei magistrati (e del relativo rientro) alla separazione delle funzioni, passando per fuori ruolo e criteri di valutazione di professionalità.

Ricordato che la riforma aumenta il numero dei consiglieri a 30, 20 togati e 10 laici, la legge elettorale, per la componente togata, si fonda su un sistema misto con una base maggioritaria e collegi binominali, ma con recupero proporzionale differente per giudici e pubblici ministeri. Per questi ultimi i collegi sono due ed eleggono due consiglieri ciascuno, il quinto sarà il migliore terzo. Per i giudici, 8 eletti nel maggioritario e 5 recuperi con il proporzionale. Le candidature saranno individuali, senza numero di firme per la presentazione e senza liste, ma con garanzia di almeno 6 candidati in ogni collegio e parità di genere.

L’assegnazione degli incarichi direttivi avverrà secondo l’ordine cronologico delle scoperture, per evitare le nomine “a pacchetto”, con le quali più facile è l’influenza delle correnti. Si individua un contenuto minimo di criteri di valutazione, per verificare tra l’altro anche le capacità organizzative. A parità di merito privilegiato il genere meno rappresentato. Incompatibilità poi tra sezione disciplinare e commissioni che decidono su incarichi direttivi e semidirettivi, trasferimenti di ufficio e valutazioni di professionalità.

Su uno dei temi toccati da referendum, quello della separazione delle funzioni, la riforma ammette un solo passaggio a fronte dei 4 attuali e dei 2 della proposta Bonafede, entro 10 anni dall’assegnazione della prima sede.

Istituito il divieto di esercitare in contemporanea funzioni giurisdizionali e ricoprire incarichi elettivi e governativi, come invece possibile oggi. Un divieto che vale sia per cariche elettive nazionali e locali sia per gli incarichi di governo nazionali/regionali e locali. I magistrati inoltre non saranno eleggibili nella Regione in cui è compreso in tutto o in parte l’ufficio giudiziario in cui hanno prestato servizio negli ultimi tre anni.

Quanto al rientro, la disciplina è articolata: si prevede innanzitutto che i magistrati che hanno ricoperto cariche elettive di qualunque tipo al termine del mandato non potranno più tornare a svolgere funzioni giurisdizionali; i magistrati candidati ma non eletti per tre anni non potranno tornare a lavorare nella Regione che comprende la circoscrizione elettorale in cui si sono candidati e neppure in quella in cui si trova il distretto dove lavoravano, in più non potranno assumere incarichi direttivi e svolgere le funzioni penali più delicate (pm e gip/gup); infine, i magistrati che hanno svolto incarichi apicali nelle pubbliche amministrazioni, dopo un mandato di almeno un anno, resteranno per ancora un anno fuori ruolo e poi rientreranno, ma per tre anni non potranno ricoprire incarichi direttivi.

Infine tra criteri di delega sui fuori ruolo è prevista bla loro riduzione dai 200 attuali, una diversa durata massima del periodo esterno alla giurisdizione che, di norma, non potrà essere superiore a 7 anni.

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